“Herbarium Magicum”, Bianca Battilocchi : “La parola poetica deve forzare i confini del qui e ora per abbracciare il vasto orizzonte del possibile”.

Quando la poesia dice di sé la sua “illeggibilità”, siamo sicuramente di fronte a una scrittura vera. Può sembrare provocatorio considerare il non dicibile, il non comprensibile come il reale della poesia, ma così non è. E l’autrice di questa raccolta è molto consapevole e precisa nella definizione profumo ipnotico/ di lingua edenica. E tre versi prima usa il termine “pressappoco”, quasi come una forma di ironia che rende il concetto tanto più naturale e umano. Così Giorgio Bonacini per Bianca Battilocchi e il suo “Herbarium Magicum”, Anterem Edizioni 2021, per il quale l’abbiamo intervistata (la foto in copertina è di Gloria Gorreri, in arte Glomarì).

Qual è stata la scintilla che ha portato “Herbarium Magicum”?

La prima sezione della raccolta nasce in congiuntura a un trittico che dipinsi (e poi distrussi) nel 2019 ispirato dall’antico manoscritto Voynich (1400 ca) e dal “suo magico botanico”, il suo misterioso autore. Quello straordinario codice, scritto in una lingua che ancora rimane da decifrare e costellato di illustrazioni di botanica, astrologia, biologia e farmacologia fantastiche ha stimolato la mia immaginazione invitandomi a far germinare, a mia volta, una lingua immaginativa del principio (“lingua edenica”), visionaria di nuove nascite.

Herbarium Magicum non è uno strumento scientifico di ricerca come ad esempio lo erano gli erbari classici, oggetti affascinanti e motivo d’ispirazione per tanti artisti; è piuttosto un taccuino da viaggio che vuole raccogliere immagini e segni comunicanti che si sono presentati alla mia fantasia – stimolati da letture, incontri e viaggi – e hanno bussato alla porta più nitidamente di altre. Il loro incontro con la pagina vuole dar vita a una nuova narrazione che manipola re-intrecciandole variamente storie distanti tra loro. Scrivo a un certo punto: “nuove piante ancora sconosciute/ da cui farsi insediare […] itinerari della mai appagata/ genesi da celebrare”.

Dove sei stata condotta dalla poesia e cosa credi possa la poesia contro la “Fertile dispersione”?

Quel sintagma si riferisce a una dispersione positiva di preconcetti e impostazioni mentali che ci portano a interpretare e vivere il mondo in maniera limitata.

La lingua meticcia che impiego tenta di evocare stadi diversi di vocalizzazione del pensiero, stratificazioni linguistiche e, per questa ragione, dall’italiano s’inanella alle lingue antiche e a quelle moderne. Ho fatto ad esempio ramificare il titolo della sezione Anemoni non solo dalla sua probabile radice, “anèmos” (dal latino ‘vento’ e ‘fiato’), ma ampliandone creativamente la sua storia etimologica con “anelito” (dal latino anhèlitus ‘vivo desiderio’ o ‘respiro affannoso’) e ‘anca’ (dal sanscrito “ak ank” o latino “ancus” per ‘fianco’, ‘giuntura’). Qui un mio punto di riferimento fondamentale è stata la poesia di Emilio Villa di cui cito in particolare quella visiva Genesis.

Con questo approccio aperto di ricerca ho potuto far interagire il mondo esoterico-pagano con quello mistico-cristiano e osservare suggestive vie comunicanti che ridisegnano la nostra realtà scompaginando i vari contenitori in cui tendiamo a organizzare idee e concetti. Le immagini simboliche, “eikon” sono quindi interpellate nella loro profondità – dispiegate come direbbe Georges Didi-Huberman – per mostrare significati nuovi, seppur non definitivi. Non c’è un’intenzione di ricostruzione filologica dietro questi versi ma al contrario la volontà di catturare il lettore con l’ipnosi magica dei versi per portarlo in una realtà inedita, dove scompare lo sfondo della contingenza e piano piano si distinguono forme i cui bordi continuano a trasformarsi per fare spazio alla figura successiva. Il tema della trasformazione è alla base del progetto.

La poesia è (anche) la lingua dell’invalicabile?

Certamente. La parola poetica deve forzare i confini del qui e ora per cercare di abbracciare il vasto orizzonte del possibile. Penso che il suo compito principale sia visualizzare vie differenti da percorrere per comprendere più profondamente le tante storie del mondo che abitiamo, la pluralità dei segni che ci circondano. Per me poesia è innanzitutto (s)muovere e muoversi, mettere in moto l’interpretazione, viaggiare, far danzare la memoria personale e collettiva. Ecco perché nei miei versi – non solo in questa raccolta – scrivo spesso di tappe, ingressi da forzare, oblò, ferit(oi)e.

La forma quanto incide sulla “verità” della parola poetica?

La forma è uno strumento aggiuntivo di cui servirsi anche se le decisioni prese dal poeta non sempre sono chiare a chi legge. Per quanto mi riguarda, cerco di tracciare un percorso volontariamente disorientante nel suo porsi in maniera pluridirezionale, lasciando spazi vuoti tra le parole – a volte un verso ne conta solo una – per farle meglio risuonare nell’orecchio e isolarle come ‘parole guida’. Inoltre quel bianco significa che il racconto deve proseguire oltre e con più prospettive, alle quali si devono aggiungere quelle dei fruitori. L’ecosistema poetico deve essere creativo, voci diverse possono quindi mettersi in dialogo tra loro. Non amo mettere punti fermi che segnalino la fine dell’opera; la mia punteggiatura è solitamente scarnissima e consiste più che altro in punti interrogativi dato che, si sa, il viaggio poetico è principalmente ‘ricerca’, investigazione.

Immagina di dover dare delle “istruzioni” essenziali per scrivere una poesia, quali daresti?

Credo che ci voglia un giusto equilibrio tra estemporaneità e ricerca. Sono solitamente le ispirazioni più casuali che ci visitano a dare avvio a una poesia o a una raccolta. D’altra parte non si può nemmeno pensare che tutto si scriva da sé in maniera completamente spontanea, a meno che si pratichi l’instant poetry. Personalmente lavoro molto per cuciti, unisco idee appuntate qua e là, le amplio documentandomi, mi ispiro a letture, conversazioni, film, fotografie … Una buona idea può venir sviluppata nel tempo con più o meno rimaneggiamenti, spesso bisogna saper aspettare che i versi vengano pian piano a disporsi in maniera efficace o suggestiva.

La poesia è tale se diventa portatrice di una visione oltreché individuale sovraindividuale, qual è la sua opinione in merito?

Questo è una domanda essenziale che ogni scrittore dovrebbe porsi quando decide di diffondere i propri testi, altrimenti c’è il rischio (sempre presente) dell’autoreferenzialità. Ultimamente mi chiedo se non ci sia da dare maggiormente spazio alla poesia collettiva, nata dal lavoro di gruppo, da collaborazioni e discussioni che portino a opere più significative proprio nel loro rappresentare un dialogo, un insieme di prospettive. Dico questo perché viviamo già in una società profondamente individualista, che tende a distanziare le persone piuttosto che a farle dialogare in maniera costruttiva. Sono inoltre pochissime le opere poetiche a raggiungere i canali principali e quindi la grande distribuzione. C’è forse bisogno allora di creare una rete che possa giustificare la necessità di questa presenza anche in un pubblico più vasto per non continuare a portare la poesia sempre nei soliti e ristretti circoli in cui chi ascolta i poeti sono esclusivamente altri poeti.

Qual è stato, ad oggi, il dono più prezioso ricevuto in dono dalla poesia?

Scrivere e leggere poesia mi ha aiutato gradualmente ad accettare alcuni lati della mia personalità che mi creavano insicurezze, a interpretare la vita in modo più aperto e creativo, a valorizzare e godere di tante piccole cose intorno a me.

Per concludere salutando i nostri lettori, ti invito a scegliere una tua poesia dal libro “Herbarium Magicum” – (riportala gentilmente) – e, nel contempo, ti invito a portarci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere.

Come scrivevo prima, la prima sezione è nata in tempi distanti dalla seconda. Intermezzo in terzine è un’indicazione alla lettura e interruzione metapoetica tra le due ed è stata composta durante la stesura di Anemoni, anch’essa ispirata a una tela che avevo composto e sulla quale avevo incollato lenti a contatto scadute. Mi piace pasticciare e sperimentare e se spesso distruggo questi miei art attack, solitamente ne traggo frutto in poesia. Riporto questo testo, che muove quasi nella sua interezza a ritmo di terzine, in quanto contiene le principali tematiche contenute nell’Herbarium, il fatto di sposare una visione interna e profonda e non retinica, di abbracciare una lingua che vuole farsi avvolgente e visionaria. Il suo ultimo verso, “immagine urlo”, funge da cerniera e connette la prima parte dell’opera in cui abbondano riferimenti a immagini e forme, con la seconda, dove si aggiungono quelli ai suoni, al nominare ipnotico della poesia.

 
[Intermezzo in terzine]

Imparare di nuovo a leggere
a percepire

I territori al di qua dell’occhio
l’interno l’onirico
il sempre mutevole

Lenti curve sovrapposte alla tela
indicano la direzione
del dentro

Attraverso il cristallino cieco
nuova concavità
in chiasmo con l’esterno

Approdare
nelle scompaginate geografie
di tracce organiche e surreali

In dissoluzione e miscela
per infiniti mondi
fatti di danze da navigare

Nuovi vocaboli nuove piante
ancora sconosciute
da cui farsi insediare

E finestre senza fondo
in forma di oblò
di girotondi in oblio

Fertile dispersione
itinerari della mai appagata
genesi da celebrare

immagine urlo

 

*

Bianca Battilocchi (Parma, 1988) ha studiato Lettere all’Università di Parma e a Paris 3 Sorbonne Nouvelle. Ha ottenuto un dottorato di ricerca su Emilio Villa presso Trinity College Dublin da cui è stato pubblicato un monografico, Rovesciare lo sguardo. I tarocchi di Emilio Villa (Argolibri, 2020). Collabora con diverse riviste e ha creato il progetto in corso Ecosistemi poetici. Abitare creativamente l’Antropocene. Sue poesie sono apparse su “Carte nel vento – Anterem”, “Nazione Indiana” e “Argo”. Una sua raccolta poetica, Herbarium Magicum è arrivata finalista al Premio Montano 2020 e una seconda, La fonte di Isadora, ha vinto il Premio Speciale del Presidente di Giuria a Bologna in Lettere 2021. La minisilloge CUCITIprovvisori è in uscita per “Crocevia” nel 2022. 

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