“India – complice il silenzio”

india luca buonaguidi italic 2015 su l'estroverso

India – complice il silenzio è la testimonianza di un’esperienza, come la chiamava Moravia, “l’esperienza dell’India”. Come ogni libro di poesia, ma qui più che nei miei volumi che lo hanno preceduto, questo libro è una testimonianza spirituale e così mi è caro introdurvelo brevemente. Quello che leggerete nelle pagine che seguono è un diario di viaggio in versi, un viaggio di cinque mesi che ho compiuto da solo e via terra nel 2013 attraverso Sri Lanka, India, Bhutan, Nepal, Tibet e Kashmir. Nicolas Bouvier ha scritto: “Se non si lascia al viaggio il diritto di distruggerci un po’ tanto vale restare a casa”. È così che questa esperienza ha profondamente rinnovato la mia persona e non secondariamente la mia poetica: il sottotitolo – Complice il silenzio – allude a una voce poetica fievole, dimessa e impermanente come l’India che osserva, immersa nel fascino eterno di culture abitate dal primordiale, cui ho posto il mio verso a cassa di consonanza di senso e, appunto, silenzio: ora un silenzio affine a ciò che San Giovanni della Croce descrive come “distacco interno da tutte le cose”, ora un risveglio “da questo sogno di separatezza” cui alludono le Upaniṣad. Al culmine della mia esperienza dell’India scrissi: “Mi sento a casa/ e mi sento appena/ trovo pace in quest’assenza”. Oggi spero invero che questa mia voce minore vi giunga, costituisca presenza, non di me stesso ma di un invito indefinito a voi rivolto, perché queste poesie hanno voluto essere così: hanno preferito servire di più che essere più belle, hanno preferito essere strumento più che agente.

Cinque poesie tratte da “India – Complice il silenzio”, 2015 Italic

Al vento non chiedere,
nel vento disperdi
il tuo nome.

Al vento non chiedere
il vento del corpo
è ragione.

Al vento non chiedere
del vento consacra
ogni passo comune.

*

Chiaro di luna
piccole barche
scivolano nel fraterno mare,
lo salutano nella risacca.
Qui si erode il nome
che il giorno dà alle cose.
Resto seduto
su un groviglio di reti
preparato per il mattino
e penso a come le notti
ripieghino a Occidente
dove il giorno
apre un nuovo fronte
e attende di cadere
senza palpabile Oriente.

Mamallapuram
28/02/2013

*

Screpolata la carta
e consumato il rinnovo
d’alba verde nell’altrove,
rimosse le unghie
affondate e riemerse
in questo porto di carne,
parto dall’esserne parte
ma senza porte
pronte ad aprirsi.
Solo le ombre gettate
dalle pareti erette
e un uscio restante
che cigola ospite della casa
che prima apre, ora chiude
e si fa alone
di tutto ciò che è distante
il vino, le rose, le parole parlate
di quella carne che nutrivo
prima di riscoprirmi fantasma
entro salvifiche macerie
o spettri d’inchiostro
che versato cade,
che ho versato troppo
e ora mi crolla addosso
con tutte le parole.

20/03/2013
Ellora

*

Sento l’anima respirare
entro vicoli in cui
prepara l’addio
ad ogni primo passo.
Da una terrazza
godo del languore
di chi viaggiando
un poco muore
e torno a chiedermi
il senso della poesia
mentre la si sta vivendo.
Ora so che è così
che l’anima
si avvicina,
respira
saluta.

Jaisalamer
03/03/2013

*

Mi piacerebbe poter scrivere una poesia
ogni volta che ho qualcosa da dire,
anche per ordinare un gelato,
indicare la strada a un passante,
chiamare mia mamma dal primo piano,
ma lo faccio solo quando dico
qualcosa a me stesso
che poi è un altro
che non conosce poesia
e ama l’inganno.

Shimla
17/06/2013

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