Carmelo Pistillo, Poesia da camera (Kammerpoesie).

Carmelo Pistillo, ben noto nel panorama letterario nazionale sin dagli anni della collaborazione con il compianto Antonio Porta, è autore di libri di poesia, di narrativa, di opere teatrali. Di recente è uscito un nuovo libro di versi, Poesia da camera (Kammerpoesie) presso le Edizioni Stampa2009 nella ”Collana” diretta da Maurizio Cucchi. Titolo veramente suggestivo, che ha suggerito al poeta Fabrizio Bernini una sua originale interpretazione, con riferimento ai singoli testi poetici intesi come “camere, cioè luoghi nei quali poter dar voce alle vicende del proprio racconto esistenziale”. Ciò non toglie che questo titolo fortemente allusivo possa essere ricondotto all’originaria matrice lessicale del “Kammerspiel” e della “Kammermusik”, cioè alla suggestione della “musica da camera” per varie, intime ragioni del poeta, tra le quali quella della “voce” come strumento essenziale espressivo di musica e parola in uno spazio, quale quello testuale, poeticamente limitato per una scrittura lirico/drammatica, rispetto alla estensione epico/lirica in cifra narrativa. Insomma, è come se il poeta avesse concepito in questo libro il fare poesia come comporre musica cameristica, in tutte le sue tradizionali caratteristiche, tra le quali, oltre al numero ristretto di strumenti musicali, è da tener presente come nella loro articolazione i tempi siano interconnessi da un ordine logico di movimenti e da una certa affinità tonale che, pur nella diversità di timbri, riescono ad amalgamarsi in un intimo turbinio armonico, il quale costituisce la vera essenza della forma strumentale cameristica fino ai nostri giorni.

Questa medesima impressione mi ha suscitato la lettura del libro di Carmelo Pistillo, sul piano stilistico/espressivo, così controllato, calibrato, percorso da un’intima armonia, in spontanea alternanza fra tonale e atonale. Se si dovesse parlare di Pistillo come musicista si potrebbe benissimo dire che non ha composto una sinfonia, o un poema sinfonico per una grande orchestra, ma semplicemente ha scritto una “composizione” cameristica per un quartetto, un quintetto, o comunque per una piccola orchestra da camera. Del resto, quanto personalmente considerato sembrerebbe trovare conferma nelle ultime due sezioni del libro, La sonata e Quartetto sulla Bellezza, dedicate ai rispettivi temi musicali, oltre al fatto che lo stesso Cucchi evidenzia nella sua introduzione movimenti di natura musicale presenti nella articolazione compositiva.

    Sono proprio questi due componimenti a darci lo spunto tematico per entrare nel vivo del “discorso” poetico del libro, in quanto evocativi di due figure/personaggi femminili centrali nello sviluppo del suo tessuto lirico/narrativo, a volte anche drammaturgico: “la donna sul palco/ e la ragazza dell’addio”, sebbene soltanto come immagini, o meglio “fantasmi”, musicali, ma essenzialmente scaturigine misteriosa di poesia e musica nella più naturale simbiosi.

Di fatto, sono diverse le figure/personaggi femminili, dalla madre, ormai scomparsa, a  quella della figlia, evocate in atteggiamenti  e momenti essenziali colti nel contesto di paesaggi, spazi onirici e visionari, nei quali il poeta è coprotagonista sensibile. Ma in realtà, a sviluppare il filo evocativo/narrativo che percorre tutto il libro è la presenza percepita poeticamente di quelle due figure/fantasmi, di cui si diceva, delle quali lo stesso poeta ci informa in nota che il riferimento realistico riguarda due donne diversissime “incontrate nel punto terminale del loro gorgo esistenziale: un’attrice che confonde la finzione con la realtà e una ragazza dalla carnalità tragica”, amate e perdute, ritrovate e inseguite fin dove la memoria non incontra il limite del baratro, l’ostacolo dell’ossessione.

Poesia, dunque, che si consegna al lettore nel segno del raccoglimento interiore, della meditazione, di un’espressione plastica e sensuale del sentimento e delle intense emozioni che suscita. Perciò, veramente “poesia da camera”.

 

 

 

 

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