tiziano fratus ogni albero è un poeta mondadori l'estroverso

«Ho trascorso parte del tempo che la vita mi ha concesso a sgranare gli occhi e i sensi ai piedi di grandi alberi ingrottati e butterati, più erano grandi e deformi e più li cercavo, con ossessione e desiderio. Per me un grande albero è Arborgrammaticus: regolatore della vita e del tempo, re della foresta, memoria e testimone ultimo della storia di un pezzo di mondo. Ci sono cercatori di alberi e uomini radice che li studiano, che li ammirano, che tentano di catturarne il canto. Quando un nostro simile cerca conforto, a tratti incolmabile, inesauribile, nella patria di Madre Natura, in non pochi casi ha maturato un distacco dal resto dell’umanità. Nell’incontro con la longevità degli alberi, la vastità e mutevolezza dei boschi, oltre che nella scrittura, ho trovato una via per affrontare la paura e gli schianti che il destino aveva disperso lungo il mio sentiero. Camminare in mezzo alla natura lo si fa in punta di piedi, senza poter incidere in alcun modo nel paesaggio che ragiona senza la nostra creazione.»

(estratto dal romanzo Ogni albero è un poeta. Storia di un uomo che cammina nel bosco, Mondadori, in uscita il 6 ottobre 2015)

Mentre scrivevo le pagine di questo incamminamento nella materia legnosa e frondosa del bosco, luogo per me fisico, mitico e mitologico al tempo stesso, si sono presentati alcuni semi che hanno preso forma sulla carta. Sono piccole poesie sbocciate in quel continente fra la carta e la corteccia che abito da diversi anni. Con l’editore abbiamo deciso di accompagnare l’uscita del romanzo con la semina di questo nuovo nucleo di liriche, appunto “in forma di seme”, a cui ho trovato come titolo Musica per le foreste. Le poesie compongono con le precedenti pubblicate in Un quaderno di radici (Feltrinelli, collana Zoom Poesia), una sorta di opera in versi che ho ribattezzato Arborgrammaticus.

 

Anteprima col pubblico: reading L’annunciazione dei semi, martedì 29 settembre 2015, ore 18, presso la Fondazione Federica Galli a Milano.

 

 

I tuoi semi sparsi

Ho raccolto coi denti
i tuoi semi sparsi sul e dentro
il ventre, li ho contati uno ad uno,
posandoli in fila indiana. La tua terra è dissepolta,
il tuo campo spaccato come da sole rovente, affondato da una ragnatela
di ombre. Sono il ragno del tuo tempo, ti aspetto in silenzio,
in un angolo, la mia chiesa percepisce
anche il più flebile dei venti

 

 

 

Il seme d’oro

Spezzi il pane
orante del giorno,
circondato dagli spiriti
gentili che di luce ti hanno vestita,
con le loro parole, un gesto, una minima
attenzione, una carezza al volto,
un soffio vibrato nei capelli,
un desiderio inespresso
che ha lasciato
un’impronta
sulla pelle

 

 

 

Il seme che cancella ogni deserto

Le tue mani di padre scelgono le ghiande, le studiano e le scartano
con un gesto da minatore. Un meridiano si apre come un lampo sulla guancia,
pulsa come una ferita da taglio, uno sgherro impresso dalla vendetta.
Il vino scorre lucido in fondo agli occhi. La tua pietà si chiama
solitudine, tua moglie sfinisce l’aria del tramonto
con il richiamo antico degli indiani.
Domani pianterai
una foresta
dove riposa
il deserto

 

 

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