Franco Del Moro e Michela Genovesi nel XXXI anno di vita della rivista letteraria “Ellin Selae”

Ringraziandovi per la disponibilità a concedere quest’intervista per l’EstroVerso, volevo innanzitutto chiedere a Franco come nasce l’amore per la lettura e di conseguenza quello della scrittura, e quali sono stati i libri che hanno cambiato il tuo modo di essere, agendo in maniera profonda su strati di coscienza magari fino ad allora poco noti.

Penso che tutto sia dovuto al fatto che sono cresciuto in una casa piena di libri e di strumenti musicali. Mio padre era (ed è) un lettore accanito e suonava la fisarmonica, mia madre disegnava e suonava il pianoforte. Quando cresci in una casa così, queste attività diventano parte del tuo ordinario rapporto con la vita. Consiglio infatti a chi ha figli di abituarli sin da subito ad avere familiarità con questi dispositivi di crescita e conoscenza, al di là dei tablet, degli smartphone e delle serie TV. Fra gli Autori che mi hanno maggiormente influenzato crescendo segnalo senza dubbio Primo Levi, Dino Buzzati, James Hillman, naturalmente Jung ma anche il poetico James Herriot.

L’atto creativo è una forma di meditazione? Per esempio per te, Michela, riguardo ai disegni, ai dipinti, ai mandala? Mi viene in mente Plotino che nelle Enneadi scriveva che ogni azione è una contemplazione, cosa ne pensate?

Si, per me è così. Quando dipingo riesco a spostarmi su un piano differente, meno caotico e ruvido della realtà quotidiana… penso che tutte le forme d’arte siano una via di fuga dal reale…

A tal riguardo chiederei a Franco, come è nato il suo avvicinarsi alla musica, ho ascoltato diversi pezzi che portano verso mondi affascinanti, con sonorità originali, arcane e originarie, direi…

Come dicevo poco fa, la musica era sempre presente a casa mia. Aggiungo anche che mio fratello maggiore ha vissuto gli anni del Prog (quando io ero ancora bambino) e suonava con vari gruppi, lui portò in casa i primi sintetizzatori e organi… tutto venne anche per me di conseguenza e mi appassionai fin da adolescente alle sonorità di quegli anni: Mike Oldfield, Pink Floyd, PFM, Banco…

Nietzsche amava i luoghi salubri, le camminate, Jung edificò la sua torre in mezzo al verde, scrivendo: «A Bollingen mi trovo nella mia più vera natura, in ciò che esprime profondamente me stesso». Quanto conta lo spirito dei luoghi e come influisce sul pensiero e sulla creatività il vostro rapporto a stretto contatto con la natura?

Appena ho potuto ho abbandonato la città e dall’età di trent’anni vivo in case immerse nella natura, prima in Alta Langa, ora in montagna. Per me è un punto di ritorno. Non riuscirei mai e poi mai a riadattarmi a un tessuto urbano, specie se degradato, come lo era il milanese, dal quale, appunto, fuggii appena possibile…

Leggendo diversi tuoi scritti, editoriali, brani di libro e ascoltando anche diversi tuoi interventi in video-interviste, Franco, ho potuto constatare un’attenzione vigile alla parola, una precisione di scrittura e detto che si fa portavoce di pensieri affilati e sottigliezze non comuni, pur restando nella limpidezza del messaggio, in una chiarezza solare. Percepisco in questa ricerca di uno sguardo equanime anche tanti non detti di natura spirituale, un rapporto col sacro. Ci diresti qualcosa in tal senso?

Non è un rapporto del tutto consapevole, o, per lo meno, non inizia nella mente vigile. È più un ‘sentire’ che cresce nel tempo, si rivela, come un fiore che dapprima chiuso in bocciolo si schiude nel tempo. Credo sia un percorso comune a tutti noi, e credo anche che tutti, prima o dopo, per quanto razionali siano, dovranno fare i conti con quel piano della vita che trascende la realtà e che possiamo dunque definire spirituale.

A Michela vorrei chiedere come è nata la passione per il disegno e cosa nutre solitamente la sua ispirazione.

Ho sempre disegnato, sin da bambina, dapprima copiando i personaggi dei cartoni animati, poi gli animali, che sono diventati il mio soggetto preferito, anche perché amo profondamente tutti gli animali e ritrarli è anche un modo di essere in relazione con loro.

Tempo addietro pensavo che non contasse molto il mezzo con cui si leggeva un libro, il suo supporto, quanto l’atto in sé di leggere. Adesso ritengo che il mezzo influenzi anche i processi cognitivi, psichici, attentivi, come dimostrano anche studi di neuroscienze. Cosa ne pensi, Franco, ad oggi, del futuro digitale, e del destino dei libri, tu che avevi decretato la sua morte «fisica» qualche anno fa con un geniale annuncio funebre.

Il libro per me è e resterà sempre quello cartaceo tradizionale. Una tecnologia dai vantaggi e dai pregi ineguagliabili, tant’è che oggi possiamo ancora leggere e sfogliare libri stampati secoli fa, e senza bisogno di alcuna forma di energia supplementare, basta la luce del sole e, nella peggiore dell’ipotesi, la fiamma di una candela. Tutta la tecnologia oggi esistente fra 10 o 20 anni sarà obsoleta, in assenza di corrente elettrica smette di funzionare e poi invito tutti a fare questa prova: buttate da una finestra un libro e un tablet. Poi raccoglieteli. Quali dei due continuerà ugualmente a funzionare e non avrà perso i suoi contenuti? Il digitale ha una grande utilità per quanto riguarda l’archiviazione e la consultazione. Manuali tecnici, database, enciclopedie… vanno benissimo in digitale. Ma tutto il resto lo preferisco su carta.

Mi ha colpito molto, tra i tuoi scritti, Il concetto di libertà e la lezione del topo. Il fatto che il topolino in gabbia metta al primo posto la libertà quando si vede in trappola piuttosto che assicurarsi il cibo, è una lezione toccante, come scrivi. Jolanda Insana dichiarava in un’intervista anni fa che molto bisogna disimparare, per imparare a non tradire. Ci diresti qualcosa in merito al concetto di libertà e al ruolo della memoria?

In questi ultimi due anni ognuno ha dovuto confrontarsi con questo principio assoluto della vita, e chiedersi cosa rappresentasse per lui la Libertà e fin dove era disposto a rinunciarvi o scendere a patti. Tutti abbiamo subito riduzioni non sempre giustificate ai nostri diritti, ma questo non ha avuto per tutti lo stesso valore e non ha suscitato le stesse reazioni. Io sono come il topo di cui ho scritto: sono disposto a rinunciare a tutto, meno che alla mia libertà, includendo anche il diritto di scelta, di opinione di movimento. Tutte cose che per motivi che non sto qui ad approfondire hanno tentato di toglierci.

Sull’acronimo Ellin Selae rimando i lettori di quest’intervista all’esplorazione del vostro sito: http://www.ellinselae.org/. Ci parlereste, in chiusura, dell’attività della rivista, delle copie d’artista per ogni numero, e anche della vostra attività editoriale, quali le vostre preferenze, e le novità in cantiere, i progetti futuri.

Ellin Selae come rivista letteraria è entrata nel 2022 nel suo XXXI anno di vita. Un record in Italia. Ma come tutte le notizie lontane dai riflettori dei media la cosa pare essere irrilevante. Ma il vero record che Ellin Selae detiene è l’iniziativa di includere in OGNI copia stampata un frammento d’arte unico e originale, numerato e firmato, di un artista contemporaneo. Non una riproduzione seriale, ma proprio un originale. Sembra una cosa da poco, ma provate a immaginare se uno di questi artisti (e sono ormai oltre un centinaio quelli che abbiamo ospitato) diventasse un giorno uno Chagall o un Mirò o un Picasso… chi ha quel numero di Ellin Selae avrebbe in mano un suo disegno originale. Anche questa caratteristica che, a quanto ne so, non ha precedenti nel mondo, cade nel vuoto. Il nostro Paese ha un grande handicap culturale: vede solo quello che viene illuminato dai media… e noi siamo del tutto allergici a fenomeni mediatici di massa…

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Franco Del Moro ha fondato nel 1991 la rivista letteraria Ellin Selae, che tuttora dirige e sulla quale scrive regolarmente. Ha pubblicato con vari editori una quindicina di libri spaziando fra narrativa e saggistica. È anche compositore, ed ha pubblicato sino ad oggi 7 CD di musica orchestrale. Maggiori info sul sito: www.ellinselae.org”.

Mi chiamo Michela, amo gli animali e amo dipingere. Faccio ritratti ad acquerello di cani e gatti (ma anche di altri animali) sin da quando ero bambina. Ellin Selae ha un’anima molto animalista, come si può vedere dalla REDAZIONE… I lettori di Ellin Selae mi conoscono perché tengo la rubrica “Bibliofili & Animalisti”, nella quale parlo di cani, e collaboro alla vita di redazione.

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