Norma Trogu, sensibilità primigenia e incontaminata

Norma Trogu

Incasellare la pittura e la poetica della pittrice italo-argentina Norma Trogu in una rigida classificazione di genere risulta impossibile. Capi-ta sovente per gli artisti di razza. Nel caso della Trogu questa impos-sibilità non nasce solo da un pen-nello che riflette la libertà intellet-tuale dell‟artista, la sua insofferenza verso canoni pittorici “alla moda” o de-vitalizzati dal tempo. I quadri della sudamericana sfuggono ad ogni banale catalogazione perché riescono a rendere tutta la ricchezza del mondo interiore dell‟autrice, la sua complessità; lo stile è quindi inclassificabile, inafferrabile come l‟animo umano, pur essendo riconoscibile in ogni sua opera come frutto della stessa, sensibile mano. La Trogu ha saputo rendere la sua matrice naive permeabile ai sogni infantili di Chagall, alla luce del periodo primitivista di Gauguin, al significato del gioco istintivo di Dubuffet, ai temi dei muralisti messicani, rappresentando una vastissima gamma di sentimenti e pulsioni uma-ne, spesso autobiografiche. La morbidezza delle linee, i toni caldi della sua ta-volozza nascondono un vigore comunicativo fuori dal comune, configurando una sorta di potenza espressiva trattenuta – ma nitida – che per esprimersi ha scelto la via della delicatezza. Il duro apprendistato, speso nelle botteghe di “nomi” della pittura argentina – Capparelli, Kantemiroff, Crende, Bruzzone, Nasi, per citarne solo alcuni – le ha fornito gli strumenti per liberare artistica-mente lo stupore tipico del bambino al cospetto del mondo e di se stesso. Reali-smo magico? Alcuni l‟hanno inserita, non a torto, in questo grande filone cultu-rale sudamericano. È comunque grazie al bambino che coltiva in sé che la pittri-ce si concede licenze tecniche e formali, e osa fantasiose, ludiche diversioni dalla tradizione. È il tratto distintivo della sua arte, ne testimonia contemporane-amente la sua autenticità e maturità. La pittura della Trogu è la Trogu stessa, e i personaggi che ritrae sembrano dirci che il senso comune dell‟essere adulti è solo una convenzione sociale. L‟apparente – raffinatissima – ingenuità formale non contraddice ma rafforza la profondità con cui la pittrice indaga quel territorio dove il sé e la realtà oggettiva si incontrano, modificandosi a vicenda. Gioie e turbamenti, amore romantico e eros, piccole scene di vita casalinga, città e campagna, emarginazione sociale, la Sarde-gna dei suoi avi così come la sua Argentina – tutto viene interpretato affidandosi consapevolmente alla capacità di percezione del sentimento, attribuendogli evidentemente la stessa lucidità, la stessa cittadinanza che nell‟era moderna è assegnata alla razionalità illuminista. La ricerca di una sensi-bilità primigenia e incontaminata fa sì che la pensosa malin-conia di alcuni autoritratti sia priva dell‟oscurità della depressione, che la gioia sia mon-data dal parossismo dell‟euforia, che l‟amore, anche quello carnale, non conosca mali-zia né pruderie, che il sentimento di meraviglia per la natura coincida con quello con cui si osserva un paesaggio urbano. In molte sue opere il mondo reale viene restituito sotto forma di paesaggio oni-rico, ignorando Euclide e la legge di gravità perché tutto è possibile: i suoi interni domestici dagli spazi deformati, i corpi fluttuanti nell‟aria, gli oggetti minimi con tutto il loro carico simbolico intimo, privato, ne costituiscono un esempio. Abitare le stanze dell‟artista di Mar del Plata significa abitare i suoi stati d‟animo, i desideri che custodisce e che svela sulla tela – dove spesso affianca l‟uso del collage e del patchwork alla pittura. L‟arte di Nor-ma Trogu è il risultato di un paziente ascolto delle proprie istintive risonanze interiori, metabolizzate e dipinte con grande mestiere in forma di fiaba adul-ta. Accostarsi alla sua produzione pittorica richiede il medesimo sguardo sulle cose del-la vita, la stessa capacità di ascolto e di riscatto della propria umanità, una capacità che questa nipote di emigranti ha appreso con la fatica, l‟amore e la dedizione per il proprio lavoro. (Napoli, un giorno di Marzo dei primi del duemila. La primavera è in gestazione)

(l’EstroVerso Marzo – Aprile 2012)

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