Costantino Kavafis. Le poesie.

Costantino Kavafis Le poesie Einaudi 2015 su l'estroversoUna delle definizioni più pertinenti della poesia di Kavafis è forse quella del suo traduttore francese, il poeta Dominique Grandmont. Poiché la verità non è mai quella che ci narrano i vincitori, occorre interessarsi ai personaggi ignorati dalla Storia, a piccoli commercianti, pescatori, nobili dissoluti o assassinati, generali traditi o dignitari esiliati; prendere in esame non la cultura “emblematica”, ma gli eventi occulti, determinanti e per questo cancellati. E ciò che Kavafis fa – dice Grandmont –, donandoci ≪una specie di Iliade rovesciata, in cui gli eroi sono sempre piu grandi della propria caduta≫. La sua è ≪un’Iliade dei dimenticati≫. Un’operazione analoga a quella di Plutarco, la cui erudizione Kavafis ammirava, e le cui opere erano probabilmente i suoi livres de chevet, tali e tanti sono nei suoi testi i riferimenti allo storico greco (vi sono testimonianze di come il poeta amasse citarlo a memoria in pubblico, non senza civetteria). Se nelle sue Vite Plutarco indaga la Storia di Roma e della Grecia attraverso l’ethos dei personaggi, Kavafis, nelle sue poesie ‘storiche’ e ‘filosofiche’ mette in risalto gli aspetti meno noti della personalità dei suoi protagonisti. I suoi sono si gli eroi della Storia maiuscola, come gli Spartani di Leonida alle Termopili, cui il poeta dedica una delle sue poesie più belle e commosse, ma soprattutto le umili comparse di una storia minuscola e dimenticata.

(stralcio da ‘Un’Iliade dei dimenticati’, introduzione alla raccolta ‘Costantino Kavafis
Le poesie’, traduzione e cura di Nicola Crocetti, Einaudi 2015)

 

[poesie 1905-1915]

Idi di marzo

Anima, temi le cose grandi.
E se non puoi sconfiggere le ambizioni,
assecondale almeno con prudenza,
con esitazione. E più procedi,
con tanta maggior cura indaga.

Raggiunto che avrai il culmine, Cesare ormai,
quando figura d’uomo famoso avrai assunto,
soprattutto allora sii vigile, se esci in strada,
sovrano insigne, con il tuo corteo,
se avviene che ti si accosti dalla folla
un Artemidoro con in mano una lettera
e che ti dica in fretta: «Leggi subito questa,
è una cosa importante, t’interessa»,
fermati pure, allora, dilaziona
ogni affare o discorso; scosta pure
chi ti saluta e ti s’inchina
(li vedrai più tardi); lascia che aspetti
anche il Senato, e leggi subito
le cose gravi che scrive Artemidoro.

Cose finite

Stretti tra la paura e i sospetti,
la mente frastornata, gli occhi terrorizzati,
ci consumiamo progettando il modo
di scongiurare il pericolo scontato,
tremendo che ci minaccia.
Ma è un errore: il rischio non è in strada;
erano falsi i messaggi
(non li abbiamo ascoltati o capiti bene).
Un’altra sventura, che non ci immaginiamo,
improvvisa e violenta piomba su di noi,
e impreparati – senza più tempo – ci travolge.

[poesie 1916-1918]

Guardai così fissa

Guardai cosi fissa la bellezza
che se n’è riempito lo sguardo.

Linee del corpo. Labbra rosse. Membra sensuali.
Capelli come da statue greche presi:
anche se spettinati sempre belli,
caduti un po’ sopra le fronti bianche.
Volti d’amore, come li voleva
la mia poesia… le notti della mia giovinezza,
nelle mie notti incontrati di nascosto…

[da “poesie nascoste”]

Mezz’ora

Non ti ebbi, né mai ti avrò, suppongo.
Qualche frase, un accostamento
come l’altr’ieri al bar, nient’altro.
È un peccato, non dico. Ma noi dediti all’Arte
con la tensione della mente a volte – e, ovvio,
solo per breve tempo – creiamo una voluttà
che sembra quasi materiale.
Così l’altr’ieri al bar – grazie anche all’alcol
e al suo aiuto grande e pietoso –
ebbi mezz’ora di perfetto amore.
Credo che te ne sia accorto anche tu,
che sia rimasto un po’ più a lungo apposta.
Ne avevo gran bisogno. Che malgrado
tutta la fantasia e la magia dell’alcol
mi occorreva guardare le tue labbra
mi occorreva avere accanto il tuo corpo.

1917

[da “poesie rifiutate”]

Ore di malinconia

Chi è felice profana la Natura.
La terra è il santuario del dolore.
Pianto di pena ignota stilla l’alba;
le sere orfane, pallide, afflitte;
l’anima eletta leva un canto triste.

Odo sospiri nei venti di ponente.
Scorgo rimpianto nelle viole.
Avverto la vita dolente della rosa,
i prati colmi di misteriosa pena;
nel folto bosco un gemito risuona.

Gli uomini onorano chi è felice,
e lo celebrano gli pseudopoeti.
Ma la Natura tiene le porte chiuse
a chi crudele e indifferente ride,
ride straniero in patria sventurata.

1895

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