Giovanni Segantini, Costume grigionese 1887 per LETIZIA DIMARTINO
Giovanni Segantini, Costume grigionese (1887)

Viola sembra saltellare sulle sue gambe basse e tornite. Sorride spesso e si rabbuia in un attimo. Gli occhi dall’iride fiordaliso mettono allegria. Viola spazza e canta, stira e grida. Si innervosisce e litiga. Poi copre di baci la signora T. Si lava spesso i capelli biondissimi, mette gonne corte, creme profumate sul corpo piccolo e compatto. Cucina muovendo passi di danza, spalancando le vetrate. Parla al cellulare girando su se stessa, leccando gelati, guardandosi allo specchio: si ravvia le ciocche in fretta, tinge di blu le palpebre. È giovane. È sola. Fa la spesa al mattino, dopo aver messo magliette colorate e strette. Il macellaio le parla, scherzano insieme e immaginano di uscire un giorno. Uomini anziani la seguono fino al parco, si siedono e guardano le donne polacche che parlano in gruppi e fumano. Viola ha un fidanzato biondo dalla testa rotonda al suo paese. Lo pensa ma è troppo lontano. E pure geloso. Viola vuole vivere, vuole un amore italiano con cui uscire e andare al mare. Il mare è vicino anche se ora si fa inverno. Il mare è molto azzurro qui, ha onde brevi e con poca schiuma. Il sole di novembre abbronza. Prende un pullman ogni giovedì e passeggia da sola sul lungomare. La inseguono giovani in moto. Ha paura e ritorna a casa di fretta. Fa il bagno alla signora T. e pensa alle sue sorelle che vivono in campagna, alla nonna che caccia le galline. Aspetta che sia Natale presto.
La notte di vigilia solleva i capelli sul capo e indossa scarpe dal tacco altissimo. I suoi piedi dolgono e lei li avvolge nel cotone. La signora T. attende i parenti. La tavola è pronta. Viola telefona a casa, parla nella sua lingua con voce felice. Ogni tanto si ferma e sorride nel vuoto.
Omar ha occhi indii, un sorriso ampio. Una giacca stretta, la sua prima giacca da adulto. Studia ancora. Vede Viola il suo bagliore giallo, l’azzurro degli occhi ampi e distanti. Viola vede i suoi denti bianchissimi, il fisico magro e ossuto. Gli offre un piatto colmo e uno sguardo lungo. Omar capisce. È giovanissimo. Lei più grande, ma che importa? Si ameranno.
Viola confessa alla signora T. un amore che nasce. La vecchia signora la ascolta, acconsente a che loro due si possano vedere a casa sua, sotto sorveglianza. Omar sta facendo qualcosa di più grande, Omar può soffrire troppo presto. Viola lo bacia sul pianerottolo, si siedono sugli scalini, stringono i loro corpi in abbracci forti. Viola ha come un bambino sul suo corpo. Lo scosta. Gli occhi indii di lui si fessurano. La risata diventa leggera.
Il suo fidanzato è lontano ma la domenica la chiama le parla adirato. Viola dopo va al mare con Omar, gli regala una rosa di stoffa. Omar ha un amore straniero come lui. Sanno che finirà tutto e presto. Viola deve tornare a casa, deve sposare il giovane dalla testa tonda e bionda. Hanno pomeriggi nascosti, passeggiate solitarie. Guardano a lungo le loro mani, le baciano lievemente.
Viola piange la sera sul divano e non canta più. La signora T. le sta vicina. Omar è un parente, Omar non può amare per sempre. Deve studiare, deve viaggiare. Viola ascolta e attorciglia i capelli sul dito, si accarezza i piedi piccoli e morbidi, lacca le unghie di rosso e indossa calzettoni colorati. Si avviluppa in un maglione vecchio. Beve un caffè lungo nel suo mug da bambina. Fuori è un inverno incostante. Fuori è presto notte. Telefona ad Omar e gli parla sottovoce. La sua vita è ristretta, è un nocciolo bruno. Il fidanzato la vuole a casa, le ricorda la vita in Polonia, le domeniche mattina a messa, un lavoro più degno.
Omar le solleva il mento, le bacia le palpebre. L’accompagna alla fermata dei pullman. Senza promesse. Senza un addio. Viola ha due grandi borsoni pieni pieni. Ha una scatola di cioccolatini e una foto di lei ed Omar al mare, incorniciati, sotto l’ascella. Omar la saluta con la mano che dondola, col sorriso forzato di chi soffre anzi tempo. Viola scompare. Sul selciato restano le carte unte, il vento le solleva. Omar torna a casa.

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