Miro per luca bonaguidi

Risvegliati da questo sogno di separatezza
Upaniṣad

il manto che fosti
mondo, che ci apristi
ed era promessa.
la siepe tradita
che chiedeva carezza
e restò muta e fitta.
il cancello che dorme
il cancello che resta
aperto mentre si chiude la vita.

 

da Alphabet Series / Salvezza che cade (inedito, 2012)

*

Canti che non restano

Tutto il giorno ad aspettare,
poi arriva questa poesia
precisamente quando mi accendo la sigaretta
che non è il massimo del comfort
ma ho fatto di peggio
ho scritto su biglietti del bus
mi sono appuntato versi sul telefono
molti li ho persi,
i versi non tornano
né vanno in giacenza,
per le poesie l’oblio
è rapidissimo e infame,
morte silenziosa
senza oltretomba.
Il canto spezzato
è un canto che non resta
la poesia ci presta ali
quando affondiamo le gambe
nelle strade, nei treni
boccheggiando ritrosie
a tavola, in famiglia
mentre si bestemmia
per l’ultima bolletta.
(ciò che è certo è che
con la poesia non si pagano le bollette,
si paga un dazio alla coscienza
che si lascia porre a margine
di un testo implicito.)
Quando manca il verso finale
talvolta si fa un silenzio terribile
e restiamo disarmati e senza meta
contemplando la fossa vilipesa
nell’attesa postuma di un critico benevolo
che attesti l’eleganza
del nostro verso più forzoso,
il meno sincero,
quel che di noi non resta
questione di apparenza
e di poesia resta una parvenza,
i canti migliori strozzati
come canarini tra le dita.

da Poeta perché tutti suonavano già la chitarra (inedito, 2015)

*

Mi piacerebbe poter scrivere una poesia
ogni volta che ho qualcosa da dire,
anche per ordinare un gelato,
indicare la strada a un passante,
chiamare mia mamma dal primo piano,
ma lo faccio solo quando dico
qualcosa a me stesso
che poi e un altro
che non conosce poesia
e ama l’inganno.

da India – Complice il silenzio (in pubblicazione per i tipi di Italic Pequod)

*

Il silenzio è una necessità

alle vittime della tragedia aerea di Seyene-Les-Alpes

A proclamarmi questo non fu Zeus, né la compagna degl’Inferi, Dice, fissò mai leggi simili fra gli uomini. Né davo
tanta forza ai tuoi decreti, che un mortale potesse trasgredire leggi non scritte, e innate, degli dèi. Non sono d’oggi, non
di ieri, vivono sempre, nessuno sa quando comparvero né di dove.
Sofocle, ‘Antigone’

La scatola nera è un profeta livido
che dispiega la natura della tragedia
senza scalfire la domanda ultima
che s’impone a ogni coscienza.
Ne stanno parlando tutti.
I giornalisti assaltano ogni notizia,
gli spettatori di una tragedia
ne diventano la quintessenza
dall’Antigone a un volo infausto,
se non riusciamo a tacere è perché
i confini di ogni esistenza non sono dati
entro un corpo ma si diffondono
nell’etere che accoglie il tuono.

“I passeggeri hanno capito solo alla fine”

Che cosa?

Ogni tragedia divide il mondo
tra chi la vive e chi la osserva,
nessuna possibilità di eliminare
le distanze date agli opposti poli.
Secoli di pensiero osservano impotenti:
la psicologia è l’orpello di chi crede
che le circostanze siano sempre verificabili,
la poesia accoglie ogni atto senza giudicarlo
ci avverte della spada di Damocle che forgia
ogni vuoto di senso che offende,
ma non è data per condannarlo.
Il silenzio è una necessità,
talvolta una resa senza condizioni.

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