Edvard Munch
Edvard Munch

La legge non ammette ignoranza. Eppure si contraddice da sola. In Italia, infatti, si è creato, negli ultimi quattordici anni, un polverone giudiziario legato alle cure tumorali. Ciò che ha interessato questi processi sulla salute dei cittadini non riguarda solo il diritto a ricevere una cura, ma, anche, il diritto a essere sostenuti economicamente per essa. Utilizzare una parola come “business” vicino a una parola come “tumori”, può apparire inopportuno solo a chi non si è mai informato sui rimborsi che lo stato paga alle grandi case farmaceutiche per i medicinali antitumorali. A parlare di cure alternative a quelle legalmente riconosciute e ritenute standard, ci si sente sprofondare in una diatriba sterminata senza confini dialettici e morali, dove l’inganno è sempre dietro l’angolo. Quando poi si tocca l’argomento soldi, ecco che anche alcuni magistrati, politici, capitalisti e medici perdono ogni contegno. Partendo dal presupposto che ciò che importa non è la cura adottata, piuttosto che funzioni, oggigiorno le cure tumorali discusse nel mondo sono molte, ma quelle riconosciute in Italia e dal blocco dei colossi farmaceutici sono esclusivamente: chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Secondo uno studio australiano (Morgan G.) terminato nel 2004 e iniziato nel 1990, prendendo in esame quasi 230.000 casi di pazienti affetti da tumori negli stati degli USA e nell’Australia, solo il 2% di coloro che si sono sottoposti a cure chemioterapiche sono sopravvissuti fino a 5 anni dall’inizio del trattamento. Cosa significa nello specifico? Significa che 2 pazienti su 100 riescono a sopravvivere più di 5 anni alla chemioterapia. I farmaci chemioterapici hanno, infatti, tra le varie controindicazioni, quella di distruggere il sistema immunitario e causare (senza alcun condizionale) lo sviluppo di nuovi tumori. Ma la raccolta di statistiche ufficiali è un’impresa che sfiora l’impossibile, perché, come denunciato da molti medici fuori dal coro, i dati vengono volontariamente integrati male, di modo da mostrare risultati al pubblico migliori di quelli reali. Ma siamo sicuri che non ci sia un’alternativa? Alcuni medici italiani, tutt’oggi, si ostinano a prescrivere la cura Di Bella. Bisogna sottolineare proprio il fatto che si ostinino, perché se consideriamo che le multinazionali del farmaco, i media e i ministeri della salute, hanno demonizzato le cure “alternative” tra cui la Di Bella, questi medici (in regola come tutti gli altri) devono esserne proprio convinti per metterci la faccia. Nel 1998, il Ministero della Salute fece partire una sperimentazione in grande stile, coinvolgendo 51 ospedali ma escludendo il dott. Di Bella. La cura fu dichiarata fallimentare. Poco dopo, però, il procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello, aprì un’indagine in seguito a denunce su irregolarità nella sperimentazione presso gli 8 centri piemontesi, con la prospettiva che l’indagine si allargasse a macchia d’olio. L’ipotesi di reato fu “somministrazione di medicinali guasti o imperfetti”. Il Metodo Di Bella è stato quindi messo alla berlina. Alcune centinaia di medici però, sembra che abbiano continuato a prescriverlo caso per caso, nonostante esso sia stato bandito. Nel frattempo, i casi di malati affetti da cancro guariti, o le cui condizioni di salute sono decisamente migliorate, grazie alla terapia Di Bella, si sono moltiplicati, benché questa non sembri proprio immune ai fallimenti. È recente il caso, per dirne uno, di Barbara Bartorelli, 40enne imprenditrice bolognese, guarita totalmente dal “linfoma di Hodgkin” grazie al metodo Di Bella. Ironia della sorte, l’Ausl ha vinto il ricorso contro la donna, sostenendo che dev’essere l’imprenditrice a pagarsi le cure ricevute dato che nonostante esse abbiano funzionato perfettamente, solo chirurgia, radioterapia e chemioterapia sono riconosciute dalla legge italiana come terapie ufficiali per la lotta al cancro e quindi sovvenzionate. In breve, Barbara Bartorelli si sarebbe dovuta curare con i metodi ufficiali, sarebbe morta (come previsto nel suo caso, dato che la chemioterapia a cui fu sottoposta non ebbe effetti positivi), ma avrebbe avuto il rimborso. Se mai dovesse accadervi di ammalarvi di questa tremenda malattia, forse sarebbe il caso, prima di darsi ciecamente a un ospedale, o a un presunto guaritore, o a un rinomato chirurgo, o a chiunque altro, di informarsi per bene, perché si sa che la legge, la morte e le case farmaceutiche hanno una cosa in comune: non ammettono ignoranza.  Buonanotte.  

 

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