Rik
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Missioni di pace o corse al massacro? È questo l’interrogativo che accompagna le riflessioni sull’impegno militare italiano all’estero. Al di là di qualsiasi ideologia politica, appare quanto meno futile la bipartizione tra interventisti e neutrali, e questo perché quando si gioca con la vita dei propri ragazzi la politica conta poco, se non nulla. È di queste ultime settimane la denuncia di un caporal maggiore dell’esercito ammalatosi di tumore dopo la sua partecipazione alla missione di pace in Iraq. In realtà dal 2007 a oggi i casi si sono moltiplicati spaventosamente palesando, tra l’altro, un’allarmante discordanza tra i dati numerici a seconda delle fonti. Secondo il Ministero della Difesa, infatti, dalla fine del 2007 a oggi le morti riconducibili all’uranio impoverito sarebbero 77 su 312 militari ammalati, ma l’Osservatorio Militare attesta invece dati più drammatici con 2500 malati e 170 morti dagli anni ’90 al 2012. A tal proposito rinviamo ad una lettura particolarmente interessante, l’inchiesta “L’Italia chiamò”, realizzata da Leonardo Brogioni, Angelo Miotto e Matteo Scanni (libro e dvd, Edizioni Ambiente 2009), opera multimediale che riassume le testimonianze di quattro militari italiani che hanno prestato servizio in Bosnia, Kosovo e Iraq. Allegato all’inchiesta è anche un video, girato dai soldati, che mostra le procedure standard utilizzate in Kosovo durante la cosiddetta “Operazione Vulcano”, una bonifica effettuata nel 1996. I soldati seppelliscono dentro una buca scavata nel suolo le armi e le munizioni lasciate dall’esercito americano e dagli alleati e poi le fanno brillare. La nuvola radioattiva che si alza in cielo li ricopre come un manto di morte e va da sé che i ragazzi non erano protetti né da tute né da maschere anti gas. Dei 14 elementi che componevano la squadra, otto si ammalano, due muoiono e altri due mettono al mondo figli con gravi malformazioni genetiche. Se è vero che i soldati, come veri Fratelli d’Italia si dichiarano pronti alla morte, crediamo che l’Italia, dal canto suo, tacendo o assottigliando e falsificando dati tanto tragici, si dimostri una volta ancora indegna dei suoi figli.

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