Daniela Pericone, “Corpo contro”, poesia della temperanza “che dà equilibrio al ritmo e alla riservata musicalità” dei versi.

tre domande, tre poesie

La poesia di Daniela Pericone è contrassegnata da una profonda raffinatezza della voce, ottenuta attraverso una forma di temperanza che si situa tra l’espressione chiara ed espressiva di ciò di cui parla e il nascondimento, l’allusività dettata dalla discrezione della stessa voce. Non si arriva mai alla definizione precisa e lampante del fondamento che muove il testo, neppure quando il riferimento è chiaro come, ad esempio, il riecheggiare di Eliot o Montale, oppure la straordinaria, estesa èkphrasis caravaggesca della quinta sezione; eppure è sempre come se si sapesse che un’occasione esatta esiste, un suggerimento sorgivo che potremmo definire addirittura materiale, da cui ha inizio la sua voce e che rappresenta il vero interesse del canto. È la stessa temperanza che dà equilibrio al ritmo e alla riservata musicalità di una poesia che sembra lungamente meditata, fino a centellinare i singoli vocaboli e accenti.
Si osservi come avanza il testo:

Confida nel tempo
incline a sottrazione
e mutamento – sia salda
la distanza dai tragitti consueti
dai segni inessenziali –
confonditi nel battito che innalza
sgretola e ripara – senza sosta
apprendi il fiato e la cera –
la poesia che guarda da lontano
accogli come una cosa tra le cose.

(dalla prefazione di Gianfranco Lauretano)

Partiamo dal titolo: qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Corpo contro”, meglio: in che modo la (tua) vita diventa linguaggio?
Ogni giorno abbiamo strade da seguire, decisioni da prendere, prove da affrontare, un flusso continuo ma anche contraddittorio di esperienze che costituiscono il nostro vissuto. Per quel che mi riguarda non sempre la vita vuole essere raccontata o trasposta sulla pagina. L’impulso alla scrittura deve nascere da un’urgenza, da una necessità intima, profonda, abissale, in caso contrario meglio tacere. Si tratta per me di una condizione imprescindibile: scrivere quando si ha davvero qualcosa da dire. La poesia di Corpo contro nasce da un nucleo di riflessioni sulle ragioni dell’esistere, talmente dirompenti nella loro secca evidenza da richiedere l’ordine, la misura e la distanza della scrittura. Noi siamo il nostro corpo, siamo un organismo vivente in cui agiscono due forze contrapposte: da un lato la spinta dell’istinto di sopravvivenza e dall’altro il meccanismo programmato per l’estinzione (corpo che agisce contro il suo stesso essere in vita). È un contrasto insanabile, la sintesi della nostra fragilità e inermità, ma anche la legge di natura cui è sottoposta ogni cosa esistente. Su questa dualità è basata l’intera concezione del libro.

Ad oggi, dove sei stata condotta dalla poesia, qual è stato l’insegnamento?

Da sempre mi affascina comprendere cosa avvenga nel passaggio dalla percezione indistinta al pensiero cosciente, fino alla forma strutturata e consapevole del linguaggio poetico. La poesia conduce a questa soglia, all’intuizione di un senso, all’affioramento di un bagliore, già svanito prima ancora che si riesca ad afferrarlo.

“Se devo dirmi qualcosa/ non mi rivolgo parola/ scrivo poche righe indecifrabili/ sullo specchio in cui guardo ogni mattina”, con i tuoi versi per chiedere: le parole bastano alla poesia, la poesia è un destino?

La parola è un riflesso quasi sempre inadeguato di quel magma di percezioni, sentimenti, immagini, pensieri che ci attraversano in ogni istante della vita. Viviamo costantemente immersi nel rumorio dei nostri pensieri, mentre produciamo immagini del mondo sotto forma di mappe mentali: è il nostro modo di conoscere e interpretare la realtà. Il linguaggio è una sorta di traduttore, e come ogni traduzione non coincide mai perfettamente con l’originale, così come la figura che vediamo allo specchio non combacia con l’idea che abbiamo di noi stessi. Tuttavia la poesia è questo tentativo di avvicinarsi il più possibile al contenuto interiore che preme per venire alla luce. Più che un destino è una inclinazione, una risposta a una vibrazione.

Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare tre poesie dal tuo libro; e di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere (nel contesto del libro che l’accoglie).

La poesia che propongo non ha bisogno di molte parole, è in sé stessa eloquente e allo stesso tempo reticente. Dice l’essenziale, con dura precisione. Non può che essere così quando si avvicina la fine di una persona cara. Ci si sente pietrificati, impotenti, inutili. Dinanzi alla fine di una madre. Dinanzi alla fine di ogni vita.

Questo è l’ordine secco presente
il corpo da far funzionare, il dolore
da controllare. Non si parla di niente
con nessuno, solo le frasi del bisogno.
Voltarsi verso la morte con leggerezza
farsi concavi e smisurati per il vuoto
che a grandi falcate avanza.

*

Confida nel tempo
incline a sottrazione
e mutamento – sia salda
la distanza dai tragitti consueti
dai segni inessenziali –
confonditi nel battito che innalza
sgretola e ripara – senza sosta
apprendi il fiato e la cera –
la poesia che guarda da lontano
accogli come una cosa tra le cose.

*

Ora la materia
restringe lo spazio
occupato dal corpo
la luce si mescola al fiato
detta le regole il respiro –
vita non vita, né strepiti né paure.
Siamo il gioco prediletto degli atomi
un continuo oscillare
sotto leggi comuni e opposte
direzioni, esclusi dal progetto.
Qualcuno ascolta o nessuno –
c’è una forza impareggiabile
nella solitudine.

*

Daniela Pericone (in copertina nella foto di Alessandro Mancuso) è nata a Reggio Calabria nel 1961, vive a Torino. Ha pubblicato i libri di poesia Passo di giaguaro (Ed. Il Gabbiano, 2000), Aria di ventura (Book Editore, 2005, prefazione di Giusi Verbaro), Il caso e la ragione (Book Editore, 2010), L’inciampo (L’arcolaio, 2015, prefazione di Gianluca D’Andrea e nota di Elio Grasso), Distratte le mani (Coup d’idée, 2017, postfazione di Antonio Devicienti), La dimora insonne (Moretti & Vitali, 2020, nota di Giancarlo Pontiggia e postfazione di Alessandro Quattrone), Corpo contro (Passigli Editori, 2024, prefazione di Gianfranco Lauretano), vincitore del Premio “Guido Gozzano” 2024. Sue poesie sono tradotte in diverse lingue. Del 2023 è la plaquette bilingue Lumină scrisă/Luce scritta, con traduzione in romeno di Eliza Macadan (Bacău, Cosmopoli). Nel 2024 l’editore Macabor ha dedicato alla sua poesia il volume Secolo Donna 2024. Daniela Pericone e la vita dell’altrove, a cura di Bonifacio Vincenzi e Silvano Trevisani. Scrive testi di critica letteraria ed è redattrice di riviste e siti dedicati alla poesia (Laboratori Poesia, Larosainpiu).

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