cop maurizio giudice su l'estroverso

 

inedito

La varianza è uno scostamento dalla media, uno scarto.
Uno scarto tra linguaggio ed esperienza, tra normalità e devianza.
Una marginalità dal sistema produttivo, un fuori dall’ordine sociale del lavoro.
Una separazione della psiche disfunzionale dal mondo, dalle sue linee d’ingresso.
Una differenza nella scrittura in traduzione: una genetica della distanza.
Una periferia che non si fa centro, ma che ne è definita, attratta, in tensione.
Una tensione che, rotta, non ha più nomi, identità precise, ma deserto.

Sei poesie scelte da Varianze, Giuliano Ladolfi Editore, 2015

PERMANENZA

Non alle cose che verranno,
ma alla custodia di queste, al pane
mangiato in fretta, ai tuoi occhi vuoti
mentre parliamo d’altro.

*

Così che il silenzio non basta,
bisogna raccontarlo, indicarvelo
col dito − un rumore
ininterrotto,
fermarsi: ecco.

*

Fossi nel pianto, nel rovescio della medaglia, nel disordine.
Fossi nel punto cieco degli occhi, nei numeri divisi, moltiplicati.

Fossi nelle finestre aperte su cortili sbagliati. Fossi varianza, polimetria.
Fossi plurale, incerto, tradotto. Fossi piega della mano.

Altro e identico.

*

Abbiamo attraversato vent’anni,
ma non sono serviti a renderci familiari.

Che il dolore non fosse una moneta di scambio
non ci è mai venuto in mente.

*

Le dita non trovano la strada, sono trasparenti
le costole, il ventre. Le dita non trovano più la strada
che le tue gambe, come un orologio,
segnavano così bene.

*

Il deserto avanza: nella rubrica telefonica
i numeri hanno cambiato di posto,
non trovo più le facce, i luoghi, le date.
Il deserto sale, ripara le pieghe dei nostri passaggi.

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