Ida Vitale, “Pellegrino in ascolto”, Antologia 1945 -2015, (Bompiani Capoversi, 2020).

Ida Vitale è nata a Montevideo, in Uruguay, nel 1923. Ultima esponente del movimento Generación del 45, fondamentale esperienza delle lettere sudamericane e vera fucina di talenti (da Mario Benedetti a Idea Vilariño), è poetessa, traduttrice e saggista, autrice di una produzione poetica che copre cinquant’anni di intensa attività. Già vincitrice di numerosi premi, come l’Octavio Paz (2009), il Reina Sofía (2015) e il Premio Internacional de Poesía Federico García Lorca (2016), nel 2018 ha ottenuto il premio FIL de Literatura en Lenguas Romances, il più importante dell’America latina, e il Cervantes, il massimo riconoscimento delle letterature in lingua spagnola.

*

In una delle numerose interviste rilasciate, Ida Vitale ci rivela che la poesia era una forma d’arte che l’ambiente familiare colto e cosmopolita della sua famiglia – pur offrendole quotidianamente occasioni di formazione ed esperienze culturali di vario tipo – non frequentava. E dunque la poesia diventa nella giovanissima Ida una compensazione e, come afferma lei stessa, una disconformidad rispetto al mondo circostante, la necessità di colmare un vuoto. Dalle prime letture di Poe, che la attrassero per la loro assoluta esoticità rispetto al mondo presente, la poesia diventerà per Ida Vitale irrinunciabile forma per percepire il mondo e relazionarsi con esso in una dimensione profonda e nascosta, più soddisfacente. Quella dell’autrice uruguayana è una traiettoria di più di settant’anni di attività letteraria, che vede, accanto alla creazione poetica, certamente la più frequentata, anche prosa di creazione, letteratura infantile, critica letteraria e saggistica di vario tipo, nonché la traduzione di opere teatrali, saggi e poesie. Una lunga e totale dedizione alla scrittura alla quale qui non possiamo che alludere, nella prospettiva di lettori della poesia dell’autrice e dall’osservatorio privilegiato del traduttore. Prendendoci l’impegno di tornare a indagare con la acribia critica che merita questa autrice, ancora poco nota in Italia, ci preme chiarire che l’antologia che qui si propone deriva dall’operazione di recopilación compiuta dall’editore di Poesía reunida (1949-2015)1 raccogliendo quelle poesie che,nei libri pubblicati in diverse edizioni e nei diversi paesi di lingua ispanica, la stessa Vitale è andata raffinando o “potando” ogni volta che li rieditava nel lungo arco di sette decenni. In realtà Ida Vitale (ideale discepola, in questo, di Juan Ramón Jiménez, dal quale ha appreso la necessità di portare un testo poetico alla sua massima espressione, con un continuo labor limæ, spesso operando di sottrazione) è solita, nella pubblicazione di un nuovo libro di poesie, riproporre anche componimenti già presenti in precedenti raccolte (operazione particolarmente evidente nella raccolta Cada uno en su noche del 1960). […] Nelle quattro sezioni in cui è strutturata, la raccolta off re prospettive tematiche e campi semantici che si integrano a creare un tessuto avvincente. Il linguaggio si fa ancora più nudo, ma al tempo stesso più raffi nato grazie all’impulso di una maggiore esattezza dell’espressione e al gusto di nuove sperimentazioni formali. E, come osserva Melis, assistiamo qui a una sorta di essenziale drammatizzazione della scrittura. Possiamo dire che, coerentemente con tutto ciò, uno dei punti focali dell’opera è ravvisabile nella necessità di riflettere sul linguaggio, sull’ambivalenza delle parole poetiche che sono, di fatto, l’unico strumento del letterato, come ricorda, dopo la significativa citazione in esergo di Cintio Vitier, il testo d’esordio della prima sezione, Segni di letterato, dove la parola è raffi gurata nella sua mutevolezza e fragilità, come un essere che per un’inezia può perdere ogni potere sostanziale, o, viceversa, può cancellare l’essere umano per la sua “indicibile esattezza”. In virtù di una tale terribilità delle parole, Ida Vitale si colloca nella scia di un lungo questionamento, di una sostanziale indagine del verbum poetico che segna la più intensa poesia del Novecento e si apre alla poesia del Nulla, alle poetiche del Silenzio.

(da “LABILE ESATTEZZA: L’ITINERARIO POETICO DI IDA VITALE” di Pietro Taravacci)

 

 

sette poesie da “Pellegrino in ascolto”, Antologia 1945-2015, Ida Vitale, cura di Pietro Taravacci Bompiani Capoversi, 2020.

 

CANON

Ya todo ha sido dicho
y un resplandor de siglos
lo defi ende del eco.
¿Cómo cantar el confuso perfume de la noche,
el otoño que crece en mi costado,
la amistad, los ofi cios,
el día de hoy,
hermoso y muerto para siempre,
o los pájaros calmos de los atardeceres?
¿Cómo decir de amor,
su indomable regreso cotidiano,
si a tantos, tantas veces,
han helado papeles, madrugadas?
¿Cómo encerrarlo en una cifra
nueva, extrema y mía,
bajo un nombre hasta ahora inadvertido,
y único y necesario?
Tanto haría falta la inocencia total,
como en la rosa,
que viene con su olor, sus destellos,
sus dormidos rocíos repetidos,
del centro de jardines vueltos polvo
y de nuevo innumerablemente levantados.

CANONE

Tutto è già stato detto
e un fulgore di secoli
lo difende dall’eco.
Come cantare il vago profumo della notte,
l’autunno che cresce nel mio fianco,
l’amicizia, le opere,
il giorno d’oggi,
bello e morto per sempre,
o i passeri tranquilli dei tramonti?
Come dire di amore,
il suo ritorno indomito ogni giorno,
se a così tanti, e tante volte,
hanno gelato fogli, risvegli?
Come chiuderlo in una cifra
nuova, estrema e mia,
sotto un nome finora inavvertito,
e unico e necessario?
Tanto ci servirebbe la totale innocenza
come è nella rosa,
che viene col suo olezzo, i suoi bagliori,
le sue dormienti guazze ripetute,
dal centro dei giardini fatti polvere
e nuovamente in numero infinito sollevati.

*

CAMBIOS

Puede cambiar la vida
sus ramas, como un árbol
cambia las suyas desde
el verde hasta el otoño.

Puede, pilar oscuro,
suplicio oscuro, puede
recubrirse de frutos
como un mes de verano.

Ah puede también caer,
caer no sé hasta dónde,
como cae el poema,
o el amor en la noche

hasta no sé qué fondo
duro y ciego y terrible,
tocando el agua madre,
el manantial del miedo.

CAMBIAMENTI

Può cambiare la vita
i rami, come un albero
cambia i suoi dal
verde fino all’autunno.

Può, oscuro pilastro,
supplizio oscuro, può
ricoprirsi di frutti
come un mese d’estate.

Ah può anche cadere,
cader non so fin dove,
come cade il poema,
o nella notte amore

fino a non so che fondo
duro e cieco e terribile,
toccando l’acqua madre,
la fonte del timore.

*

TODO ES VÍSPERA

Todo es víspera.
Todo sueña un renuevo
y mueve el corazón a defenderse
de los derrumbaderos.
Cada uno en su noche
esperanzado pide
el despertar, el aire,
una luz seminaria,
algo donde no muera.
Algo inviolado, exacto, fehaciente,
para afrentar la sombra,
un puro manantial,
raíz de agua, algo
como esa jarra tuya, Isabel,
donde acaso
hay claridad humana,
amor con su poder resplandeciente,
más misterioso que la sombra misma.

TUTTO È VIGILIA

Tutto è vigilia.
Tutto sogna un rinnovo
e muove il cuore a tenersi lontani
dai precipizi.
Nella sua notte ognuno
speranzoso chiede
il risveglio, l’aria,
una luce semenza,
qualcosa in cui non muoia.
Qualcosa d’intatto, esatto, affidabile,
per affrontare l’ombra,
una pura sorgiva,
vena d’acqua, qualcosa
come quella caraffa tua, Isabel,
dove forse
c’è chiarità umana,
amore e il suo potere risplendente,
più misterioso della stessa ombra.

*

EL SILENCIO

Pido silencio
y es pedir la fruta
en la fl or de verano,
un estanque con peces
al abrirse la lluvia.
¿Esperar es siniestro?
Arderá una granada
de inesperado amor
y crecerá su paz,
no una marisma muerta,
no un aniego de hielo
o epitafi o volcado,
sino un regalo dulce,
beso de buenas noches,
resplandor de buen hijo,
lámpara cariñosa.

IL SILENZIO

Chiedo silenzio
ed è chieder la frutta
nel fiore dell’estate,
uno stagno con pesci
quando inizia la pioggia.
È sinistro sperare?
Arderà un melograno
di inaspettato amore
e avrà sempre più pace,
e non palude morta,
non asfissia di ghiaccio
o epitaffi o riverso,
ma un regalo dolce,
bacio di buona notte,
splendore di buon figlio,
lampada affettuosa.

*

MES DE MAYO

Escribo, escribo, escribo
y no conduzco a nada, a nadie;
las palabras se espantan de mí
como palomas, sordamente crepitan,
arraigan en su terrón oscuro,
se prevalecen con escrúpulo fi no
del innegable escándalo:
por sobre la imprecisa escrita sombra
me importa más amarte.

MESE DI MAGGIO

Io scrivo, scrivo, scrivo
e non arrivo a nulla, a nessuno;
le parole di me hanno paura
come colombe, crepitano sorde,
si radicano al loro grumo scuro,
prevalgono con scrupolo finissimo
sull’innegabile stupore:
ben più dell’imprecisa scritta ombra
m’importa più d’amarti.

*

A LA VELOCIDAD DEL MIEDO

A veces tiene el color
del atardecer en un parque,
la melancolía que acompaña siempre
a la belleza.
Espera a la distancia justa.
A veces parece estar muy próxima,
detrás de la ventana,
dispuesta a romper el vidrio
que me aísla.
Sé todavía medir la velocidad
de su paso,
la hora de sus distracciones.
Soy su menguante límite fijo.

ALLA VELOCITÀ DELLA PAURA

A volte possiede il colore
del tramonto in un parco,
la malinconia che sempre accompagna
la bellezza
Aspetta alla giusta distanza.
A volte sembra essere vicina,
lì dietro la finestra,
pronta a rompere il vetro
che mi apparta.
So ancora misurare la sveltezza
del suo passo,
so l’ora in cui si distrae.
Sono il suo limite fisso calante.

*

DESTINO

Te habrán ofrecido la mano,
condonado la deuda,
servido,
como si fuese posible elegir ya,
parálisis o sueños.
A esta hora los dioses carnívoros
habrán abandonado el bosque;
tramposos, te han abierto paso
para que bajes hacia el círculo,
para que te equivoques
y digas: para qué
para que viendo, ciegues,
y con todas las músicas a tu alcance
llenes de cera torpe,
triste, tus oídos.

DESTINO

Ti avranno off erto la mano,
rimesso il debito,
servito,
come se ancora si potesse scegliere,
paralisi o sogni.
A quest’ora i carnivori dèi
avranno abbandonato il bosco;
furfanti, ti hanno fatto strada
per farti scendere nel cerchio,
per farti sbagliare
e poi dire: perché
e perché poi vedendo, t’accechi,
e con tutte le musiche vicine
riempia di rozza cera,
triste, le tue orecchie.

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