#1Libroin5W.: Lella Seminerio, “Rosso Ulivo”, Siké.

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CHI?
La protagonista del mio romanzo è Tinuzza Scibilia, una giovane sedicenne figlia di contadini, costretta dal padrone del podere dove la sua famiglia abita e lavora, ad andare a servizio presso la sua casa per accudire la moglie malata. Tinuzza è bella, bionda e con gli occhi azzurri come il cielo e prova un delicato sentimento nei confronti di Mimmo, un capraio ancora adolescente, accolto e cresciuto come un figlio dai genitori della giovane. Il racconto delle esperienze forti e drammatiche che la dolce Tinuzza farà a casa del padrone, don Calogero, rappresentano la spina dorsale del romanzo. Ma se Tinuzza è la protagonista, Mimmo è senz’altro il co-protagonista. Il giovane capraio, profondamente attratto dalla bella sedicenne, sente un forte debito di riconoscenza nei confronti della famiglia Scibilia, e metterà al loro servizio la sua onestà e il suo amore per Tinuzza per sostenerla nelle difficoltà. Nel raccontare la storia, avevo sempre immaginato di mettere Tinuzza sull’altare e incensarla, facendole ruotare attorno aneddoti e personaggi. Non avevo in realtà previsto che, nel prosieguo del racconto, il personaggio di Mimmo mi affascinasse in maniera così incisiva e profonda, tanto da farmi completamente innamorare di lui. E’ così che i protagonisti, inaspettatamente, alla fine sono divenuti due.

COSA?
Il tema principale affrontato dal romanzo è senz’altro la violenza sulle donne. È ciò di cui mi interessa parlare, è ciò che ha catalizzato e catalizza ancora la mia attenzione. Un tema scottante che ho voluto esplorare da un punto di vista diverso rispetto da come viene esaminato oggigiorno. Mi sono concentrata, infatti, non su ciò che, ahinoi, accade tristemente quasi quotidianamente e rimbalza agli onori della cronaca, ma sul passato, cercando, per quanto sia ancora possibile, di analizzare la radice del fenomeno, cercando di capire com’era prima, quando le donne venivano sottomesse ed erano costrette ad un’obbedienza silenziosa che mortificava anima e corpo. È così che attraverso una serie di interviste, cui lo spirito giornalistico mi ha innegabilmente guidato, ho potuto scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora, da cui sono venuti fuori una serie di aneddoti e di racconti che mi hanno letteralmente travolta, lasciandomi scossa e basita. Tengo a precisare, a tal proposito, che la storia raccontata in “Rosso Ulivo” è realmente accaduta.

QUANDO?
L’idea nasce proprio dal racconto, da parte di una testimone diretta della vicenda, della storia di Tinuzza. Io l’ho vista subito, questa ragazzina sedicenne, innamorata della vita e del suo Mimmo. E ho sentito la sua disperazione, ho percepito il suo dolore. Ed ecco che nasce irrefrenabile l’esigenza di non tenere per me ciò che mi è stato raccontato, di far conoscere quello che avevo scoperto e che mi aveva fortemente colpito e impressionato. Tinuzza ha preso quindi vita dalle mie parole, e questo, alla fine, mi ha dato pace. La storia delle donne che ci hanno preceduto è la storia di tutte noi. Penso che non sia possibile analizzare il fenomeno guardando solo ai nostri tempi. Lo trovo riduttivo. È ciò che era prima di noi, le nostre radici, il nostro passato, che possono aiutarci a comprendere la via che stiamo percorrendo, quello che ci accade e persino dove potremo mai andare. Il futuro che si apre davanti a noi è certamente figlio del presente, ma ancor più del passato. Solo scoprendo le nostre radici, forse, saremo in grado di attraversare questo nostro tempo con una diversa e più cosciente consapevolezza.

DOVE?
È una narrazione che è nata tra le montagne del nostro entroterra, e precisamente sui Nebrodi, dove il sole brilla più alto, dove le campane suonano più forte e dove le mani arano la terra con più fatica. Una storia che trae dai luoghi in cui è cresciuta, la linfa vitale per svilupparsi e fiorire. Una storia cruda, figlia di ulivi verdeggianti e di sangue vermiglio. Figlia di soprusi e violenze. Ma che, anche attraverso i luoghi incantati in cui si sviluppa, conduce addirittura all’amore. Un amore puro e incontaminato. Che nemmeno la prepotenza più vile e brutale riuscirà a sporcare.

PERCHÈ?
Perché le donne che mi sono state raccontate io le ho viste, mi hanno parlato, mi hanno pregato di riportare le loro storie, di far conoscere il loro dolore. Perché niente di ciò che ho saputo rimanga nell’oblio. Perché tutti conoscano, perché tutti sappiano, perché la mia coscienza mi ha imposto di parlare, di riferire, di far sapere. Perché non riesco a rimanere indifferente davanti alle ingiustizie. Perché una luce squarci secoli di silenzi. Perché nessuno copra o dimentichi un passato femminile tragico. E perché mi piacerebbe che il mio romanzo avesse anche un valore didattico per le nuove generazioni che non hanno vissuto quel tempo. E alla fine perché, noi donne di oggi, dobbiamo ciò che siamo anche alle donne che ci hanno preceduto.

brano stratto da “Rosso Ulivo” di Lella Seminerio, Siké Edizioni, 2019.

 

Il primo giorno

La ragazza sorrise, indossò lo scialle e salì sul carrozzino dove don Calogero l’attendeva. Un disagio palpabile la prese. E il cuore cominciò a battere con più decisione mentre sentiva in corpo un’agitazione strana, come un’ansia, un’apprensione. Pensò di prendere il discorso su quello ch’era successo la mattina, ma temeva che le sue parole potessero suscitare le ire del padrone del podere da cui la sua famiglia ricavava ogni mezzo di sostentamento.
Come fare? E…cosa dire? A lei che la lingua non mancava, sembrava invece che mancassero le parole. Decise di attendere, perciò, nuovi eventuali sviluppi.

Il sole moriva lentamente dietro le colline mentre i muli trainavano il carro a ritmo sostenuto. Una curva dopo l’altra e il paese fu alle spalle. Gli odori delle strade e delle cucine vaporose di brodi, di legumi e di castagne abbrustolite, si dissolsero tra i fumi dei comignoli, lasciando il posto all’essenza odorosa di erba umida, di bosco, di pini. Il silenzio della collina era sempre più intenso e tagliente. Le montagne avevano assunto un colore cupo e minaccioso e si stagliavano imponenti tra l’arancio pallido di un cielo sempre più cenerino. C’era freddo. Lo scialle di lana era pesante ma non era sufficiente a proteggere Tinuzza da quello strano disagio, simile a un brivido agghiacciante che le percorreva tutto il corpo. Il respiro era flebile, quasi impercettibile. Le mani stringevano le braccia: erano le ali piegate di un uccello impaurito.
Quando il carro si fermò Tinuzza saltò giù dal sedile con un balzo. Si voltò e, senza neanche salutare cominciò a scalare alla svelta la collina dove certamente qualcuno della sua famiglia l’attendeva.
“Tinuzza!” Tuonò un vocione alle sue spalle “u’ cestinu!” Si bloccò di colpo. Scese lentamente dal declivio che aveva cominciato a scalare e si avvicinò di nuovo al carro mentre l’ansia inspiegabilmente cresceva. Sporse il braccio per prendere il paniere che don Calogero reggeva.
“Che fai? Ti spaventi?” le mormorò irridente. La ragazza, arraffato alla meglio il cestino, riprese a correre su per la collina, mentre il cuore le voleva uscire dal petto per la paura. Nella corsa frenetica, prima che il buio avvolgesse ogni cosa, inciampò più volte sui sassi e storse diverse volte un piede.
“Tinuzza!” echeggiò una voce alle sue spalle. Non pensò di fermarsi nemmeno per un momento.
“Tinuzza!” il panico prese il sopravvento sui pensieri. Era sicura che don Calogero la seguisse e allora prese a correre con più velocità. Alcuni passi convulsi le diedero la certezza dei suoi sospetti e, nonostante la fatica, chiese alle sue gambe di non abbandonarla, si sforzò di non abbassare il ritmo della corsa, di non cedere…
“Tinuzza!” una mano strinse il suo braccio e frenò l’impeto della sua scalata.
“Ma che, non senti?”
Trafelata, alzò lo sguardo e, nonostante il buio avesse ormai avviluppato quasi completamente il bosco, vide gli occhi buoni di Mimmo, sentì l’odore fresco della sua pelle, riconobbe il contatto delicato della sua mano.
“Oh…Mimmo…” sollevata, abbandonò il cestino e si lasciò andare sul suo petto, avvolgendolo con le braccia alla vita. Respirò con forza il profumo giovane della sua pelle scura. Odorava di fresie e di ranuncoli, di pino e di genziana, di tenerezza e d’amore. Staccò dal suo petto il viso sudato e ansimante, si spinse sulle punte e cercò il contatto con le labbra carnose che sapevano di fragole, di more e di lamponi. Stupito, Mimmo l’avvolse a sé delicatamente e poi le chiese: “Ma che successe?” Tinuzza sorrise e con la mano gli accarezzò il viso.
“Niente…mi scantai dello scuro…e ora accompagnami a casa, va’!” e lo sollecitò prendendolo per mano.

Lella Seminerio, ph Brunella Bonaccorsi.

Lella Seminerio è nata e vive a Catania dove esercita la professione di docente a tempo indeterminato da oltre trent’anni.Si è sempre interessata di narrativa, teatro e poesia. Ha frequentato la scuola del Teatro Stabile di Catania e sin da piccola ha coltivato il sogno della scrittura. È iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti dal 2008 e collabora da oltre un decennio con diversi periodici a diffusione regionale, occupandosi di diverse rubriche. Con la sua penna arguta e vivace combatte con forza la violenza sulle donne. Appassionata da sempre di letteratura, svolge un lavoro diretto di ricerca delle tradizioni siciliane, orientando in particolare la sua attenzione sulla figura femminile. Il suo romanzo d’esordio, “La Casa del Mandorlo”, è stato candidato tra i dieci testi selezionati al prestigioso premio letterario “Brancati” di Zafferana Etnea 2014. Il libro è stato poi scelto tra i quattro finalisti, risultando anche il testo più votato dalla giuria popolare. Nel Marzo del 2014 è stata invitata dall’Associazione Acmid – donna onlus, presso la sala Mercede della Camera dei Deputati di Roma, in qualità di scrittrice, per la consegna di un premio al generale del SISMI Nicolò Pollari. Nel dicembre 2015 ha vinto la 2^ edizione del premio letterario “Tito Mascali” sezione “autori esordienti”, con la seguente motivazione: “Per aver dato una voce in più alle donne”.Il 3 giugno 2018 le è stato consegnato il Premio “Donna Siciliana 2018” con la seguente motivazione: “Per la sua arguta arte nello scrivere”. Il 1° febbraio 2019 vede la luce il suo nuovo romanzo dal titolo “Rosso Ulivo”, accolto con grande favore dal folto pubblico di lettori che seguono la scrittrice. Il romanzo, che è andato diverse volte in ristampa, ha suscitato notevole interesse nell’ambiente teatrale e cinematografico. Il book-trailer del libro è visibile sulla piattaforma Youtube. Il 26 Ottobre 2019 Lella Seminerio è stata invitata in qualità di scrittrice, a Radio Italia Anni 60, a Roma, per parlare dell’increscioso fenomeno della violenza sulle donne, argomento dei suoi romanzi. Il 2 febbraio 2020 le è stato consegnato il premio “Agata come noi: il coraggio delle donne”. Lella Seminerio ha partecipato in qualità di relatrice a diverse conferenze, seminari e salotti televisivi siciliani, per discutere del suo ultimo romanzo e della sua tematica portante: la ricerca delle radici dell’increscioso fenomeno della violenza sulle donne. 

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