La voce a te donata, per cantare il “Mondo” senza cui non esiste Mondo.

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La voce a te donata non nasce su ispirazione dell’opera di Salinas da cui – per calco – è tratto il titolo, ma in essa si riflette. Dal “dovere” al “donare” una voce, non c’è grande spazio di manovra quando poetare è una necessità, ma nel centimetro di differenza è racchiuso il volto di un “Tu”. L’incontro come viaggio dalle fattezze solite e panorama ignoto, prepotente si riflette e conduce. Tu, maschera e specchio, ma soprattutto sguardo. L’Altro sguardo per sentirsi, per narrare ciò che di me tracci tu coi tuoi occhi. Tu, doppio e unità, presenza-assenza, a formare un noi di nuova identità soggettiva. Per cantare il “Mondo” senza cui non esiste Mondo, per cantare alla “Vita” senza cui non esiste Vita. Dire fondo oltre il dolore fondo, sporti al margine del tempo finzione dell’esistere. Per trovarti, al di là, più oltre di te.”
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“(…) questo scoprirsi della poesia come voce, è quanto compie la poesia di Paola Tricomi dalla sua prima raccolta del 2013 Il nome del nulla a questa nuova raccolta La voce a te donata. il filo conduttore della sua ricerca poetica non cambia con ciò natura: la poesia di Tricomi è e resta essenzialmente metafisica.” Barnaba Maj, prefazione
“È la lingua di un io viaggiante che «staziona in luoghi e tempi plurimi», forgiata per sfondare i secoli, apostrofare un «tu» di là dalla porta, intavolare un colloquio con i massimi silenzi («respiro dove dimori?»): così il canto dell’io che scala tutti i cieli per abitare tra le stelle fisse veste le forme del paraklausithyron o della serenata nei confronti di un innominato che non replica, o lo fa solo attra- verso le pieghe della storia individuale e universale. Siamo in pre- senza di una poesia che tende l’arco verso la vetta e, così ferma, in posa classica, si accontenta poi di fluttuare sulla pagina, perché «Accettare i confini è guerra più di conquista». e non si tratta qui solo di ribadire la manchevolezza dell’umano nei confronti di ciò che lo riempie; qui si predica la solitudine scontata e amata.” Gianluca Fùrnari, postfazione
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sei poesie da La voce a te donata di Paola Tricomi, Algra Editore

La presenza

Non la parola la presenza,
né la tua mano gelida e cara,
lo sfiorarsi,
il sentirsi nello sguardo dell’altro riflesso,
dentro una parola non detta e già compresa.

Sentirsi una pietra nel pozzo del petto,
sacro tessere d’anime,
dove il tonfo non fa rumore,
solo un dolore tiepido.
il nodo per cui un accenno di sguardo è preghiera
e sotto ogni tetto, oltre ogni palpito è cielo.
il nodo come le stelle che plasma:
chi può fuggire la forma, la casa?

L’assurdo
del ritrovarsi sempre
a custodirci
– chiudo gli occhi e sei qui –,
maledizione e dono in una faccia sola:
la presenza.
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Mancanze

Mi manca la ricchezza della povertà,
la proprietà del radicale nomadismo,
la perfezione del sofferente a tempo più sacrificato,
la conquista di chi si è solo dimenticato donando,
la cultura dell’analfabeta,
l’acutezza dello sciocco ignaro di sé e ride senza motivo,
la luce della tenebra più fitta.
riesce solo con rarità da miracolo riempirmi
della possanza della fragilità.
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Uno

Ho scovato il Cielo nel cuore più inatteso.
l’ho imbattuto, è piombato sopra me
quanto ogni rete era sciolta, soglia snodata.
Ho creduto al Mare per la bocca da cui meno avrei creduto
e mi ha toccata la parola un tempo mai sfiorata.
Ho riposto la mia supplica prima, essenziale
sullo scrigno per cui ebbi meno fede
e affidato la preghiera al petto su cui mai non mi posai.
Ho creduto, ho sentito Amore
anima di anima di anima, un magma di luce, uno.
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Lettera al mio cuore

Voglio imparare con te a collezionare varchi,
squarci, catenacci spezzati.
Credo di esserne certa:
non siamo qui per essere felici,
ma per lasciarci spalancare.
i lacci, i vincoli, i preziosi ricami,
le maglie salde e ben dorate
ci tengono, custodiscono, ritraggono
e sono le nostre catene.
la nostra staffetta da saltimbanchi:
quanto è inutile preservarci?
il tempo ci ha consumato e consuma,
la miccia è accesa dal primo giorno.
Forse è una cometa,
forse solo oltre il salto.
e tu lo sai, lo sai bene.
Me lo hai sempre sussurrato.
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Amico mio, spogliati

Amico mio, spogliati
e nudo vieni da me
perché solo il tuo cuore nudo sarà capace di accogliere
ciò che non so dire.
Non è più tempo di tergiversare,
non resta tempo per ritrovare ciò che siamo.
Non resta, amico mio, altro.
oltre questa attesa titubante,
oltre il miraggio temerario,
non resta qualcosa che non sia tempo
e sai, il tempo non esiste.
Spogliati, amico mio, ora e nudo corri.
Nessuna vergogna e nessuna paura sono radici:
ciò che sei è al fondo della tua nudità
ed è la superficie ardente,
la pianta dei piedi del tuo essere.
Amico mio corri a perdi fiato per la mia strada buia,
vienimi a scovare alla tana negletta, insidiosa
ricordami i tuoi occhi su cui riflettere
quel dolore nostro,
quel dolore antico
che noi ben sentivamo in un solo petto
e non sappiamo dire.
Ti prego, ridimi, di quel tuo riso strano
che a me pareva eletto,
fingi ancora la tua speranza solo per me.
Ti prego portami via in salvo.
Spogliati e corri, amico mio, verso di me.
Non resta tempo per ritrovare ciò che siamo.
Non resta, amico mio, altro.

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