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La raccolta di Quasimodo – che ha visto la luce in una prima edizione nel 1946 con il titolo Con il piede straniero sopra il cuore e poi nella nota edizione Mondadori del 1947 sotto il titolo Giorno dopo giorno – è di peculiare rilevanza, ciò è dovuto non solo perché il poeta si avvicina ad una scrittura meno ermetica e quindi più civile e impegnata. La voce dell’autore qui si fa più trasparente, cede alla limpidezza del verso, scrive di morte – la morte violenta della Seconda Guerra Mondiale – per parlare di vita. Ed è in questa direzione che è possibile riscoprire il senso del sacro, uno dei vari argomenti sottointesi nei suoi versi, un senso marcato sia dalla poesia iniziale sia da quella finale dove riconosciamo rispettivamente i richiami biblici al Salmo 136 e al capitolo 4 del libro della Genesi. Quindi se inizio e fine (della raccolta poetica) restituiscono un significato sacro, è sacro pure ciò che sta nel mezzo, la vita, gli attimi, la contemplazione, l’attesa di qualcosa. Il sacro si accompagna al tempo, che appartiene non solo al momento storico, ma un tempo ravvicinato e quotidiano. Occorrerebbe qui ricordare il passo del Qohélet dove leggiamo che esiste un tempo per ogni cosa, dove con lucida coscienza Salomone scrive “C’è […] un tempo per la guerra e un tempo per la pace.” Con questa raccolta Quasimodo scandisce il tempo della guerra, ma anche il momento più prossimo alla pace, quello in cui si passa dal rumore del conflitto al silenzio della solitudine e porta con sé la testimonianza di quanto accaduto ‘giorno dopo giorno’. Al linguaggio “rigoroso, aristocratico, introverso” (Gilberto Finzi) della raccolte precedenti, qui l’atteggiamento del poeta ragusano si fa più sensibile verso il dolore degli uomini.

Il silenzio è motivato dalla presenza del “piede straniero sopra il cuore” per cui i poeti come lui lasciarono le cetre appese “alle fronde dei salici”. Eppure, nonostante la voce muta, il poeta affina la comprensibilità del suo dire cercando il dialogo e la speranza. La raccolta è disseminata di temi, parole-chiave e simboli che si fondono in immagini capaci di fondere nella sua poetica la consapevole tristezza degli eventi. Il tema della morte ricorre in quasi tutte le poesie ed è declinata con esiti toccanti, per es. in ‘Neve’ in cui il biancore invernale sembra evocare la neve che copre le lapidi dei morti, in ‘Giorno dopo giorno’ dove l’autore afferma che “Con noi la morte ha più volte giocato” tanto da aver alzato tombe in riva al mare o nei campi, in ‘Scritto forse su una tomba’, dove non viene espressamente citata se non come probabile epitaffio su una tomba.

La distanza dalla propria terra e la memoria – intrise queste di profonda nostalgia – vengono evocate attraverso la contemplazione, come in ‘O miei dolci animali’ e ‘A me pellegrino’, dove le parole affondano in descrizioni impressionanti, oppure in ‘S’ode ancora il mare’, poesia dalle forti tonalità suggestive. In particolare la memoria del poeta si accompagna quasi sempre all’eco di una voce che non c’è più, voce ormai già traghettata da Caronte “nella notte con fiaccole di zolfo” (Il traghetto), notte mortale dove “varca l’Ade il tuo piede silenzioso”. La perdita quindi è un altro dei temi che contraddistingue l’opera. Ma il messaggio più deciso nella raccolta, ossia l’appello alla fratellanza, è contenuto nella poesia finale ‘Uomo del mio tempo’, in cui la parola-chiave ‘sangue’ segna un forte richiamo ad un antico fratricidio, quella di Caino verso Abele, per cui sull’esempio di questo omicidio originario il poeta esorta l’umanità a dimenticare “le nuvole di sangue / salite dalla terra”.

  

* Il presente articolo, di fianco nella versione in lingua greca, inedito nella versione italiana, è stato pubblicato sulla Rivista Letteraria Kουκουτσι, Eξαμηνιαίo περιοδικo περιποιησης, periodico semestrale, volume 7 (inverno-primavera 2012-2013) come nota introduttiva alle poesie di Salvatore Quasimodo apparse sulla stessa. La traduzione in lingua greca (sia dell’articolo che delle poesie tratte da Giorno dopo giorno) è avvenuta grazie al poeta e traduttore Χρίστος Κρεμνιώτης (Christos Kremniotis).

 

 

 

 

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