Asteroidi D’inchiostro
“libri come corpi celesti persi nello spazio dell’indifferenza”
Chiudo Fede, Speranza e Carneficina il libro intervista su Nick Cave e all’improvviso capisco come l’arte (in tutte le sue forme) può rivelare da una tragedia una intuizione d’armonia nonostante tutto, quasi un principio di misticismo ai piedi di una croce. La debolezza dell’essere umano colpito da una mancanza d’amore improvvisa nei pensieri di Cave diventa qualcosa di trascendentale, trasgressione che pian piano accoglie in sé un atto di riconquista spirituale, un diavolo che si piega all’estasi del divino. Quel qualcosa di radicale che spesso il male ha in sé durante tutta un’esistenza fatta di alti e bassi d’improvviso offre un’opportunità di rinascita, una mano tesa verso il Dio del perdono. E in queste 396 pagine Cave si mostra come un sacerdote immobile di fronte al mio di perdono, la sua disperazione di fallibile accoglie la mia. Ascoltando le inquietudini di un uomo respirato dalla bellezza della creazione ho dato ossigeno alla mia solitudine, mi ha fatto marciare nell’invisibile per sentirmi una presenza prepotente nel mondo degli adulti: luogo dove la responsabilità è il movente per elevarsi dal delitto del superfluo, ha fatto sì che la propensione di un ateismo viscerale portasse fuori dalle mie convinzioni un’ abitudine erronea ovvero quella di non saper accostarmi alla preghiera per cacciare i demoni quando invece forse sono anni che lo faccio, anni che interagisco con il potere supremo del bene mettendo versi al riparo dal buio. Scansando via questa premessa che ha tutti i presupposti di una lettera più che della visione critica di un fan, inizio con ordine nel descrivere questo libro di Cave che sembra per alcuni aspetti un duello di dialoghi intimi tra l’intervistato e l’intervistatore, quasi il confronto di due amici ai quali viene posta una domanda di presenza, un inno alla vita attraverso un dubbio: perché continuare ad esserne affascinato nonostante il dolore e le cadute repentine nel vuoto? Il libro a parte essere una lunga intervista è suddiviso in capitoli funzionali per porre ordine nei pensieri di Cave, il quale attraverso una metamorfosi romanzata, quasi a sua insaputa, fornisce delle strategie di sopravvivenza, dei punti di scavo interiori efficaci per santificare l’ignoto. Capitolo dopo capitolo dunque analizzeremo o meglio ascolteremo il corpus spirituale di una rock star che è sempre stato a suo agio nel descriversi un uomo in lotta con i suoi demoni. L’intervista fatta da lunghe telefonate attraversa tutto il periodo della pandemia e subito Cave mette in risalto l’angoscia nell’aver abbandonato il suo tour, ma spiega anche di come di quel tempo morto se ne sia giovato con interminabili letture. In quel tempo “alterato” come lo descrive lui racconta di aver trovato una nuova libertà, un dono di riflessione dal quale ne è scaturito un nuovo stile di scrittura. Una narrazione interrotta ha lasciato spazio a un astrattismo poetico, il suo modo di raccontare preciso è stato sovrastato da una forma più traumatica e parte di questo cambiamento sembra dovuto dalla morte del figlio Arthur. Infatti il nuovo album Ghosteen è una sorta di luogo immaginario dove lo spirito del figlio possa ritrovare un rifugio di pace. Immagini di vita vissuta nei testi si mescolano a visioni oniriche per creare come dice lui un “regno impossibile”. Un regno che chi passa ore dibattendosi con i versi sa che nasce da una latitudine privata, da sterminate praterie sensoriali, da far confluire poi in una molteplicità di eventi esterni. Dunque Ghosteen, fantasmi che consolano la quotidianità di Cave arricchendola di visioni metaforiche, un linguaggio di tramite per interloquire ancora con il figlio scomparso e non soltanto, perché questo libro è anche una lunga narrazione di vite mancate, di addii improvvisi. Lui affascinato fin da bambino della vita di Cristo, lui che cantava nel coro della chiesa confessa un’attrazione misteriosa su tutto quello che è religione perché essa lo avvicina a un atto di fede fornendogli oltre quella verità razionale un’idea di verità poetica, credere in qualcosa di spirituale ha qualcosa di benefico al di là della vera esistenza di Dio. In questo modo Cave sprofonda nel divino, ne diventa radice ficcata bene nel magma del lutto ricavandone una visione: Dio e il lutto sono intrecciati. La sua musica almeno quella di questi ultimi anni sembra avere la capacità di comunicare con un altrove mai però totalmente distaccato dal mondo reale interiormente lacerato, e l’ago della bilancia pare essere la sofferenza, il carico degli eventi traumatici che se metabolizzati stimolano un nuovo suono, un impatto sonoro di convincente bellezza. Ma Cave è anche altro e in questo colloquio cartaceo ce lo dimostra ripercorrendo le varie tappe della sua genesi artistica, dal divino ritorna a ritroso nella tossicità, racconta di quando era un musicista anonimo, ci spinge a noi lettori piagati dagli eccessi di danzare tra il bene e il male, di dibatterci tra una vena creativa e una vena in cui far fluire le tenebre. Fede, speranza e carneficina su questi tre concetti Cave esplora i luoghi della propria anima con “Dubbio e meraviglia” come recita il titolo di uno dei capitoli del libro, in quella dualità cresce l’ossessione della trasformazione e la musica diventa l’input, così confessa che “la canzone d’amore è il suono di tutti i nostri sforzi di diventare simili a Dio, di sollevarci rispetto a ciò che è terrestre e mediocre”. Niente è più totalizzante della misericordia verso il genere umano. Il rapporto con gli amici musicisti il loro ateismo a confronto con questa sua sensibilità di credente aggiungono in questi colloqui riflessioni su come l’arte amplifica il rispetto per la bellezza, tutto è tangibile per lui se abbracciamo la speranza, con la terapia della fede è possibile trasformare i lutti in perdono. La carneficina allora non sarà più una tortura ma lo smembramento esistenziale di un uomo che ha dovuto sanguinare per vedersi risorto, di nuovo al centro della vita con un dna più robusto e fragile allo stesso tempo. In questo modo un nuovo rapporto d’amore affronterà il destino anche quello avverso. Cave ci racconta della scomparsa del padre della madre e poi del figlio con una maturità nuova di figlio e di padre scoperta grazie alla costante percezione di un mondo mai del tutto arreso alla sterilità. Adesso guarda alla natura, ai cambiamenti terrestri, per lui c’è genesi nell’accettazione degli errori, un’armonia sempre in crescita se il linguaggio recita l’uomo e lo sguardo musica l’interiorità con la luce. In questo svuotamento fluviale di idee, emozioni, c’è spazio anche per l’amore in particolare per la moglie Susie, insieme condividono una relazione anche creativa “un affare di famiglia” così descrive il loro rapporto: una costante e vicendevole impollinazione. Susie trae dal suo lavoro idee che influenzano i suoi bozzetti d’abiti e lui a sua volta trae dalle sue collezioni idee che influenzano il suo istinto artistico. Unione e collaborazione che sembra essersi sempre di più cementata dopo la morte del figlio, e proprio dovuta a quella perdita Cave racconta di come lei sia riuscita a trovare “una nuova vitale e ribelle energia” in lei continua “era come se tutto quello che faceva fosse un atto di insubordinazione nei confronti dell’apparente spietata indifferenza del mondo”. Un atto di insubordinazione, con questa parola che di per sé rompe gli schemi, Cave esprime quello che un artista non può permettersi, non può in lui sussistere una qualche forma di gerarchia, non esiste nessun tipo di dittatura quando il dolore viene mutato in bellezza. In ogni caso è sempre di arte che si dialoga in queste pagine, di come essa dilatata nel tempo rapisca il suo artefice logorandolo e salvandolo poi grazie a un percorso spirituale. Così può accadere che la sua musica si plasmi in scultura, trovi manualità nella creazione di statuette che raffigurano la vita di un uomo con le corna, la vita di un diavolo in verità che eredita il mondo, che cresce come un bambino innocente e che via via viene sedotto dal male fino ad uccidere il suo primo figlio, per poi morire per mano di due marinai. Alla fine il suo corpo verrà trovato da uno spirito bambino che gli si inginocchierà accanto e pretenderà la sua mano in segno di perdono. In quelle statue c’è la storia di una vita e in quella vita un bambino viene ucciso, anche in questo progetto involontariamente ricorre la figura del figlio Arthur. Le perdite sembrano per Cave sommarsi alle conquiste e alla pietà su se stesso per avere molte volte lasciato che il destino lo guidasse da marinaio inquieto verso una terra rivelatasi poi per fortuna di meraviglia. Nessuna entità è astratta se la si può rivelare al mondo con l’impeto creativo, ogni opera destinata al prossimo è il frutto di una cessione riflessiva, esistenziale, amorevole, disincantata dell’artista, prova a dirci. Scavare nei suoi drammi è un tunnel che cresce in chi lo ascolta, una specie di via di fuga dalla disperazione e dall’annientamento e lui conosce bene questi due stati. La sua poesia è un’arca in quel diluvio, una corsa mistica nel voler salvare tutte le specie in pericolo, un unico atto di fede al cospetto di una forza, per lui, al di sopra di noi che guida il viaggio di ogni essere umano. Io credo a una comunità di anime che purtroppo dormono assopite nei nostri corpi assuefatti dall’orrido e dalla violenza. E se tutto quello che è possessione, sadismo, appartiene al diavolo, la libertà forse appartiene agli angeli e a quello spazio in cui si muovono, mai del tutto maturi e mai del tutto fanciulli. Ma cosa importa forse viene da chiedermi, non essendo io così beatificato come una rock star, eppure in tutta questa invettiva caotica una verità viene a galla dalle sue parole che” ogni vita è precaria e alcuni di noi lo comprendono e altri no, ma certamente tutti lo comprenderemo prima o poi, e per via di ciò, sento verso le persone una forma di empatia che non ho mai sentito prima. È urgente e inedita ed essenziale, per la condizione in cui ci troviamo tutti- la condizione di una vita a rischio” e anch’io come lui sento che siamo in pericolo.
Gosteen
Questo mondo è splendido
appeso tra le sue stelle
lo porto nel cuore
le stelle sono i tuoi occhi
li ho amati da subito
un mondo davvero splendido
e lo porto nel cuore
un fantasmino mi danza sulla mano
lentamente volteggia, volteggia tutto intorno
un cerchio luminoso sulla mia mano
mentre danza danza danza tutto intorno
ecco che andiamo
ecco che se ne va l’uomo al chiaro di luna
ha una valigia in mano
sta procedendo lungo la strada
le cose hanno la tendenza ad andare in frantumi
a partire dal suo cuore
ti bacia con gentilezza e se ne va
lascia il tuo corpo dormiente
raggomitolato e sognante
intorno al tuo sorriso
il tuo sorriso
i tre orsi guardano la tv
ci mettono una vita ad invecchiare,
mamma orsa ha il telecomando
papà orso non fa nulla
e il piccolo orsetto se n’è andato
con la luna con una barca
su una barca
ora sto parlando di amore e di come le luci dell’amore si spengono
sei nello stanzino a lavare i suoi vestiti
l’amore è così, lo sai
è come la marea
e il passato con la sua feroce risacca
non ci abbandona mai
non ti abbandonerà mai
se potessi togliere di mezzo la notte, lo farei
e stravolgerei il mondo se potessi
non c’è niente di male nell’amare qualcosa
non puoi tenerlo in mano
sei seduto sul bordo del letto
a fumare e scuotere la testa
bé non c’è niente di male nell’amare
le cose che non possono durare.
Nick Cave