Lo strazio di Maria Antonietta Pinna

Lo strazio



Immaginiamo una gabbia con un passerotto dentro. L’animale non ha le chiavi per uscire, ma vorrebbe prendere il volo. Cerca soluzioni. Inizialmente sbatte le ali e la testa contro le sbarre. Ma l’evidenza satanica della loro forza gli impedisce di vincere. Le sbarre, fredde e dure non si spaccheranno sotto il peso del suo corpo per concedergli l’agognata libertà. Il passerotto è solo. Ogni tanto presenze si agitano attorno alla gabbia, ma si guardano bene dall’aiutarlo ad uscire. Il povero uccello grida. Non è negli altri che troverà l’essenza della libertà. Appena capisce questo si calma. Smette di frullare le ali, si liscia le piume, si mette un paio di occhiali da passero, si siede e comincia a leggere. Le sbarre della gabbia non si aprono, però l’uccello viaggia e conosce cose di cui mai avrebbe sospettato l’esistenza, pagina dopo pagina, lettera dopo lettera, egli apprende che se il corpo è prigioniero perché è fortemente limitato dalla materia, dalle circostanze e sfavorevoli congiunture, la mente ha un valore superiore. Può essere libera e mai rassegnata alla prigionia. “Lo strazio” nasce in un clima di forzata reclusione in una stanza d’ospedale. Nasce per caso, per ingannare il logorante ticchettio di una sveglia dozzinale appesa alla parete. Invano vi sforzerete di trovarvi fiori, colori, immagini rievocanti felici idilli e fresche primavere, perché questa raccolta è la poesia del verme, della terra, della luna che cade, del marcio svelato, della nausea del dogma, del rifiuto del buon senso di matrice catto-borghese. Questa raccolta nasce e si esaurisce nella galoppante e pulsante visione di flash evocanti spesse negatività, oscure pulsioni, giochi psicologici di logorante e perinatale evidenza. Il passero chiude il libro, tira fuori la chiave da sotto un’ala, apre la porta e vola. La vera libertà è quella del pensiero. Un corpo in catene con una mente in catene è morto, un corpo libero con una mente in catene è morto, il corpo libero con una mente libera è libero, il corpo in catene con una mente libera, si libererà prima o poi perché la creazione nasce dal pensiero e rafforza l’ego. Il corpo è spesso esso stesso una gabbia. Soltanto la mente lucida e sicura di chi crede in sé può trovare la chiave evitando le illusioni, le false credenze, l’oro di re Mida. Ognuno di noi è la sua casa. Se questa casa non ha porta tocca a noi costruirla. 

(Maria Antonietta Pinna)





Poesia

È vivere
senza
aver mai vissuto,
è un gatto cornuto,
credere
senza
aver mai veduto,
pazienza!
È l’ala di un licaone,
è un cigno che sello,
lo sputo di un leone,
un ruggito d’agnello,
di chi si chiede
questo e quello,
perché e come,
di chi invano
si siede,
muove la mano.
È un cuore che duole,
la malattia
di chi vuole
che un altro mondo ci sia,
è una chimera
che chiama,
che parla,
è un coglione
che ciarla,
che spera,
è l’astenico volo di un lama.

 



David

Piove
su Saul malinconia,
di pensieri un’orda,
una fanghiglia lorda.
Transitiva magia,
la cetra
smuove
la sorda
pietra,
la prende,
la porta via,
non c’è corda
che David non morda,
Saul si distende,
strazia il suono
la polpa d’ogni tuono.





Il peccato originale

Belzebù
invidioso,
non di pane,
ma di frutta,
tu
mi hai reso voglioso,
meno male,
diciamola tutta,
posso voler di più?
Prima ero un nudo cretino,
ora, vestito, infelice,
che ci vado vicino,
si dice.





L’invito
 

“Soldato,
vicino
al fuoco
del camino,
cedi,
al mio gioco,
non noti?
Le biglie
delle mie pupille,
vedono in te
austere meraviglie”.

 “Dama,
per questo calore
e le scintille
mi si scioglie
il cuore”.

“Oh, se a me tieni,
soldato,
per favore,
vieni,
siedimi accanto,
averti qui
sarà un vanto”.

“Sì,
ma”.

“Ah,
titubi, soldato?
Mi dolgo”.

“Mi sciolgo
in due sensi”.

“Su, ancora ci pensi?
Un passo soltanto”.

“Lì accanto?”.

“Sì, da chi t’ ama”.

Mesta
la dama,
osserva ciò che resta
del soldato di cera
e cartapesta.





Kali

Sakti doppia,
madre dell’universo,
che in Kali
la scura
scoppia,
da un cielo terso,
alla paura,
ai mali
di un bufalo nero,
le cui carni crude,
il sangue sincero,
le ferine orme,
alimentano la polpa
flaccida
della notte rude,
abnorme,
acida.

 

 

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