Vicent Van Gogh, Notte stellata
Vicent Van Gogh, Notte stellata sul Rodano



Nel VI secolo avanti Cristo, i cittadini delle polis greche si trovarono per la prima volta nella posizione di potersi interessare della politica cittadina, fino a deciderne gli esiti. L’arricchimento materiale e la caduta dei tiranni, imponevano ai cittadini l’esigenza di prendere parte a quelle scelte governative che influenzavano le loro stesse fortune. Nasce da qui, per sommi capi, la democrazia. Usando un termine assai diffuso per descrivere le nostre città contemporanee, anche la Grecia divenne sede di piccole regioni cosmopolite, all’interno delle quali uomini e donne, purché non schiavi, potevano girare liberamente. Le campagne iniziarono a svuotarsi e le aristocrazie, impreparate, dovettero far fronte a piccole masse di cittadini desiderosi di far politica e di fornirsi di adeguata cultura. Fu così che, si dice, lungi dal voler risolvere i grandi quesiti dell’umanità, si presentarono i primi sofisti. Alla comparsa di questi uomini in grado di dare, dietro pagamento, basi culturali di un certo spessore (per il tempo), gli aristocratici reagirono con rabbia, consapevoli che l’ignoranza era stata per secoli una delle fonti della loro (aristocratica) forza. A questa schermaglia si affiancarono le antipatie che filosofi come Socrate, Platone, Aristotele e altri, nutrivano per quelle nuove figure che non rispettavano le linee teoriche e di costume fino ad allora tenute e spacciavano, soprattutto, falsa sapienza, falsa conoscenza, essendo sostanzialmente non in grado di cogliere il «che cos’è?» di ciò di cui parlavano, tanto caro a Socrate. L’odio che filosofi e aristocratici nutrirono era sostanzialmente di origine diversa. Gli aristocratici li odiavano non solo perché diffondevano conoscenza e insegnavano l’arte oratoria, ma soprattutto perché propagandavano la democrazia e si dichiaravano avversari (Protagora) del diritto assoluto del più forte. I filosofi, forse, confondevano quei professori dell’antichità, con quei filosofi che, etimologicamente, essi non erano. O almeno non nel modo in cui essi (Socrate e compagnia) intendevano. Certo, su queste premesse, quel termine “sofista”, da sophòs (saggio), era un po’ pretenzioso; ma cosa ci possiamo fare? Noi, oggi, saremmo ben felici di accogliere questi sofisti e le loro problematiche. Accoglieremmo volentieri anche Socrate, Platone, Parmenide, Senofane, ecc., e ascolteremmo volentieri cos’hanno da dirci sulla situazione odierna. Invece ci ritroviamo in una società che avanza in direzione contraria, con una democrazia di cui è risparmiato solo il nome, con uomini e donne che non si pongono mai una volta i sacri interrogativi della vita, disprezzano i loro professori e l’istruzione, dichiarando apertamente il loro poco amore al partecipare.

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