Listen di Scott Bergey x baldaccini





Ennesima imprecisata ora di un qualsiasi sistema di misurazione. Comunque inutile

 
Provare a immaginare: l’universo intero.
Ed osservarlo ovunque con uno stesso sguardo; per di più lungo tutta la scala temporale in cui si estende da quando un lampo ha definito sistemi di percorsi luminosi.
Orizzontarsi? Saranno eoni che non ci riesco. Persa dunque ogni traccia. Per cui, sbadigliare e chiudere la finestra.
 
Più tardi più tardi (si fa per dire).
 
Sporgersi sul terrario.
Estremamente gracili…: formiche.
(Da voce contraddittoria): non direi.
Intendi?
Non lo sono affatto.
Ah già… tu basta che contraddici… (tuttavia a volte ha ragione).
 
Decisione
 
Quando decido è notte.
Facilmente ottenibile: basta oscurare un po’.
Quindi guizzare fantasticamente avvinto a un temporale. Divertente: scendere con la pioggia. E arcobaleni d’astri.
Planare allora fino alla scrivania (l’ho messa io, sì…Dove…? Dove mi pare!) e sotterrare in infidi cassetti arcaiche conclusioni laterali. (mai nello stesso posto: io sono alineare).
Più tardi. Aristotele era un cretino. Monoculare, direi. Estremamente chiuso, pieno di pregiudizi, pomposo, pretenzioso, irragionevolmente colmo di ragione. Una formica cieca!
Altri più divertenti. Quando pensano c’è da stupire. Prendiamo Platone, ad esempio: geniale! Lui (incapace di ragionamenti lineari senza ricorrere al soccorso del dialogo) ha tuttavia intuito la mia natura oscura.
(Da voce contraddittoria): perché continui a confondermi? Io non sono te! Nella grotta ci sto io, se non ti dispiace. Stanne fuori!
Oh come sei noioso… davvero credi che esisteresti senza… Bé, lasciamo perdere: non capirai mai.
Dicevo: la mia natura oscura… Tuttavia un idiota! Ha avuto l’ardire di sostenere che io fossi buia caverna; il resto: parvenza. Dico, scherziamo…? E la mia infinita luminosità? Meglio Bergson. Avete letto? Quando parla di me fa poesia. C’è una certa soddisfazione…!
Però questi poeti…: estremamente noiosi! Sdolcignaccoli o cosmicamente persi nel fondo più discosto.
Quindi: chiudere il libro.
 
Oltre
 
Solita spedizione punitiva. Moltissime ogni settimana: metodicamente.
 
Estremamente ordinate. Con precisione militare, direi. Colonna per colonna, in silenzio e inquadrate.
Scendono. Dalla collina oltre il fiume (l’ho messa lì appositamente a fini variativi). Ora guadano… Ingegnose! Usano foglie d’acero, notoriamente robuste e inaffondabili. Carine!
L’ultima volta un disastro! Le foglie non ressero e…
Questa volta però va meglio. Sarà interessante quando arriveranno al campo, più o meno in tempo x (che lo calcolo a fare? Tutto è astrazione estrema).
Torno dopo.
 
Fantasie
 
Ne hanno da vendere!
Mi hanno attribuito di tutto! Borioso, instabile, collerico, vendicativo, clemente, pacifico, generoso… Alla fine la confusione è estrema: non ci capisco più nulla!
(Da voce contraddittoria): eh eh…!
Hai poco da ridere tu! Riguarda anche te…
(Sfogliando). Figurarsi poi… i padri della chiesa… gente con la coda in testa: miticamente arcaici. Hanno costruito architetture indicibili, fortunatamente instabili (come tutto quello che fanno). Ma chi ci ha pensato mai… ma chi vi pensa!
Alcuni persino offensivi. Vi sembra che potrei farmi impalare o giù di lì!? Come vi viene in mente? Cose da pazzi!
Sono pazzo?
 
Oltre oltre di là a destra… difficilissimo dire.
 
Pazzia. In sintesi: sistema di riferimento collaterale, generalmente non accettato tranne che da chi lo adotta senza rendersene conto.
Rrendersi conto: una fatica impossibile. Meglio, dunque, scivolare, lasciarsi andare, dimenticare.
Dimenticare. Possibilmente neppure ricordare. Dunque, non aver bisogno di cancellare. Sì, sarebbe meglio.
Lasciatemi stare.
 
Più in là più in là
 
Magnifico massacro!
Dannatamente feroci… degne di quando mi gira male (mi gira male?)
Nell’apparente caos: l’ordine stabilito dalla morte. Nulla da dire. Infatti: nulla.
(Da voce contraddittoria): la vuoi finire di attribuirti tutto? Questa è opera mia!
E tu la vuoi finire di crederti indipendente?!
Oh bé… non si può più nemmeno parlare… (Tace oscurato).
 
 
     Cose di cose
 
     Abusivamente distorto, consulto volumi nereggianti come d’inchiostro sperso. Spilluzzicare intorno.
Ad esempio (tra un biscottino e l’altro) si afferma che per rendersi conto di sé, l’essere (cosa si intenda poi col termine rimane da chiarire) debba necessariamente rendersi come nulla, cioè, praticamente, operare disgustose incarnazioni (tipo genere umano e giù di lì).
 
Dunque, consegnarsi alla morte e, finalisticamente, essere per morire.
Ora (sorseggiando un buon tè) se per essere si intende io, cioè me stesso, intendo il sé soggetto, occorrerebbe per lo meno osservare che la questione non è tanto rinforzare l’essere della coscienza, ma la coscienza dell’essere (sottile, eh…? No, non l’ho detto io: tal Ricoeur) e che a quel certo soggetto il fatto di morire risulta piuttosto sgradevole. Vallo a convincere che lì sta il suo fine ultimo! (e comunque, non vi sembra un tantino esagerato? che tocca fare per far quadrare la metafisica!)
Molto meglio quel tale che sosteneva che la cosa in sé è del tutto inconoscibile. Certo che sono inconoscibile! Non vi azzardate ad accostarvi, annusare, palpeggiare, saggiare e, comunque, tentare!
A proposito, tu che ne dici?
(Da voce contraddittoria): davvero ti interessa?
No!
    
Languori
 
Decisamente non dovrei leggerne.
Malinconici, nostalgici, languidamente morti (poeti). Dice che nutre l’anima. A me personalmente provoca orticaria. E tuttavia, come per male oscuro: provare anch’io.
 

Siamo venuti qui tu per patire

io

per annotare questa tua tristezza

con angoscia assiepata

nella ripetizione dei tuoi giorni

nati di notte e scuri

mentre sfiamma

questa candela che mantengo viva

poca luce nell’aria

che ti consegno con le mani piene

e notte dopo notte notte ancora

sostengo

la fatica di stare

fino a quando nell’alba

striature d’arancio verde ocra

nel tuo sorriso

mentre ti scrivo l’anima

cadente

da un firmamento rotto.

Per questo

lascerò un colpo d’ala per gli amici

che stanno

dove la vita scorre senza dire.

 

    Non avrei dovuto farlo. Adesso sto male.
 
      Considerare alquanto: delirando. (Qui non manca occasione)
 
      Stanco di queste mura inseguo lucciole. forme di desideri incandescenti; ricordi, più che altro fasulli e costruiti ad arte per lenire. Tu mi tormenti sadica, senza essere stata. Per questo più desiderabile e convessa, mentre ricerco algebre lineari per smentita d’ogni mio turbamento. Ma la camicia ferrea che indosso impedisce la corsa: cado. Né braccia ad afferrare. Dunque, solo di lingua.
 
Esempio:

Nella corsa del fiato

di non risolto fondo di respiro

notte distende trasvolato andare

tra dialoganti attimi

d’aria veloce dove ti rincorro

nei folgoranti annunci delle stelle.

Infinitesimale lumescenza

lucciola fioca di notturno amore

proponi inseguimenti

e desiderio

volo la scia fuggiasca

verso il liuto cadente

del tuo lume fugace.

 
 (Mi hanno tolto la penna).
 
 
     Ancora più in là, ma non saprei.
 
Privo di voglia e sogni: non so dormire.
Io non ho mai dormito e ricordare è il prezzo.
Senza scampo da veglia. Almeno nella notte che non vuole, qualcosa sfugge e stelle danno luce senza luce. Lontane; solo apparentemente: almeno sembra. Ho bisogno di una distanza estrema.
(Da voce contraddittoria): non ti libererai di me.
Oh tu… tu.
Nell’infinito nero: svicolare. Ma non so perdermi. La mia presenza asfissia. Potessi almeno…
(Da voce contraddittoria): vuoi che ti uccida?
E tu, vuoi suicidarti?
 
(Con pensiero improvviso): dunque perché no…
 
Nella notte di notte
 
Fulgidamente notte.
Diffusa, d’inconfondibile immenso tremolare, penetri come faro le mie vene d’oceaniche strade senza senso. Nel tuo tremore, tremo. E diffusione lattea di luce.
Spandersi. E mi dileguo, come se fossi d’anatra le ali quando il vento raccoglie l’anima spersa altrove.
Le formiche mi annoiano.
Senza di te: perduto. Io non ho casa, luogo, focolare: il tutto è nulla. Vorrei raccogliere le briciole che sono in un unico punto. Puntiformarmi, dunque. E nel punto, essere altro da solitudine perenne. Senza riscontro, difficile trovare soluzioni. O concludere.
Se la pazzia non fosse solitudine, io avrei compagnia: una folla di morti. Anche tu, demone senza sole, avresti casa e amici: tutto il male del mondo.
(Da voce contraddittoria): l’hai sempre con me, eh…!? Ed io allora chi sono… non ti basto…?
Tu tu… non sei che una scissione!
 
Notte riversa notte notte ancora: scivolerò. Nel tuo silenzio d’eco delle stelle, annegherò la folla dei miei nomi. Nessuno: sarò come tu sei.
Ardere ancora: inutilmente vano. Quando sarà, leggimi: qualcuno scriverà che sono morto.
 
Oltre nelle ore (imprecisato)
 

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