D’agosto
Staremo al caldo umido dell’acqua
di cottura grazie al sole abbondante d’agosto
non quieti né contenti per più di qualcosa
d’ indicibile per bocca troppo piena
di finissima rena sgranocchiata
dall’imbuto sottile a vita stretta
tenuto tra le dita e il polso immobile
il quasi vuoto capovolto del vetro.
—
Alla fermata
Spalanca la bocca strapiena di liquida sferza
il cielo in un lampo di anni tenuti in disparte
e nel cono di luce intermittente sparge
transitorio l’istante, mattina e sera
il segnale d’allarme: è l’ora pallida
del passo che affonda
è della foglia il gambo in una pozza
è questa la fermata terminale,
e qui si scende.
–
Quaderno
La parola mi giunge finalmente
dopo giorni diversi malriusciti
ritrovo tra le dita la scrittura
quale presenza certa del viaggio
che ha soste nel tempo smagrito oramai
non in disuso però, non del tutto futile
pure lasciarsi andare scorrere dormendo
inquieti strani sonni da annotare
in un quaderno acconcio
lascito sincero agli affetti semmai
servisse dopo la partenza.
—
Umani
Proteso il cielo di gennaio
batte di notte la moneta di gelo
su uno più d’uno dormiente
non una favola né calda memoria
da vestire a colori
e chi s’ è visto si è visto andare
nel sonno in bianco e nero
a braccia arrese all’altolà
dei giorni freddi addosso.
—
Prima di andare
Il mattino che s’alza per uscire
dal sogno abbandonato
e senza nome in disparte e quasi
smorto il fuoco della vita
il mattino che annota ciò che legge
con il tatto interroga a che punto
colmata è la misura
prima di andare fuori
si assicura resista ciò che serve
quel poco tanto per restare in piedi.
—
Percorsi quotidiani
La visione sfocata
continuo fastidio impedisce
l’utile chiarezza quando di qua
di là la testa gira e attraversiamo
pure oggi scampato il pericolo
del dislivello e della buca mal riparata
riaperta dalle intemperie. Fare promemoria
bisogna prendere i difetti a braccetto
e dargli confidenza è buona pratica
che salva le caviglie.
–
L’imprevisto
Schioda la porta per cambiare aria
vedi di non inciampare per quanto puoi
mentre cammini in un luogo preciso
databile giorno normale
per così dire e per non dire
che pare di sentire sulle rotule
erose bussare il segnale
di arrivo d’un altro temporale
non scritto non previsto
manrovescio calato dall’alto.
—
A peso d’oro
Un mercoledì da mettere da parte
sgualcito arruffato finito
come niente solo
fiato corto di transito
la forma stropicciata nella tasca
del biglietto pagato a peso d’oro
che ha nome oggi
che avrà nome domani
o forse no
da un tempo all’altro il volo
che talora resiste alle cadute.
in copertina opera di Ludovico Mattioli