Giovanni Comisso, ritratto a inchiostro di Sereno Carli, 1932.
Giovanni Comisso, ritratto a inchiostro di Sereno Carli, 1932.

Indro Montanelli, in un suo libro su Leo Longanesi, ebbe a definire “L’Italiano” la rivista più bella del panorama culturale tra le due guerre. Diretta appunto da Longanesi e attiva dal 1926 al 1942, già s’impone in effetti a una prima occhiata: caratteri rigorosamente Bodoni, fotografie frequenti di Henri Cartier-Bresson, immancabili schizzi di Giorgio Morandi, oltre ovviamente ai folli découpages del direttore stesso.

E i testi? Una critica frettolosa o pigra ha schedato “L’Italiano” sotto Strapaese, il movimento fondato da Maccari in polemica con Stracittà di Bontempelli. A ben guardare però, la schedatura può risultare valida al massimo per le prime annate, mentre poi è tutto un allargarsi di orizzonti: il poeta fisso diviene Ungaretti, debuttano e contribuiscono regolarmente scrittori come Moravia e Savinio, spuntano in prima traduzione mondiale astri nascenti come l’americano Hemingway e il sovietico Babel…

Bene, di questa nuova stagione de “L’Italiano”, che copre la prima metà degli anni Trenta, l’artefice secondo, dopo il direttore, fu il redattore Giovanni Comisso, il quale (fresco del Premio Bagutta vinto alla seconda edizione nel 1928), oltre a pubblicarvi a puntate due suoi nuovi romanzi, imbastì con lo pseudonimo di “Infinito” una rubrica di testimonianze popolari, spesso in forma di lettere, dal titolo I misteri d’Italia. Fuori da ogni populismo (e Alberto Asor Rosa ben fece a risparmiare Comisso nella sua fortunata filippica Scrittori e popolo di ormai mezzo secolo fa), quello che Comisso presenta ai lettori è un pullulare di situazioni geograficamente e sociologicamente circoscritte, espresse poi in altrettanti stupefacenti idiomi.

Qui sotto riportiamo il testo di uno di questi piccoli eroi, antesignano improbabile di Valentino Rossi, ma probabilissimo rappresentante  di un poco deamicisiano cuore veneto.  

Vorrei arrivare al mio scopo avendo una grande tatica e passione per le moto, in più sangue freddo, energia e essendo molto audace tanto per le salite vertiginose ed molto erte e pianure anche le più scabrose, in più sentirei entro di me che se un giorno non molto lontano avessi la possibilità di possedere una moto vorrei divenire e sarei più che siquro di riuscire un campione specialmente nelle salite più aspre, ed in velodromo e non perdendo le speranze su strada, poi se entro un anno poco più non avrò la fortuna di rompermi la testa mi inpongo di pilotare oppure di essere un pilota di qualche Alfa oppure qualche altra macchina a pari merito di qualche asso del giorno d’oggi, dei migliori. Non dico questo per avere la sodisfazione che un giorno o l’altro qualche signore si inponga di farmi correre, ed io provare, e dopo di avere provato solamente che una volta sia già stanco, non lo credete questo lettori, pensate che Sereno Carli[1] ha del fegato anche da vendere, ed in più potete domandare delle informazioni ed io sono siquro che da qualunque voi ne prendete sempre dalla gente che mi conosce le mie qualità di corridore sono ottimissime.

Da diciotto anni cominciai a pilotare una 175 DKW. – BMV – Ancora tutte moto che danno a noleggio, ma nemmeno una di queste mi ha sassiato se bene dovevo prenderle a noleggio e dovevo risparmiare per un mese tutti i denari che mi dava la mia buona mamma per sodisfarmi una giornata correndo strade mai conosciute, sfidando le auto più deboli specialmente la 509, la Fiat o tutte quelle che poco su e poco giù avevano la velocità della macchina che io pilotavo.

L’anno scorso ai 7 agosto andai prendere una moto a noleggio nella mia città di Vicenza, una Iunio e presi la strada che conduce a Verona, era nell’imbrunire quando mi trovavo nella strada a sinistra che conduce a Lonigo, la mia macchina era tutta slanciata, però mi trovavo sprovisto del faro, ad un tratto sentii che mancava la benzina ed io sbassai la testa sul motore per trovare la riserva al modo che mi bastasse fino al primo rifornimento, che sapevo poco lontano di lì doveva trovarsi, aperta la riserva mi portai con lo sguardo dinanzi nel medesimo tempo che mi conpariva a 50 metri poco più le sbarre di un passaggio a livello chiuse, io avendo del sangue freddo come dissi sopra, non per illudervi misi a folle immediatamente la moto e poi a 5-6 metri sferzai di più il freno di dietro al modo che feci sglitare la ruota e la moto in tal modo che feci il giro vice versa, trovandomi incolume io e nel medesimo tempo la mia fedele machina.

Ora ho venti anni e mi trovo ancora più forte e più audace ed ancora questo anno mi sentirei il corraggio di sfidare delle centinaia di corridori, ma pur troppo dovete intendermi che non possedo alqun mezzo lavorando da macellaio ed la paga essendo misera e non posso mai sperare su di me, mentre la machina veloce che intendo avere io costa molti quattrini.

Io domanderei a qualche signor lettore che sia buono e che prenda un po di simpatia del giovane, futuro asso che lo potesse a fare correre, in più avrà una sodisfassione sapendo che il giovane asso è bravo di correre e a merito suo e essendo lui medesimo il padrone dei grandi premi ed io contentandomi il puro vivere.

Lo credo che i signori lettori non siano tutti indiferenti in questo argomento, e che ci siano anche i sportivi per le moto ed auto, perché dovete credere che tutto è bello corse a cavallo, di bicicletta, calcio, pudistiche, canotaggio, ma ancora di più magnifico è i corridori d’auto, e di moto, la dove si vede il sangue freddo di un pilota, l’occhio fermo di un motociclista che si confondono nella velocità dei 200 e all’ora nel recor mondiale, pensate a quei piloti che per portare le grandi vittorie in Italia sono periti, ma non lo credete che siano periti per sempre nei nostri cuori perché vive sempre la loro imagine a fianco a noi e più ancora si ricordiamo dei loro audacità. Oggi lo spor è indispensabile su tutto e noi italiani dobbiamo farsi li campioni su tutti li spor e più ancora vorrei divenire io l’asso dei assi oppure un Varsi, un Campari, ecc… vi prego o lettori fate il possibile di aiutarmi ed io vi prometto, se non avete fiducia in me mandatemi chiamare e fatemi provare a vostri piaceri e vedrete la mia cariera se può si o no a riuscire ed allora vi farete convinti, ma convinti in un modo che poi mi ringraziarete e vi dispiacerà di non avermi incontrato prima.

 


[1] Nato a Thiene il 17 ottobre 1913, all’epoca abitava a Tormeno, frazione di Arcugnano, paesino confinante con Vicenza. Per le famose coincidenze della storia, a Tormeno si trovava anche Villa Margherita, la clinica psichiatrica ove Goffredo Parise avrebbe ambientato vent’anni esatti dopo il suo secondo romanzo, La grande vacanza.

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