Edward Hopper, Room in Brooklyn, 1932

 





Per mia madre

 
 
Devo mettere del tempo
molto tempo
probabilmente anche
dello spazio
tra me e il dolore acuto
la vedo ancora raggomitolata
come un gatto
sulla poltrona rossa
che dorme dorme dorme
senza dare l’impressione
di volersi svegliare.
 
*
 
Ora la penso libera
dal male lontana
dall’inutile sequenza
dei giorni forse
si è inabissata
nel mio profondo
per proteggermi
ormai nascosta per sempre
ai miei occhi
ma solo ad essi.
 
*
 
Mi arrampico sui pixel sgranati
di una vecchia foto
come su una parete di roccia
cerco di non far passare il suo viso
oltre il confine della memoria.
 
*
 
A poco a poco
il dolore si attenua
il passare stranito dei giorni
attutisce il precipitare
dei ricordi nella mia testa
e la sua immagine
appare in trasparenza
nella filigrana di questa pagina
con la dolcezza di un’ombra
che non svanisce.

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