“Se noi salveremo solo i nostri corpi dai campi di prigionia, dovunque essi siano, sarà troppo poco. Non si tratta infatti di conservare questa vita a ogni costo, ma di come la si conserva”. Con un riflessione di Etty Hillesum per chiedere: in che modo la poesia (o più genericamente) la scrittura possono giovare alla “salvaguardia” delle nostre esistenze?

La poesia ha a che vedere con la contemplazione della nostra realtà quotidiana: appartiene a un tempo sospeso, in cui interrompiamo le attività ordinarie, perché spinti da una forza sconosciuta che irrompe all’improvviso, costringendoci a fermarci, per mettere insieme parole dotate di un significato nuovo: un significato fino a quel momento sconosciuto anche al poeta stesso.

Ed è proprio in virtù di questa scoperta di un senso più profondo, per lo più diverso se non contrario allo stile di vita dominante, che possiamo ritenere che la poesia sia a salvaguardia delle nostre esistenze. Occorre però che alla contemplazione a al gesto artistico, segua un’azione concreta: una volta che la poesia ci ha “socraticamente” indicato quale sia il bene per noi, dobbiamo iniziare a camminare con coraggio in quei sentieri nuovi che ha aperto.

Proprio a questo richiamano le parole di Etty Hillesum: esse sono un appello a un discernimento, che rischia di rimanere vano se non viene seguito da una esperienza di vita resa effettivamente nuova dalla parola poetica.

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