“1Libroin5WPOESIA”.: RIME (Romana Aetna Travolta) di Antonio Philotheo Homodei, con Edizione critica, introduzione e commento di Giuseppe Manitta, Il Convivio Editore.

“1Libroin5WPOESIA”

Chi?

Il protagonista assoluto del libro è il siciliano Antonio Philoteo Homodei, che in pieno ‘500 ha dedicato un canzoniere amoroso alla donna amata di nome Etna. Originario di Castiglione di Sicilia, nel catanese, noto per aver scritto la “Topografia dell’Etna” e una “Descrizione della Sicilia”, è un autore particolarmente importante per la storia della letteratura siciliana, ma ora le sue “Rime”, che rientrano nel petrarchismo post-bembiano in lingua italiana e che finora erano inedite e sconosciute, lo inseriscono in un contesto più ampio a livello nazionale. Andato via dalla Sicilia a fine degli anni ’40 del ‘500, si trasferisce a Roma e lì entra in contatto con molti degli intellettuali più importanti del periodo, da Annibal Caro, che lo chiamava Accademico Arcasino, a Giraldi Cinzio. Che un erudito siciliano sia diventato uno dei protagonisti della letteratura nella Roma del ‘500 non è da poco. Basti pensare, inoltre, che seguì e pubblicò una raccolta di atti del Concilio di Trento dedicata al cardinale Ippolito D’Este. Un dato, però, è curioso. Negli anni Sessanta la sua fortuna cambiò con la Controriforma e credo che questo sia il motivo principale del suo oblio. Fu coinvolto, infatti, come ci dimostrano gli atti, nel processo dell’Inquisizione che interessò Niccolò Franco. E Franco fu condannato al rogo.

Cosa?

È interessante che, a differenza di molti poeti del ‘500, il Philotheo studia la struttura del proprio “Canzoniere” e lo vuole rendere organico. La prima parte è costituita da testi che lodano la donna amata, la quale progressivamente si tramuta in ghiaccio. Infatti, l’opposizione ricorrente è tra fuoco e ghiaccio e per questo la chiama Etna, in quanto come il vulcano nel medesimo istante è cosparsa di neve e invasa dalle colate laviche. Una seconda parte è più manierista, perché si ispira direttamente al “Canzoniere” di Petrarca prelevando verso iniziale e verso finale dal modello. Non dobbiamo pensare, però, a un semplice imitatore. Philotheo amalgama e fa riferimenti intertestuali davvero eterogenei: da Dante a Boccaccio, da Ariosto a Bernardo Tasso e via di seguito. La terza parte, invece, è costituita da un ampio e originale poemetto che imita la struttura dei “Trionfi” di Petrarca, in cui si narra il processo fittizio che gli Dei hanno intentato contro la sua persona perché si è macchiato di un amore travolgente. Infine, l’ultima parte è costituita da sonetti e canzoni d’occasione, la maggior parte dei quali sono rivolti a poeti e intellettuali del periodo, con le relative risposte dei vari scrittori, come Annibal Caro, Dolce Gacciola, Giovanni Paolo Lomazzi, Giraldi Cinzio, ma anche esponenti importanti della curia romana e politici.

Quando?

L’idea è nata tanti anni fa perché in una sua opera erudita, la “Topografia dell’Etna”, ammette di aver composto numerose poesie sull’Etna. Al di là di questa notizia, c’era il buio, infatti non vi era traccia di esse, se non qualche sparuto componimento. Il ritrovamento è avvenuto per caso. Mi trovavo in una biblioteca romana e, nell’attesa (che si prolungava più del dovuto) di ricevere i libri e i manoscritti richiesti, sono rimasto bloccato. Una giornata persa, mi dicevo, e a quel punto mi sono messo a spulciare dei vecchi elenchi di codici manoscritti afferenti alla Biblioteca Vaticana. Sono passate delle ore. A un certo punto, in una segnatura, trovo Authumedonte Theophilo Travolto. Theophilo è anagramma di Philotheo, ovviamente, ma Authumedonte è un nome letterario che si era affibbiato il Philotheo nel romanzo, pubblicato nel 1562 a Venezia, in cui si narrano gli amori tra la nobile castiglionese Angelina di Lauria e il delfino di Francia. Due indizi curiosi. Lascio andare lì per lì, ma poi, dopo qualche tempo, il pallino mi rimane e cerco di vedere il manoscritto della Biblioteca Vaticana. Visto il codice, ho avuto la certezza. Questo è accaduto circa una decina di anni fa, oramai, e da allora ho continuato a studiare.

Dove?

La domanda più intima che mi si possa fare è il “dove”. E la risposta più semplice è “a casa”. Io sono di Castiglione di Sicilia, anche se oggi vivo in provincia di Roma, e ho conosciuto il Philotheo sin da bambino. Mio padre Angelo me ne ha trasmesso la passione.

Perché?  

Perché? Una domanda complessa, direi. Ma posso dare alcune indicazioni. Innanzitutto si scopre una pagina del petrarchismo siciliano inedita, che per certi versi rivoluziona le nostre conoscenze della poesia del Cinquecento. Non possiamo più considerare il petrarchismo siciliano marginale e legato perlopiù al dialetto. Inoltre, non credo che abbiamo un poeta nell’isola, e in particolare catanese, che ha avuto un tale risalto in quel periodo e che fino ad ora, purtroppo, è rimasto inedito. Infine, perché la sua donna amata è l’Etna, e non si tratta solo di una personificazione poetica. Il Philotheo ha scritto una importantissima “Topografia dell’Etna”, ma anche un romanzo in prosa il cui primo volume si svolge proprio alle pendici dell’Etna (Castiglione) e che sul vulcano ambienta diverse vicissitudini dei personaggi. In pratica è il Poeta che ama l’Etna. Per concludere, la riscoperta di una Sicilia sconosciuta degna di una lettura approfondita. E non è cosa di poco conto, credo.

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