notturni Vincent Van Gogh, Notte Stellata sul Rodano

notturni

C’era, in un paese lontano, un popolo che si chiamava popolo giusto. Il popolo giusto aveva una religione sola, che era detta la religione giusta, la quale era ufficiata dai giusti sacerdoti. Nella capitale, che neanche a farlo apposta si chiamava Giustizia, c’era un grande palazzo bianco che faceva sembrare poca cosa persino la reggia di un sultano. Era Il Palazzo dei Giusti. Quando si riunivano i funzionari della patria, tutti contenti e sorridenti si stringevano la mano e si complimentavano per l’ottimo lavoro. Dato che il paese era giusto, non poteva essere altro che una democrazia. Il popolo giusto amava vestirsi in maniera colorata ed appariscente, con capelli sempre in ordine e scarpe soffici soffici. Tutti erano diversi tra di loro, diversi al punto che, però, avresti detto che a non trovarne due uguali pareva fatto apposta; sembrava tutta una scena organizzata che, ovunque, si replicava in maniera uguale, ed era – ovviamente! –  la maniera giusta. Un giorno di qualche anno fa, nacque un bimbo che sembrava a tutti un tipo giusto, normale, insomma, come gli altri diverso tale e quale. Il giovinotto crebbe in mezzo alla campagna più interna e in una casa che alla folla era miracolosamente scampata. Fattosi maggiorenne, dell’età giusta, disse ai genitori di voler vedere la sua terra, la terra giusta, perché non aveva mai sporto la testa al di fuori della foresta. Fu così che si mise in viaggio e giunto a Giustizia, la capitale, bussò a un grande portone di ferro cosicché lo facessero entrare. «Altolà!», gli gridò un soldato da dietro uno spioncino. «Sono venuto dalla campagna, per vedere la capitale, perché sono curioso di conoscere la più perfetta perfezione della meglio mia nazione».

Il soldato lo guardò dalla testa ai piedi, gli prese i documenti e, facendosi beffa del rossore dell’astante, lo spogliò, lasciandolo in mutande. Poi lo guardò mentre quello ancora di più arrossiva e gli chiese: «Perché arrossisci? Cosa nascondi?». «Non ho niente con me oltre ai vestiti, la mia curiosità e la mia dignità». Si domandò, il ragazzo, se fosse cosa giusta spogliarlo ignudo come un neonato, ma poi pensò che il soldato fosse obbligato a fare il suo lavoro, che si trovava nella terra giusta e che quella doveva essere la giustizia. Entrò nella città. Tutta la gente si muoveva silenziosamente e se si guardava, lo faceva solo con smorfie evidenti del viso, storcendo le labbra, spalancando o assottigliando gli occhi, ridendo istericamente. Il passo della massa era cadenzato e in accordo con il ticchettìo delle macchine, che illuminavano con luce artificiale ogni angolo dei grandi palazzi, bianchi per il vetro inondato da un Sole estraneo. Luci su luci che si coprivano. Alla fine della giornata la massa spariva e poi riappariva presa da esaltazione violenta e ferocia notturna. «Tu non sai che questi sono tempi bui travestiti di bianco», gli disse un ragazzo suo coetaneo. «Prima vivevamo senza giustizia ed eravamo felici, poi hanno provato a sottometterci con le armi. Ci hanno detto “Questo è giusto; quello è sbagliato” ed abbiamo dimenticato quando eravamo veri. Poi ci hanno costretti con la religione, perché i forti tentarono di ribellarsi;  ci hanno detto che i ribelli offendevano Dio e noi abbiamo creduto loro, e abbiamo abbandonato i forti solo dopo averli colpiti coi nostri forconi. Poi, molto dopo, venne la ragione e la forza della sua illuminazione, poi la lotta al privato e poi ancora la fiducia nel progresso e in tutto quello che ne è venuto. Tra l’una e l’altra cosa, noi abbiamo approvato. Dopo è arrivata una capoccia quadra e nera che parla senza pietà e che non ci ha mai ascoltato. Lei ci mostra il suo mondo e da lì ci dice: «Questo è giusto! Questo è sbagliato!» e tutti noi, a quello, il nostro abbiamo adattato. Infine ci hanno detto: «Ecco gente, ecco la migliore soluzione. Una sola legge, una sola religione. Un solo pensiero contro tutte le ingiuste minoranze. Potere al governo democratico. Se così sarai, nella giustizia vivrai, giacché se ti conformi a ciò che prepariamo, nulla ci sfuggirà di mano. Noi siamo il padrone e giustizia è solo conformazione».

 

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