Andromeda di Renato Fiorito. Dalla nascita, storia e mistero dell’universo narrati in versi.

Andromeda, accogliendo le conoscenze scientifiche maturate negli ultimi anni, racconta in poesia la storia dell’universo, la nascita delle stelle, l’espandersi dello spazio e il mistero che ci circonda. In questa immensità senza tempo la terra è pulviscolo irrilevante che, tuttavia, ha il privilegio di ospitare la vita e consentire all’uomo di guardare, analizzare, comprendere le leggi che regolano i moti celesti e porsi domande sull’eterno e l’infinito.
Questo contrasto tra la piccolezza dell’uomo e i sogni che coltiva è il filo conduttore del poema. In questa sfida c’è la sua infelicità e la sua grandezza. Comprendere le leggi che muovono i cieli è condividere il sapere di Dio e, in questo senso, avvicinare, come in una sorta di transustanziazione laica, la natura umana a quella divina. Per questo la ricerca di Dio non è separata dalla ricerca della verità. Scienza e religione, ateismo e religione e religioni tra loro sono parte di un’unica ricerca: percorsi diversi, ancorché imperfetti e limitati, per indagare il mistero.
Così vengono poste le domande fondamentali sull’esistenza, sul suo significato, sulla sua limitatezza. Religione, filosofia e storia si intrecciano senza contraddirsi. L’opposizione tra l’eterno fluire di Eraclito e l’eterno permanere di Parmenide trova nell’opera personale espressione poetica. In particolare l’idea che nulla passi mai davvero porta a considerare ogni attimo come eterno e l’eternità come coesistenza di infiniti attimi.
In una sorta di misticismo laico, ogni azione e parola, scolpita nella immobilità del tempo è dunque per sempre ed è misura della nostra salvezza o della nostra condanna. La vicenda del singolo non è solo parte della storia universale ma ha la sua stessa valenza, poiché un solo uomo vale quanto tutti gli uomini e della sua storia è impastato l’intero l’universo. Cioè, come in una matrioska, dentro la storia dell’universo c’è quella della terra e dentro di questa, la storia della vita, e ancora più dentro la storia dell’umanità e di ogni singolo uomo con i suoi amori e le sue tragedie, dove ognuna spiega l’altra e dall’altra trae la sua ragione. 

stralci da “Andromeda” di Renato Fiorito, Giuliano Ladolfi Editore, 2017

 

Sul limitare del cielo,
io, scintilla di un attimo
canto l’infinito.
Guardo l’eterno
e prima di essere cenere
misuro da questo
la mia grandezza
e la mia miseria.
Infinite galassie,
origine e fine della creazione,
dimorano nella mente.
Intuisco mondi paralleli
di cui non so nulla.
Vedo la fatica dei padri,
le lotte e le sconfitte,
e so che tutto è avvenuto
perché io esistessi.
Assumo come mio
quello che altri hanno conquistato,
le strade tracciate percorro
per comprendere l’incomprensibile
e so che nessun credo contraddice gli altri
ma tutti procedono
sull’irta strada della verità.
Guardo un albero e immagino la foresta
vedo una stella e ne penso milioni.
So che ogni cosa
è equilibrio tra energia e gravità.
Eterna è l’energia,
siamo parte della sua forza
e per essa siamo divini.
Non inganni la morte.
Appartiene anch’essa alla vita
come vi appartiene la nascita e l’amore
ed è dunque ugualmente sacra.
E vi appartiene l’amicizia tra gli uomini
e quella degli uomini col creato,
e ogni uccello e pianta
e seme e creatura che vive sulla terra.
Eccezionale, irragionevole presenza
nell’universo silenzioso e deserto.
Noi che guardiamo il cielo,
noi siamo cielo,
brillanti di un solo attimo.

Alto, nelle notti d’autunno,
nel cielo boreale tra Perseo e Pegaso
a nord ovest della stella Mirach,
brilla il fuso luminoso di Andromeda,
ammasso denso di stelle
due volte più lucente di Omega Centauri.
Tre miliardi di anni luce
segnano la distanza da un bilione di stelle,
sconfinata nebulosa dai filamenti d’oro
in cui altri sistemi si muovono.
Luce di candela, tenue nube
disegnata sul fondale delle nostre vite,
testimone di universi sconfinati
che corrono verso di noi
a velocità inaudita.
Ci scontreremo alla fine
in un vorticare di stelle,
e dall’immane tragedia
nascerà una nuova galassia.
Via Lattea e Andromeda danzeranno
nell’ultimo vorticoso abbraccio,
e si fonderanno nello spazio infinito.
Ai margini del sistema un sole moribondo
ingoierà la terra in un’enorme fornace
ma nessuno più ci sarà
a chiedersi il senso di tutto questo.

Andromeda, col suo corteo nuziale
cosparge di stelle l’universo.
Se non vedessimo il suo impasto di luce
diremmo che non esiste.
Invece è lì in fondo al cielo
a ricordarci da spazi siderali
la sua bellezza.
Tra miliardi di stelle, altri mondi
sono aggrappati alla volta,
quinte di teatro per la nostra commedia,
realtà irraggiungibili alle nostre domande
a cui manca sempre l’ultima risposta
che ci inchiodi alla terra
o ci renda immortali.

Come facesti Giordano a capire? Come facesti?
E perché non volesti barattare il rogo con la verità?
Non è uno l’universo, non uno il sole,
né esiste un centro
in cui immobile marcisce la terra.
Non può esserci centro nello spazio infinito.
Innumerevoli sono gli universi
né possono essere misurati,
meno che mai dal pregiudizio umano
che uccide la ragione.

Partiremo con la valigia vuota
dei tanti “no” per fare posto ad altro,
ma a quale altro non è dato sapere.
Non porteremo con noi troppi malanni,
né monete di rame per comprare
Nulla ci serve che non abbiamo avuto.
Trasmigreremo tranquilli in altra vita
senza più consistenza né progetti.
Anime indistinte, solo aria,
azzurro nell’azzurro senza tempo.
La sola cosa che ci farà diversi
è ciò che abbiamo fatto nella vita.
Porteremo il passato sulle ali
un colore, un alito di vento,
una catena dunque, un rammentare.
Se amore fu, amore sia in eterno
Se fu odio, odio conserveremo.
Nessun inferno. Nessuna costrizione.
Solo il ricordo. È questa la condanna.
Portarsi dietro il male in mezzo al cielo
e niente più da fare per cambiarlo.

 

 

ph EF-Studio

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