Essere dipinta immagine figura romanzata
sogno d’ombra oppure idea
manca di senso? Un fatto è un fatto disse
una domenica di sole e si gonfiava il banco
ai libri, alle sue storie. Cosa dovrei farne
di questa visione se il passato istante
ormai è irreale? Sine fatto sine vita

io realizzo cose da nulla
e flutti e nubi e tu? Dove sei? Nel desiderio
essente o inarrivabile alla supposizione
se non dal canto? Vivo innominata

e mi domando che tortura è questa
se tu fosti carne et ora et ora et ora
io vedo, mio invisibile mio amico, ti vedo
consumare i venti e brandire gli astri

e due s’incontrano sorridono s’abbracciano.

*

Poi saremmo stati vene d’aria
le selci che s’incontrano a filo
d’ombra e fragili d’inizio forse
l’occhio avremmo
avuto rosso per la luce d’una
rosa stupida bellissima
noi saremmo stati più nascosti.

*

Io che declino ombre nei silenzi, io
in preda alle putredini ma viva,
dovrei parlarti dei detriti in dentro a un’esistenza?
O di ventri fracassati da paure avite o di morti
come cicatrici sveglie?

Fui una gomma di città quando crescere
significava opporsi
e trattenere giorno e notte. Rimanere.
Vuoi sollevare questa gonna? Guarda,
nella moltitudine d’illogico
ripassa le sue audacie
un’ora tolta al vecchio sole, tutt’articolata
sbuca al punto esatto in cui la piega d’anca
si risolve in un grandangolo imbiancato

e come appaiono deformi le pareti
a un piombo già daltonico per indole
acquisita poi negata, assimilata
ripetendo i pesi d’una vita!

Pure questo danno sfilerà sul divenire. 

Piet Mondrian, Bosco presso Oele, 1908.

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