ph Francesco Francaviglia

rubrica, inediti d’autore

La parola poetica dialoga col silenzio, nel silenzio. Un dialogo che si germoglia verbo di luoghi interiori densi di immagini e risonanze necessarie alla comprensione del proprio io e del tutto intorno nonché alla creazione di nuovi significati s velati quale siepe comunicativa di una narrazione sostanziale che abbraccia ogni elemento del reale nutrito di memoria e percezione. È un affondo che si schiude nell’interfaccia con la pagina bianca. È come il pane appena sfornato poggiato sulla tavola. È buono e scotta. Un’immagine, questa, per esprimerla. Un’immagine quotidiana perché è nel quotidiano di ognuno che respira e che brucia e brucia perché profonda la verità sino al nudare della voce che si chiede nell’ascolto. Non si può mentire, la poesia rifugge dalla menzogna e si fa ricerca sempre di quel pezzo di pane appena sfornato e poggiato sulla tavola, sulla pagina bianca.

* tutti i testi riportati di seguito sono inediti ad eccezione del primo e del secondo, rispettivamente, nella raccolta antologica del concorso Chiaramonte Gulfi 2015 e 2016.
*
*

avvicinarsi indietro
e lucciole

corri giù infinito

               stupore

a compiersi donna
una voce pianissimo

                             l’

acqua d’ogni angolo
in fiore versa il buio

fertile     dal grembo

    la

premura dimenticata

smisurata
ci copre       profana

lungo i

muri delle ore coi
nostri nomi allungati

                          all’

ombra versata di una
pausa e frana il mare

dai vicoli scivolano

      le

lacrime del mandorlo
     sull’orlo

immobile   del vuoto

 

*

 

; sussurri ]

           è
          fiorito 
         il cielo
         da una carezza
                         nuda

          e
         le tue ciglia
         poco fa, 

                        qui :

*

*

la donna coi pantaloni
rossi odora di paste di
mandorla si è sciupata
il cuore ai lattarini una
domenica ferita di luce

*
*

*

spiegarti
un sorriso
leggero sulla
fronte

hanno
pudore
le primule
a mezzanotte

;

toccarsi
dietro le
spalle del
mercato

volevi
andare
a nuoto
nel silenzio

fai piano l’adesso
un assaggio piccino

il vino sulla mensola
il cordoncino dei capelli
camminando la nostalgia

una canzone che ti sappia
fino a dimenticare l’attesa

ho nascita
e i giochi
della nonna
solo un gesto

l’orecchino
di bambù
semplice
m’indossa

;

l’orologio
delle 5 si
culla vuoto
nelle labbra

coi cortili
verdi il buio
imperfetta
potatura
*
*

*

; a fili . ha un filo la paura quando non scende e grida la fronte austera del convento d’istinto la scarpa cede questa volta sospesa a domani la luce naufragata di schiena sulla porta spinta nell’indietro della bocca la ragazza d’ogni ora dietro il vetro affaticato sulla piazza del mercato e il tendone rosso a vuotare dagli scarti il sole coi pomodori troppo pieni per pudore d’appetito e il copione numero q . lasciato passare l’inchiostro nell’indietro della bocca la ragazza d’ogni ora coi gerani addormentati di lenzuola e i ricordi ‘72 e il rosario a piccole noci sulla punta delle ciglia affusolate alle voci di taverna azzurra melanconia dal mare hai partorito la fontana sui tavolini del pesce e un briciolo da arrostire ancora di fumo durante questo tempo a fili . ché : ha un filo la memoria spettinata sul davanzale dei piedi rosicchiati allo stupore del canto ambulante nell’indietro della bocca la ragazza d’ogni ora nasconde lo strappo della gonna inciampata sul paniere dei limoni o una scorza di campane all’angolo di una culla tra gomiti a sera rattoppati più in basso da quella tenerezza masticata in un attimo nell’incarto improvviso del grembo quasi di pioggia fa silenzio rosmarino l’odore capovolto a fili . dove : ha un filo l’onda lieve dello scialle mentre ascolta spaccarsi il fiato dalla lunga treccia in un piattino a righe di frutta martorana come succede d’isola arrossata dentro i muri delle case e uno sbadiglio d’aiuola nell’indietro della bocca la ragazza d’ogni ora sparecchia lo sguardo nel tegame di rame e una lacrima si fodera d’aria alle ginocchia dure delle balate fiorite a tratti da una pozzanghera e un certo gradino d’alga all’ombra della prima madre dimenticando la stagione antica di zibibbo nell’indietro della bocca la ragazza d’ogni ora pizzica l’ombelico della difesa di pezza e siede truccata d’infanzia la fatica conserta del seno davanti agli avanzi in processione di una lettera muta :

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