#1Libroin5W.: Gisella Torrisi, Figlie della strada, L’Erudita.

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Chi?

Le protagoniste sono due donne. Eroine della loro stessa vita perché hanno saputo trasformare il dolore in forza. Diverse, imparagonabili ma in questa lotta sono uguali. Maja è siciliana, viene da un quartiere disagiato di Catania. La sua vita è inferno sin dalla nascita. È una di quelle neonate che affrontano le crisi d’astinenza dovute alla tossicodipendenza durante la gestazione. Terribile ma vero. Ho tratto ispirazione da un’adolescente che ho conosciuto a Librino durante un mio primo laboratorio di poesia. Non ero io a insegnare la poesia a lei ma era lei a regalarmi i suoi versi, la sua storia, la sua sofferenza. Combatteva con una malattia mentale che ho immaginato potesse diventare un dono. Il libro sicuramente non ha un lieto fine, perché rientra nella categoria dei thriller e dei noir, però Maja credo che, ovunque sia ora, stia bene e non si è mai arresa. Poi c’è Julie. La turista sparita dodici anni prima in Italia. Diventa un doppio ma questo lo scoprirete leggendolo. Ci sono i pescatori, ci sono i librai, le donne che lavorano alla tonnara, i bambini, gli artisti, i professori. Questi pochi abitanti in un piccolo borgo marino che tutti conosciamo. Marzamemi.

Cosa?

Il tema è quello del cambiamento. Delle gabbie mentali. Degli stereotipi. Di questa Sicilia mitica e quotidiana, fatta di gente semplice e nel contempo spietata e che non sa rassegnarsi e se lo fa, muore, soccombe ad un destino terribile che disossa come il coltello di Donna Assunta al mercato.

Dove?

Ho scelto di raccontare una storia che, sì, tenga il lettore col fiato sospeso ma che gli apra anche un nuovo modo di vedere i personaggi e dunque la gente che ci circonda. Il romanzo inizia proprio così, con questa prerogativa: “Si possono descrivere infinità di posti per raccontare il fascino e la magia di questo pianeta ma nessun luogo potrà mai eguagliare la potenza dei mondi interiori.” A differenza della poesia di John Donne che recita più o meno così “nessun uomo è un’isola, completo in se stesso”, Figlie della Strada vuole affermare che ognuno di noi può ricercare in sé la propria completezza che troverà solo per un breve istante, in equilibrio sulle onde.

Quando?

L’idea è nata quando anni addietro visitai Marzamemi in pieno inverno. Salivamo in macchina, con altri amici poeti, ed eravamo diretti in una tenuta di un artista svizzero (troverete anche lui nel libro, però con qualche anno di meno). Le campagne di Pachino non avevano limiti, una fitta boscaglia ci circondava oscurandoci il passaggio. Mi immaginai lì la tenuta della famiglia Ramazza, protagonista di questa vicenda. Quel giorno ricordo che era una giornata piovosa, la nebbia era fitta e gli alberi illuminati dai fari sembravano voler raccontare oscure vicende. Terribile e affascinante andava in contrasto col ricordo della ridente località marina in cui di solito si andava per divertirsi. Così, nacque il monologo di Maja, quella notte stessa, che lessi in seguito svariate volte in diverse occasioni, in differenti teatri o eventi. Il libro invece nacque solo in inseguito. Solo due anni fa iniziare a progettare i personaggi. Lavoravo sperimentando la costruzione dei personaggi tramite gli archetipi, per un master fatto con Avati e mi dilettai sulla costruzione di questi personaggi. Inizialmente il libro prendeva appunto il nome di un albero, appunto perché il mio ricordo era legato a questi alberi nelle tenebre. Calicanto, il titolo era questo. Poi prese altre forme e la sua strada. Come ogni romanzo dovrebbe fare. Prendere la sua strada e andare.

 

Dove?

In Sicilia. La mia amata terra. Con tutti i suoi contrasti, con la sua perduta bellezza, i suoi misteri, la sua antica storia. Dalla mia voglia di riscattarla e riscattarmi. Dalla lotta. Dal coraggio e dall’amore. La storia mette, non metaforicamente e se lo leggete lo scoprirete, radici in questa terra feconda e arida allo stesso tempo.

Perché?

Il perché del libro è un voler raccontare il mondo femminile e la psiche di coloro che sono considerati “diversi” o ancora “ultimi”, dando dignità alle battaglie personali. I successi sono anche altri e spesso non lo sappiamo. Quando combatti contro una malattia, quando combatti contro i traumi del passato, quando combatti contro le tue paure e vinci te stesso. O perdi e sei solo ma hai ancora la forza di chiedere aiuto, questi sono tutti successi. Il perché del titolo è strettamente legato ad una scelta. Un compromesso. Volevo rendermi trasparente. Dire le cose come stanno. È un libro diretto che in molti hanno amato e sono contenta perché ho scritto per abbracciare più persone possibili. Maja e Julie sono figlie della strada, la loro. Calicanto invece, che era il primo titolo e lo è stato per tutta la stesura, non andava bene perché non era abbastanza sincero. Sì, è un simbolo prezioso per il libro ma questa storia, in fondo, non gli appartiene. Appartiene a tutti gli onesti e anche ai bugiardi che negano la loro ombra, la fuggono come fa anche Julie. Non sveliamo altro. Vi auguro buona lettura. I libri online sono esauriti ma ho ancora delle copie. Leggetelo durante questo inverno, datemi la possibilità di entrare nella vostra vita vedrete che non ci lasceremo facilmente. Questo libro è dedicato a Sebastiano Patanè Ferro, lui non è riuscito a leggerlo purtroppo.

#1Libroin5W.: Gisella Torrisi, Figlie della strada, L’Erudita.

 

scelti per voi 

Julie si domanda se tutto questo non sia solo frutto della sua immaginazione. «E se fossi rimasta intrappolata in qualche mia dannata allucinazione?» si chiede mentre crede di stare impazzando. Il fiato corto non è dovuto ai chilometri che ha percorso ma al terrore di essere stanata, catturata, uccisa.

Quegli uomini continuarono a chiedere senza mai dare. A togliere in modo violento e inaspettato.

Il vento soffia il suo alito gelido di salsedine fra le viuzze di Marzamemi, scompiglia non solo gli abiti ma anche i volti dei pochi passanti. Si contano con le dita di una sola mano i bar che in questa stagione rimangano aperti tutta la notte. Al tramonto, l’orizzonte sembra ingoiare il sole. Maja corre lesta con la sua bicicletta, orgogliosa di quella terra che nonostante le fredde temperature, nonostante la sera, mantiene il riserbo del sole. Un sole bambino, invincibile ed equatoriale.

Cerca stabilità, pace e quando la riconosce negli altri n’è affascinata.

Maja ha un modo tutto suo per ripassare il copione prima di uno spettacolo. Lo tiene chiuso di fronte a sé mentre con una mano traccia delle righe come se leggesse parole invisibili. Stasera è la sua serata, la prima del suo spettacolo. Lei è la protagonista assoluta. Scritto, diretto e interpretato da Maja. Ha riadattato un’opera classica rendendola contemporanea. Tutti gli attori di teatro per scaramanzia, forse anche per gioco, non pronunciano mai il nome dell’opera più misteriosa di Shakespeare. Macbeth.

Un simbolo può ispirare, condizionare, programmare la mente umana.

Un adolescente compie lo stesso lavoro di un adulto ma con pochissimi rischi. Può continuare a frequentare la scuola se vuole ma solo se a scuola c’è la clientela che copre il giro dello spaccio. L’adolescente che invece non ama svegliarsi la mattina può vivere di notte e la notte per qualsiasi ragazzo di quindici anni è affascinante ma ancora più affascinante è il sapere di possedere soldi, rispetto e potere. L’adolescente corre come un adulto e sa anche guidare all’occasione e sparare e minacciare e spacciare.

La madre in silenzio si poneva tra lei e il marito e poi veniva punita con bruciature e tagli. Julie rimaneva a letto impaurita, ascoltava il rumore di quelle percosse. Thelma, quando le torture erano finite, le andava vicino felice cantandole una lode al signore e come tutte le sere le dava un bacio molto rumoroso e le diceva: I love you, Julie.

Julie Marie Khan è scomparsa da dodici anni. Nel 2005, appena diciannovenne, parte per l’Italia per non ritornare più.

La tenuta Ramazza è vuota. La porta è aperta ma di Julie non c’è traccia. Tutto è in ordine.

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