Con quale disposizione avvicinarsi alla lettura della nuova raccolta di Gianfranco Vacca? Si tratta infatti di una poesia fortemente espressionistica, a tratti criptica ma mai debordante in quell’orfismo in sedicesimo che tarda a scomparire. Vacca è invece poeta raffinatissimo nel costruire testi in cui la traccia personale rimane giustamente sottostante, non nascosta ma visibile in trasparenza. Ricchissima nell’imagery, caratterizzata da forti venature metaforiche e impennate di creatività linguistica, questa poesia appare sospesa tra vitalismo (il rosso, il colore della passione) e la presenza perturbante della pioggia; secondo la stessa logica, la luce mediterranea di Capri può essere lo sfondo di una tragedia (si veda lo splendido testo a p. 47), di vicende personali appena accennate con riserbo e travestite alla luce dei versi, o ancora del mistero inafferrabile delle cose che ci attorniano: “Le cose hanno forse un’anima / esse videro” (p. 15).
(Mauro Ferrari)
scelte per voi dal poeta
Dieci, indivisibilmente
estasi del numero
Elegante
colmo di futuro
pieno, compiuto
il totale
Dieci.
L’uno di ogni zero
avvinto a se stesso, sicuro.
La forza tonda
il traguardo
il menestrello il giullare.
In lui siamo giunti
dove mai giungeremo
fermi sicuri
cosa vorresti tu?
Sei l’uno
o già scappi
e diventi il tuo zero?
Capri
—
Che io dimenticassi
fu il minimo.
Che io scostassi dalla memoria
ogni traccia di me
fu solo l’inizio.
Che io staccassi il mio volto
per applicarvi lo zero
fu ancora l’inizio del cammino.
Capri
—
Nel tubetto dei colori
il rosso fiamma
eccita il pennello –
Al bianco le sponde d’oro –
La scala cromatica salta il nero –
Al rosa si commuove il mondo
così delicato
si ricompone si raccoglie
sfuma
dove ha nido l’innocenza –
Il tubetto del blu ha un buco
e sfonda il cielo.
Capri
—
Piccolissimo un punto chiaro
è ciò che resta e spezza il grigio.
Nella fibra e nelle sue radici
una sensazione di immenso
– gelo autentico di spazi –
lo esulta, altissimo.
Una coppia di gabbiani
sui ghiacci purissimi del cielo
ala dopo ala
lo riempie di luce.
Venezia
—
Quando c’eri tu…
fu l’ultimo atto
poi divenni solo.
Le cose hanno forse un’anima
esse videro
esse possono esultare
e la mano le prende
le accarezza
perché parlino,
tutte le cose, così ferme
perché ti raccontino
ciò che a loro resta
indistruttibile
tutte le cose, così singole
impassibili
che ora come un’urgenza
si pongono in cammino
per riporre in salvo la memoria.
Capri
—
Gianfranco Vacca (Napoli 1959) a vent’anni si trasferisce da Capri, dove è cresciuto, a Genova e poi a Roma, per tornare infine a Capri, dove risiede. Nel 2011 pubblica Sarebbe stato un ottimo pazzo (Campanotto, premio Nabokov 2014). Due sue composizioni, accolte in Le spigolature dell’Onagro, compaiono con altri suoi testi in Ancora introvabile il padrone del silenzio, e-book pubblicato nel 2013 da LaRecherche.it. Sempre nel 2013 pubblica Cinepresa mistica (puntoacapo) con recensione di Sandro Angelucci. Nel 2019 pubblica Se il silenzio se io ascolto, se i tamburi (puntoacapo). È incluso nel Il fiore della poesia italiana, a cura di M. Ferrari, V. Guarracino, E. Spano (puntoacapo, II ed. aggiornata 2016). Un suo testo è inserito ne Il fiore delle lacrime (puntoacapo, 2020). Suoi testi sono stati accolti in varie riviste letterarie online.
in copertina foto di Davide Jabes