#1Libroin5W:. “Favole perdute”, di Venerando Gangi, Lucia Pirrello, Matteo Calanna. Illustrazioni di Maryelena Grasso, ALGRA.

Sembra che ogni terra abbia il proprio favolista, che non diletta soltanto ma ammonisce poeticamente con l’arma che più gli si addice: la parola. Esopo, Fedro, La Fontaine… L’antica Grecia, la Roma augustea, la Francia del Re Sole. Questi autori, pur lontani nel tempo e nello spazio, si sono raccontati vicendevolmente di scaltre volpi, agnelli indifesi e lupi cattivi. Ad ascoltarli c’era pure l’acese Venerando Gangi, il quale ha dato nuovo lustro ad alcune storie e, di sua inventiva, ne ha create altre, rivestendole tutte – le classiche e le inedite – di una nuova patina, che è quella del dialetto della Sicilia orientale del XVIII secolo. “Un Poeta favulista / lu gran fruttu menti a vista…”.

(dalla prefazione di Antonio Di Mauro)

Chi?
Favole perdute, così come tutte le raccolte di favole che si rispettino, è una narrazione corale. Tuttavia, nel nostro caso sicuramente spicca protagonista Venerando Gangi, sacerdote, scultore e favolista vissuto ad Acireale (in provincia di Catania) tra metà ‘700 e inizio ‘800. Sua è la produzione di queste particolarissime favole in poesia e dialetto siciliano, da noi riproposte con testo a fronte in italiano e impreziosite dalle illustrazioni di Maryelena Grasso che, suggestionata da alcuni personaggi e scenari, ha riproposto al lettore, con i disegni, un immaginario essenziale ed evocativo al tempo stesso (e anche la copertina è stata lavorata da Maryelena). All’interno di questi testi si muovono tutti gli altri protagonisti: cani, gatti, lupi, cavalli, asini, rane, volpi e galline, uomini adulti e ragazzini ma anche oggetti animati e inanimati, per un crogiolo brulicante di tipi e caratteri dietro cui si nasconde, ovviamente, l’uomo in tutte le sue multiformi qualità (e difetti).

Cosa?
Le tematiche che si muovono all’interno delle favole sono le più diverse e trattano, trascendendo spazio e tempo, i vizi e le virtù dell’uomo attraverso i suoi bizzarri protagonisti, rendendo queste narrazioni sempre attuali. Così in Gangi troviamo lo sciocco (come il personaggio dell’asino) che viene puntualmente gabbato per la sua stupidità, o chi viene colpito per la sua tracotanza (come il pavone, il gufo o il ragazzino ammonito dalla Disgrazia), o ancora chi, con abilità e furbizia, riesce a vincere l’altro (vedasi la volpe o la simpatica favola con Pulcinella). È l’affresco dei molti temi, sempre diversi ma sempre attuali, che rende così affascinante quanto scritto ormai più di due secoli fa da Venerando Gangi, offrendo una lettura appetibile sia per chi apprezza la tradizione favolistica (e siciliana, nello specifico) sia per chi per la prima volta, e a qualsiasi età, vi si approccia.

Quando?
Ci piace raccontare questo aneddoto sul quando è nato il nostro libro: era un pomeriggio di agosto del 2021 e Lucia stava facendo ricerche bibliografiche per scrivere la sua tesi di magistrale (in particolar modo il capitolo dedicato alla tradizione del personaggio di Giufà). È in quel momento che trova un testo di Venerando Gangi digitalizzato che raccoglieva delle storielle su Giufà. Incuriosita si mette a cercare l’autore e, dopo aver scoperto che era di Acireale, non ha potuto che interpellare Matteo, che vi abita… E da lì inizia una ricerca che si è presto trasformata nella volontà di pubblicare le sue Favole in versi (anche perché ci sembrava ingiusto che Venerando, con il suo e nostro dialetto, con quei versi e quei personaggi, venisse dimenticato).

Dove?
Letteralmente, nella mansarda e nella stanza di due case diverse in due diversi paesini di provincia (Militello e Pennisi); metaforicamente, nella nostra mente affamata di storie, favole, fiabe e tradizione orale. Infatti Gangi è stato la sintesi di cui avevamo bisogno in quel momento per metterci all’opera su una di quelle cose che fosse vicino a noi, di cui ci interessavamo nella teoria dei discorsi. Leggendo le favole è inevitabile non vedere quel filo che parte da Esopo, passa da Fedro, accompagna La Fontaine e giunge fino ad Acireale, ed era altrettanto inevitabile non dar voce alla voce di una terra, di un autore che non è stato solo un abilissimo traduttore dalle lingue “nobili” al suo dialetto, ma anche abile inventore di nuove favole, di nuovi personaggi e di nuovi alterchi utili a svelare un qualche tipo di morale. Riprendendo i luoghi classici della tradizione, passando dall’ambiente contadino alle campagne assolate, dalle vie di paese ai mercati e alle case nobiliari, è inoltre possibile scorgere quegli stessi luoghi che in fondo lo stesso Gangi poteva intravedere passeggiando per le strade di Acireale e osservando i molteplici tipi rappresentati da chi ogni giorno percorreva quei luoghi poi impressi dal favolista su carta.

Perché?
A questa domanda ci piace rispondere citando la Convenzione UNESCO del 17-10-2023 in cui si trovano le seguenti parole “il patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è ricreato continuamente dalle comunità in funzione del loro ambiente, dell’interazione con la natura e con la storia, procurando un sentimento di identità e continuità, e contribuisce a promuovere il rispetto per la diversità culturale e della creatività umana”. Il nostro lavoro è stato sostanzialmente questo. Come gli etnologi di fine ‘800, che smettevano di cercare nelle terre esotiche “strane curiosità” iniziando ad osservare nelle loro stesse terre qualcosa di così vicino a loro ma anche così lontano e a tratti dimenticato, noi abbiamo deciso di rispolverare qualcosa che ci era capitata tra le mani, che sentiva la necessità di non essere dimenticata, che fungesse da memento per il “da dove veniamo” e da guida per il “dove andiamo”.

Tornando all’Autore, è il Gangi scultore (non solo del marmo – infatti l’introduzione ha il titolo di “Venerando Gangi. Il plastico della favola”) di parole che vogliamo ricordare in questa raccolta, che rammentiamo essere una forma di antologia, ma non nel senso de “i migliori testi” ma intimamente intesa come “i testi inediti della tradizione favolistica”. Infatti la raccolta anastatica del 1855 pubblicata per c.u.e.c.m. nel 1988 con la curatela di Alfonso Sciacca (alla quale noi abbiamo fatto fede per la maggiore insieme ad una consultazione dei manoscritti dello stesso Gangi) comprende circa 90 favole. Il nostro lavoro, oltre ad aver riguardato la traduzione, è stato quello di scegliere i testi di cui non trovavamo rimandi o referenze in una tradizione precedente, motivo per cui il titolo stesso del nostro lavoro, “Favole perdute di Venerando Gangi”, strizza l’occhio a questa caratteristica inedita dei testi o, per meglio dire, originalità degli stessi. Ma qualche lettore ci dirà “eh, ma la favola Zizima mi ricorda qualcosa che ho già letto”… Sì, caro lettore, facciamo un mea culpa e ti sveliamo una cosa: alcune favole, anche se non originali del Gangi per l’essenza stessa della storia, abbiamo deciso di riportarle per la bellezza degli elementi nuovi che il Nostro ha deciso di aggiungere… Adesso tocca a te scoprire chi si cela dietro al personaggio di Zizima.


Scelte per voi

Lu sceccu, e lu sciumi
Passava un sciumi trubulu
Un Sceccu carricatu,
E stentu e gran fastidiu
Pruvava sfurtunatu.
Li pedi si cci ’ncoddinu
’Ntra ddu fangusu lettu;
E la sciumara acchianacci
Pri fina ’ntra lu pettu.
Per unni lamintannusi
Stu miseru dicìa:
– Oh Sciumi, chi martiriu
Ca fusti tu pri mia!
Parra lu Sciumi all’Asinu,
E dici: – Oh, a ssi guai
Si cci darrà rimeddiu,
Non passa tantu assai.
Quannu dui misi scursiru,
L’Asinu cca si trova,
E a lu passu medesimu
Vitti ’na cosa nova:
Un bellu ponti autu
Vitti, e ’ntra se dicia:
“Dunca sta granni fabbrica
Tocca ammuntari a mia?”
– Oh Sciumi, tu mi liberi
Di un mali cu autru mali.
A cui lu Sciumi: – Zittuti,
O stupidu animali.
Menzu non c’è; eliggiti
Lu fangu, o l’acchianari;
Ca tutti dui l’incommodi
No, non li poi scansari.
Passu di sciumi trubulu
Sta vita è affannata:
Suffriri è necessariu
O l’acqua, o l’acchianata.

Traduzione
L’Asino e il Fiume
Passava per un fiume torbido
Un asino carico
E stento e gran fastidio
Sentiva, lo sfortunato.
I piedi gli si incollano
Su quel letto fangoso
E la corrente sale
Fin sopra al suo petto.
Per questo, lamentandosi,
Il poveretto diceva:
– Oh fiume, che tormento
Che sei tu per me!
Parla allora il Fiume all’Asino
E gli dice: – Oh a queste pene
Gli si darà presto rimedio,
Non dovrai troppo aspettare.
Dopo due mesi scarsi
L’Asino vi ritorna
E nello stesso punto
Vede una cosa nuova:
Un bel ponte alto
e tra sé inizia a dire:
“Così per questa gran salita
Mi tocca spingere?”

*

Lu larunchiu, e la gaddina
Lu Larunchiu di ’na gebbia
A scutava ’na matina
Lu cantari cu la replica,
Ca facìa la zia Gaddina.
– E chi vuci, chi spittaculi
Jia dicennu – ca mi fa
Sta paciorca stramma e friula,
Cu ddu carca carcarà!
– Unni sì? – cci dissi – Votati:
Chi su, dimmi, ssi vuciazzi?
Pirchì fari tantu strepitu,
Ca mi cardi, ca m’ammazzi?
Gna Gaddina, via sintemulu,
Chi surtìu? Chi cc’è di novu?
Chidda pronta fu a rispunniri:
– Chi surtìu? Ca fici l’ovu.
– Tuttu chistu cci fu all’urtimu?
E pr’un ovu tanti gridi?
– Sì ca un ovu è cosa utili,
Ma tu tintu chi ti vidi?
Dimmi, tu ca sturdi l’aria,
E ti sgargi, quali fruttu,
Quali cosa profittevuli,
Mi poi diri, ch’ài produttu?
Letterati tutti chiacchiri,
Ca tagghiati, e deciditi,
Si qualc’opera si pubblica
E vui nenti cumpuniti,
Asciucativi st’apologu,
Ca pri vui fu fattu appuntu,
E la vucca va chiuditivi,
Ca vi tocca stu rinfruntu.

Traduzione
Il Ranocchio e la Gallina
Il ranocchio di una vasca
Ascoltava una mattina
Il ripetuto canto
Che faceva la zia gallina.
– E che voce, che spettacolo
Diceva – che mi regala
Questa stonata e frivola che canta con foga
Con quel carca carcarà!
– Dove sei? – le disse – Girati;
Dimmi, che sono queste grida?
Perché stai facendo così tanto rumore,
Che mi disturbi, che mi ammazzi?
Signora Gallina su, sentiamo,
Che è successo? Che c’è di nuovo?
Lei subito risposte:
– Che è successo? Che ho fatto l’uovo.
– E alla fine solo per questo?
Per un uovo tanto baccano?
– L’uovo è una cosa che serve.
Tu invece, vile, cosa fai di utile?
Dimmi, tu che stordisci l’aria
E ti sgoli, quale frutto,
Quale giovamento
Potrai dire di aver generato?
Letterati tutto fumo,
Che censurate e decidete
Se un’opera deve essere pubblicata,
Mentre voi nulla componete,
Sopportate questa parabola
Che fu fatta apposta per voi
E chiudetevi la bocca:
Questo affronto, vi tocca.


Lucia Pirrello nasce a Militello in Val di Catania nel 1995. Diplomatasi al Liceo Scientifico, tradisce la Matematica e la Fisica iscrivendosi in Lettere Moderne per poi continuare con Filologia Moderna, dove si laurea con una tesi sulle fiabe siciliane di Laura Gonzenbach. Ancora oggi si diletta con la tradizione orale dell’isola. Matteo Calanna nasce a Catania nel 1995. Dopo il diploma al Liceo Classico, intraprende gli studi prima in Lettere e poi in Filologia Moderna, laureandosi con una tesi sul Pinocchio di Collodi. Tra servizi in biblioteche e librerie, alimenta il suo inesauribile amore per la letteratura, l’immagine e il folklore.

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