Le stringhe slacciate di Carolina Canziani

copertina canziani

 

Una delle doti del poeta è la curiosità. L’irrequietezza dello sguardo, che trascrive gli incontri, reali o immaginari, rende un’esperienza minima e consueta estremamente singolare. Così il libro di Carolina Canziani, come una novella Amélie, sognante per le strade di città (e negli interni domestici), con le stringhe slacciate*, porta il segno di un disordine vivace e anarchico, di chi è assetato di incontri, gesti, sapori, oggetti. Onnivora e sensoriale, osservatrice di eventi di vita vegetale, come i colloqui con le piante di una madre e dei bambini (pp. 28, 29), sensibile alla luce, ai cambiamenti meteorologici meno percettibili (pp. 37, 40, 44), esplora attraverso le parole il cuore delle cose, grazie a una rara capacità di raccoglimento e sano smarrimento (“in queste parole nessuno mi trova / e neppure io so dove cercarmi”, p. 8; “mi lascio andare alle onde”, p. 9). Nell’ultima sezione, Al platano superstite, prende spazio la dimensione esterna, come un fiume verso il mare, attraverso l’esplorazione di una Milano “che si mastica e si sputa da sé”, “verso lo scintillare della pianure”, fatta di solitudini, dignità e bellezza maestosa. La scrittura in versi della Canziani accoglie (e raccoglie) con delicatezza il lettore nel suo universo segreto, in quell‘altra casa che forse è la poesia, dimensione parallela di resistenza fatta di stupore e ricordi, rinnovati dalla creatività.

 

*titolo del libro e probabile omaggio al poeta Antonio Porta, che visse molti anni a Milano, città dell’autrice, lavorando nel settore editoriale e svolgendo una instancabile attività di animatore culturale, il quale, in una sequenza dei Rapporti umani scrive: “Della mia vita, in un certo giorno, / non seppi più nulla, soltanto quello / che rivelò il barbiere domandando dei / miei figli e m’accorsi di non averne mai / saputo, guardandomi bene negli occhi sopra / la schiuma e i riflessi del rasoio. / Uscii e impolverai le scarpe tra le / pietre, e proseguii, le stringhe / slacciate, sulla via di casa” (XI, da I rapporti. Poesie 1958-1964).



La primavera quest’anno non ha odore
è ancora troppo lontana
in tasca trovo 10 lire
diventeranno un amuleto
la mia tristezza è intenzionale
rimane attaccata alle stringhe
la porto a passeggio con me
ogni passo è un piccolo dolore
se te ne parlassi, riusciresti a convincermi
della mia voglia di soffrire
ma non me ne importa.




(Aethalia)

Nei piccoli dolori scalzi
cercando il mare
raccolto dagli scogli
si ritrova il tempo
di presenze passate
di infanzie senza importanza
ma tutto sommato felici.


 

Mi sembra di parlare
con le tazze spaiate
la zuccheriera
che sai quanto mi piace
e la finestra che ritaglia
spicchi luminosi e caldi sulle gambe stese,
tu sali e scendi dalle scale di legno
ed io faccio finta di leggere
per lasciarti con calma
ritrovare.




Vengo da te

al secondo semaforo decido che dovrai cercarmi tu, stavolta,
che sono stanca di soffire della tua assenza
al terzo semaforo mi viene da piangere
mi sono convinta che non sarò mai abbastanza
al quarto svolto a sinistra
gelosa
al primo girare della serratura
io ti amo
e non mi importa più di nulla.




È enorme il sole
in bilico sul corrimano
di quelle scale a chiocciola
che mi danno la vertigine
perché se corro
veloce
sono bambina
con te che mi sgridi
perché ho le stringhe slacciate.

 

 

 

CanzianiCarolina Canziani (1988) è stata finalista al Premio Lerici Pea Giovani e ha vinto la sezione giovani del Premio Il lago verdeLe stringhe slacciate (lampi di stampa) è la sua opera prima.

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