C’è, fra cinema e letteratura, l’immaginario di un qualcuno che è nato anche prima degli anni ’60, anno in cui è nato Ligabue, e dunque di un qualcuno che è vorace, curioso, che non guarda solo intorno e in avanti. E che soprattutto si prova e si trova nella scrittura, luogo d’attrazione della sua esperienza. Luogo di comunicazione con gli altri e luogo di «messa a fuoco» con se stesso. Così sembra, quando, come in questo Lettere d’amore nel frigo, Ligabue sceglie il verso che è della poesia. «È uno come tanti | che ha le sue | lettere d’amore | nel frigo | e nello scomparto frutta…», scrive, abbassando il tono, mimetizzandosi, tornando non solo metaforicamente a Correggio, lontano da amplificatori e luci e folla. Cercando di recuperare il nocciolo di quanto verrà dopo, la scintilla del compositore, dell’autore di canzoni. Qui, la poesia vuol dire intimità, scheggia di riflessione e racconto, un brogliaccio di emozioni sostenute da un filtro d’ironia: «un amore che comincia d’estate | è un amore in salute…» Versi su spaesati, abbandoni, delitti, rapine, su «ogni giorno (è) buono | per il lancio | della prima pietra», versi d’abbandono. Ma versi senza musica, che non sia quella della parola, del ritmo, dell’a capo. È come se Ligabue scrivesse controcorrente, la sua abituale corrente, quella che affida la parola alla musica. Qui, in questa raccolta, c’è la totale assenza di canzone, è inutile provare ad applicargliela, magari ricorrendo ad un suo «motivo» o ricalcando un suo «tema». No, qui c’è Ligabue che scrive poesie, aspre o in rima, secche e sincopate. C’è una nudità di pelle poetica, un mostrare l’urgenza del concetto, il lampo e la sintesi di un antilirismo dichiarato. Qui, corpi e oggetti brillano di una luce cruda e si intrecciano in storie di quotidianità e sentimento aspro, a difesa di sentimentalismi facili, scontati.
(dalla prefazione di Nico Orengo)
Nove poesie da Lettere d’amore nel frigo di Luciano Ligabue,
Giulio Einaudi editore, Torino, 2017
—
post it
ci si allontana a spinte
va così
nel frattempo
prego
compilare
dichiarazione
peccati
nel frattempo
rigirare legnetto
su pietra possibile
in era glaciale
nel frattempo
prego
non conservare
lo scontrino
nel frattempo
riconoscere
espulsione
di madre
costeggiare
spalle girate
di padre
nel frattempo
espellere fluidi
espellere scorie
perché soli
perché sì
nel frattempo
allacciare cintura
e stringhe pendule
abbottonare camicia
fino a gola stonante
nascondere singhiozzi
e mutande sporche
nel frattempo
spalmare creme
cosmetiche e lenitive
su anime cucù
nel frattempo
infiammare bengala
soffiare girandole
spegnere candele
accendere rètine
nel frattempo
accompagnare
stelle
nel frattempo
ammettere
zone di competenza
sopra e sotto il collo
nel frattempo
adagiarsi supini
braccia larghe
adoperarsi che qualche musica
possa decidere
di atterrare
nel frattempo
sapere grave
la gravità
tenersela buona
provare a lavorarla
quando si fida
nel frattempo
cancellare aggettivo grasso
da qualsiasi martedì a venire
o accoppiarlo a ogni lunedì
nel frattempo
non lasciare
buchi di conversazione
buchi nell’acqua
buchi
in giro
nel frattempo
sopportare
vetri
nel frattempo
abbassare un’altra volta
il record personale
temere la tenuta
del cuore
nel frattempo
non sbagliare posata
portare boccone
ai denti
azzannare
nel frattempo
orientarsi
nella stanza
chiusa a chiave
dal buio
camminare forte
in tutte le stanze
non lasciando dormire
gli ospiti
nel frattempo
appuntarsi
che se ci si allontana a spinte
per un po’
ci si era avvicinati
ad abbracci
nel frattempo
accettare
meraviglia
—
il silenzio dello scalpello
i pensieri cui siamo abituati
si abituano a noi
e la loro unica preoccupazione
è che il nostro prossimo amore
non sia tale
da cacciarli
ingrati come possiamo essere
di qua
—
lettere d’amore nel frigo
è uno come tanti
che ha le sue
lettere d’amore
nel frigo
e nello scomparto frutta
tiene la matrice
dei biglietti
per lo spettacolo del per sempre
se ne ha comprati tanti
è perché gli spettacoli
durano quel che durano
così compra altri biglietti
con sopra la scadenza
la regolazione è sul tre
e nel portauova
ci sono foto di donne
talmente diverse
da essere solo una
che nella foto saluta
nella ghiacciaia
ci sono
le sue unghie spezzate
e qualche filo di pullover
e qualche ricciolo di nylon
e una foto di arcobaleni gemelli
e musiche involontarie
e tazze mezze e mezze
e verso il fondo
ci sono
le voci del piacere cantato
nel ripiano sotto
ci sono i grafici
la parabola è sempre uguale
il picco è al via
cambia il frigo ogni due anni
prende modelli sempre migliori
ogni volta che lo apre
si mette la giacca e i guanti in pelle
ogni volta che lo chiude
se li toglie
e si sfrega le mani
—
liberi tutti
va bene dio
hai vinto tu
sei sempre il migliore
ora però
basta rimpiattino
giochiamo a qualcos’altro
vuoi?
—
mosca d’autore
la mosca
che si posa
sulla tela
e la va a cambiare
sembra mandata da qualcuno
che ha deciso
di disturbare
il pittore
proprio lì
nel punto
d’illusione
d’eternità
—
tiro alla fune
la parte di carne
finita azzannata
s’è già rassegnata
il colpo di tacco
già dato
l’obbedisco soffiato
socialmente inserita
nel corpo incontrato
e quella che resta nel piatto
ancora per qualche secondo
si sente resto del mondo
—
il cerino nel buio
e che il silenzio
dentro le ossa
non inganni
sulla inesorabile
attività
—
Luciano Ligabue ha pubblicato la raccolta di racconti Fuori e dentro il borgo (1997, Premio Elsa Morante), il romanzo La neve se ne frega (2004, Premio Giuseppe Giacosa – Parole per la musica e Premio speciale Fregene) e le raccolte di racconti Il rumore dei baci a vuoto (2012) e Scusate il disordine (2016). Ha scritto e diretto due film: Radiofreccia (1998, tratto da Fuori e dentro il borgo) e Da zero a dieci (2002).
Copertina di Paolo De Francesco per MoltiMedia.i