#1Libroin5W.: Alfred Jarry, L’oggetto amato, La vita felice, a cura e traduzione di Dario Borso.

di Dario Borso

 

CHI?
Il sig. Vecchiolegno, il Fortunato Rivale e lei, l’Oggetto Amato. Un classico triangolo perseguito dalle forze dell’ordine (2 in tutto) oltreché dal sindaco, a lieto fine malgrado più tentativi di suicidio.

COSA?
Eros e Thanatos ovviamente, ossia in chiasmo potere e anarchia.

QUANDO?
Appena letto, sussultando dal ridere, essendo una parodia dell’amor bucolico. Sono un cultore di Jarry, ma mai mi ha fatto ridere così.

DOVE?
A Parigi, dall’amica di sempre Nadine Celotti, francesista, che mi ha passato questo brano di Judith Butler: “Desire is never neutral. It is always already inscribed within a grammar of power, within a choreography of gender. But what happens when that grammar falters, when the choreography turns grotesque? The Beloved Object, far from being a celebration of masculine dominance, can be read as a parody that exposes the structures of desire to their own caricature. Jarry does not construct a sovereign subject: he deforms it. The subject who loves is obsessive, ridiculous, exaggerated. His voice is excessive, his language baroque, his passion mechanical. In this sense, The Beloved Object does not affirm masculine power—it stages it as farce. And farce, as we know, is one of the privileged sites of subversion. The beloved body, the ‘object’, is not simply passive. It is the empty center around which desire revolves, the vanishing point that destabilizes the subject. Jarry does not offer us a symmetrical relationship, but an impossible one. And in that impossibility, the space of critique opens. Desire is not possession: it is loss, failure, iteration without guarantee. Gender performativity, in Jarry, is pushed to the extreme. The masculine is not natural: it is a mask, a contorted voice, a grammar that self-destructs. “The Beloved Object” shows us that power is not only what is exercised, but what is exposed. And that desire, when staged, can become the site of its own deconstruction.”.

PERCHÉ?
Il motivo ultimo per cui l’ho tradotto è che consta di un migliaio di versi pressoché tutti in rima da me rispettata – e questo è pure il motivo ultimo per cui lo consiglio, a grandi e piccini.


Alfred Jarry, L’oggetto amato, La vita felice, Milano 2025
(a cura e traduzione di Dario Borso)

 

 

SCELTO PER VOI

Invece di un brano di Jarry, riporto qui la chiusa della mia introduzione:

L’Oggetto amato diviene allora l’emblema del teatro mirlitonesco [mirliton è il kazoo, o flauto eunuco]. Si tratta infatti da un lato di filastrocche infantili, dall’altro di ridicolizzazioni plurime e incontenibili dei personaggi. Nel prologo all’Ubu re, il sig. Guignol concludeva la sua aria con

Esistono due tipi d’uomini di legno,
Le teste finemente lavorate,
ricettacoli di dottrine ammirevoli,
E i bruti, intendo non modellati,
     Eh sì, i bruti e i testoni.

Ora, i personaggi dell’Oggetto amato sono tutti dei gran testoni, agiti da idee fisse, da veri e propri tic che li espongono a continue ripetizioni comiche, per cui i loro versi non possono essere che mirlitoneschi, ossia scadenti [vers de mirlinton è sinonimo di mauvais vers]; ma i versi volutamente mirlitoneschi di Jarry sono tali da ribaltare il tutto in una sagra scoppiettante di calembour, di assonanze incongrue, di elisioni iperboliche, di deformazioni e parossismi verbali dove la lingua, sul punto di disfarsi, si reinventa invece.

Alfred Jarry (Laval, 8 settembre 1873 – Parigi, 1° novembre 1907), il fondatore della patafisica e padre di Ubu re col quale s’identificava totalmente, frequentò i generi più diversi, dal teatro al romanzo, dalla poesia al saggio per non dire delle arti applicate, con esiti letteralmente sbalorditivi, gettando semi che sarebbero germogliati due decenni dopo nelle avanguardie novecentesche. E ancora adesso Jarry continua a divertire, a inquietare, ma soprattutto a far pensare.

Dario Borso, già docente di Storia della filosofia alla Statale di Milano e di Estetica al Politecnico, noto per le sue traduzioni da Celan e Kierkegaard; in ambito francese ha curato opere di Diderot e Satie.

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