Chandra Livia Candiani, “La domanda della sete”, Giulio Einaudi editore.

«Qualcuno è bravo con i nomi | sa un nome per tutte le cose». Chandra Livia Candiani invece i nomi li confonde, li centrifuga, li riassegna dandogli piú forza. Essere in una stessa poesia cammello, seme di una mela, cane, fiamma e altre cose è rinominare il mondo con un’altra logica. La forte metaforicità di questa poetessa è tutt’uno con la ricerca di fermare in linguaggio il flusso incessante di sensazioni contrastanti ed entità che la attraversano, che ci attraversano. Se nell’atto del camminare dice di essere per metà uccello e per metà albero, non è solo un’analisi precisa della natura umana che tende contemporaneamente a staccarsi da terra e ad ancorarsi ad essa. Non è una semplice iperbole. È la condivisione della natura di uccello e di albero, che stanno dentro quella umana, perché tutte stanno insieme in un’«orchestra del mondo», fatta «di gridi e canti bisbigli e strepiti». Non sempre in perfetta armonia. I versi di Chandra, le sue parole, le sue metafore, vengono da quella partitura.

Sette poesie da “La domanda della sete” di Chandra Livia Candiani, Giulio Einaudi editore, 2020.

 

La faccia è molto sola
cosí sempre affacciata
e invisibile a se stessa.
Non ha ringhiera
ma le tante facce della faccia
si susseguono in un cinema tra muti
segando lo spazio dell’assenza,
un recinto intorno alla faccia d’albero
sgualcito della vita ordinaria.
Fuggire per salvarsi
impossibile a una faccia.
Non odiare il suo dolore
tenerlo al caldo sotto il bavero
della giacca del pigiama
nei letti scomodi di spine
finché nascostamente mi dà
il coraggio di essere la mia vita,
di parlarla. Un digiuno di espressioni
stare senza la propria compagnia.
Le carovane degli occhi
ti cercano per giorni e giorni,
quanto ti vedo
vedo bene.

*

Non parlarmi degli occhi
non piacciono a nessun animale
li feriscono bucano il loro velo
di riservatezza.
Guardare parlare sono frecce
scagliate nel segreto.
Lo spogliano lo mancano.
L’occhio illumina
e l’universo ha le finestre
l’occhio notturno vede i sogni.
Povero molto povero
è l’occhio
finché non è il mondo.
Meglio non fissare, meglio galleggiare
senza la pressione dello sguardo,
la sua rapina, stare tra tutti
i suoni svegli delle creature
e delle cose,
presenza zitta e movimentata.

*

Il sangue:
polmoni e cuore
muscoli nervi e ossa
il mio lavoro è chiamare.
Sono tutti cosí freddi.
Il lontano è a portata di mano
quando mi tocchi.

*

Non ho scelta
c’è fuoco sotto la pelle del ricordo
le squame non sminuiscono il male:
sull’albero della vita
c’è posto per la malvagità.
Voglio stare dentro un paesaggio
e guardarlo piano piano
nei suoi particolari
celestiali e inesperti
con meraviglia meraviglia.

*

Queste indelebili tracce
che si fanno vive al mattino
nel forno del sangue,
la pelle si segna di fresche bruciature
anima e corpo cosí confusi e gemelli,
fornai della notte, impastano
infarinano lievitano.
Queste invisibili tracce
lineamenti del dentro di sé
zitte, zitte ora
che io respiri libera di me
che anonima mi aggiri
tra le rovine della storia
chiamando a raccolta i nomi
degli altri, chi scampa
è rappezzatore per sempre.

*

Un dolore antico senza
frontiere con la gioia
nato prima di me
mi fessura scrive sulla pelle
i nomi privati di ogni animale
le costellazioni i mari
i vegetali. Mi chiamo
e sono essere tra gli esseri
cipresso medusa corteccia
sasso e ogni spavento
di squame e penne ogni urlo
che abbraccia il vuoto
e fa spazio.

*

Sarà meraviglioso
non tornare piú
fare la conta degli elementi
e restituirli uno a uno
alle fonti
terra alla terra
acqua all’acqua
fuoco al fuoco
aria all’aria
essere spazio.
Sarà meraviglioso
ascoltare i suoni
del disfarsi, del precipitare
e slacciandosi ridare
i nomi al silenzio
e ridere e piangere
sarà tutt’uno
con vento e neve,
e la memoria
l’altra cosa che c’è
dentro ogni cosa.

 

Chandra Livia Candiani è nata a Milano nel 1952. Ha pubblicato: Io con vestito leggero (Campanotto 2005), La nave di nebbia. Ninnenanne per il mondo (Vivarium 2005), La porta (Vivarium 2006), Bevendo il tè con i morti (Viennepierre 2007, Interlinea 2015), La bambina pugile ovvero La precisione dell’amore (Einaudi 2014, Premio Camaiore), Fatti vivo (Einaudi 2017), Il silenzio è cosa viva. L’arte della editazione (Einaudi 2018), Vista dalla luna (Salani 2019), La domanda della sete (Einaudi 2020). Insieme ad Andrea Cirolla ha curato Ma dove sono le parole? Le poesie scritte dai bambini delle periferie multietniche di Milano (Effigie 2015).

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