Microcosmi. Mattia Cattaneo, PARTITURE DI PELLE.

Microcosmi

È una poesia costellata di simboli quella di Mattia Cattaneo, che con Partiture di pelle (Architetti delle parole, 2021), ci consegna uno struggente e interminato dialogo con la madre.
Definisco la raccolta dialogo, benché il libro non contenga una reale interlocuzione. È infatti un libro che affonda (e potrei scrivere affoga, a rimarcare il rapporto di identità fra tema e autore) nella perdita, quindi nell’impossibilità di risposte verbalizzate, ma affonda e affoga con la spinta di correnti, lungo una rotta precisa, che punta e attraversa la porta di accesso ad un mondo parallelo, che è quello del ricordo (e che, pertanto, attiene al passato), ricordo che non si limita a riaffiorare, ma si staglia dinnanzi al poeta, quale faro o colosso, comunque ipostasi (e che attiene, allora, anche al presente).
La porta alla quale alludo è richiamata dall’autore stesso, a pag. 23:

ti scrivo contro le paure
conosco il varco che riporta a me.

Nel creare questo punto d’incontro fra passato e presente (dal quale, inevitabilmente, ne risulta il futuro) seppur contrassegnato da un’atmosfera malinconica, talvolta da una tristezza non celata, Cattaneo mai ricorre a immagini esplicite, realistiche, fotogrammi che avrebbero favorito l’autore nella descrizione del dolore patito (e portato) e derivante dalla perdita, o nel racconto del ricordo, ma avrebbero condotto la silloge verso un realismo opposto a quanto l’autore ci dona in lettura.
Le poesie di Mattia germogliano in un ambiente (che possiamo definire anche “territorio”) popolato da precisi elementi, riaffioramenti dell’infanzia, ricordi ai quali il poeta riesce a sfilare lo sfondo della mera quotidianità, da cui però provengono, ed è tale processo di isolamento che determina, appunto, l’elevamento (o, se preferite, la traslazione) al mondo simbolico, dell’opera intera.

Incontriamo, per fornire degli esempi, le mani:

“ho lasciato cadere mani/nel pane delle mattine,”
“non ho che poche,/piccole,/mani”
“presa lenta/non calibrata /questa ghigliottina /di mani”

Il vento:
“ancheggia /nella sua nudità /trascinando venti brutali”
“parlami di quelle stanze /dipinte a mano /dove il vento /mi porta /l’urgenza della rugiada”

L’acqua nelle sue forme, anche quando assente, o richiamata:
“è’ sulla parte destra/del fiume/la zona vergine del silenzio,”
“ho una goletta /a riva /che mi porta / in questa cornice di parole.”
“Luoghi/che sanno/come bruciare la sete.”

I simboli sono calati in un corpus di poesie a tratti sfuggenti, rarefatte, costituite anche da versi brevi e brevissimi (ternari, quaternari), sussurri che hanno un doppio effetto nella lettura.
Come espone Maria Concetta Giorgi nella prefazione “I versi di Mattia Cattaneo sono aria che entra nei polmoni e li dilata, ci troviamo davanti a una genesi, un processo di formazione, di costruzione dell’io.”, e a seguire “La morte di una madre è la pausa, il distacco, lo stallo; per ossimoro, un’aria immobile. In molti versi, l’aria che si respira è l’abbandono, la fatica di continuare a vivere cercando sempre quella bellezza che non si può quantificare o misurare o calibrare, se non nella sfera dei sentimenti.”.
Da un lato, quindi, l’atmosfera del libro (ingrediente fondamentale la versificazione), a tratti cupa, ma pacata, restituisce l’impressione d’una respirazione agognata, perseguita e conquistata per il tramite della scrittura quale valvola liberatrice di pressioni interiori costanti, sfibranti, dall’altro controbilanciando le boccate ossigenanti col peso del vuoto e dell’immobilità.

Da pag. 21
vorrei condurti
dalle voragini della poesia
non più paese abbandonato
ma alba su un borgo
che fa piccole le stelle
spighe bionde fiammanti

chiudo gli occhi
giurando di non aprirli,
in tasca un biglietto
per dove
vuoi toglierti la tristezza di dosso.

Da pag. 27
corro tra spighe,
è così semplice il grano,
e sospendo il volo
in questa pianura
profumata dai rovi selvatici

è un travaglio
pensare di non cadere nei greppi
ma la mano della terra
d’aranceti in fiore
muta il suo corso.

Da pag. 35
loggia silenziosa
piangi
dentro al mio pianto,
il sentiero
esercita il suo mestiere:
qualcuno s’addormenta
dopo aver camminato
con bocche cucite

andai
alla ricerca di chi sono.

Da pag. 40
qui
non sono mai stato
eppure ti chiamo casa
da queste persiane
intrise
di memoria sensoriale
luoghi
che sanno
come bruciare la sete.

 

 

Mattia Cattaneo è Nato a Trescore Balneario (BG) nel 1988 e risiede a San Paolo d’Argon (BG).
Laureato in Scienze della comunicazione, lavora come assistente educatore. Collabora con Carlo Arrigoni (attore e poeta), col quale nel 2019 ha dato vita all’associazione artistico-teatrale “Architetti delle Parole”. Ha pubblicato le raccolte di poesia “Dritto al cuore” (2016), “La luna e i suoi occhi” (2017) “Tracce di me” (2018, secondo classificato Premio nazionale Polverini, sez. poesia ellittica) edite da Antologica Atelier Edizioni. “Sarò Notte o forse inverno” (2019, autopubblicazione). ““Partiture di pelle” (2021, Architetti delle parole). Romanzi: “E le stelle brillano ancora” (2018, autopubblicazione), “Dove sento il cuore” (2019, autopubblicazione). Molto attivo nella diffusione della poesia, gestisce il gruppo Facebook “Circolare Poesia”. Conduce la trasmissione radiofonica “Vento di emozioni”, dedicata alla poesia, sull’emittente Pienneradio. 

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