Palermo inaugura un nuovo centro di produzione e ricerca artistica internazionale con la mostra personale di Simone Mannino, “CORPUS IMAGINUM – Le Pitture Nere alla Quinta dell’Ombra”, pitture e disegni inediti di grande formato che danno vita a un viaggio potente e denso nella pittura come atto spirituale e mitologico. L’antico ex oratorio della chiesa sconsacrata in Vicolo Sant’Orsola 13, dopo anni di abbandono e importanti interventi di recupero, viene restituita alla città come fucina di arte contemporanea. Dopo una prima apertura parziale a cantiere aperto nel 2019, lo spazio ritorna oggi definitivamente a vivere come luogo di produzione, incontro e trasformazione.
CORPUS IMAGINUM presenta un insieme di grandi tele e disegni inediti, creati in dialogo diretto con l’architettura dello spazio, dove sono state create. Le opere oscillano tra figurazione e astrazione, tra il buio teatrale e una luce sospesa, come presenze che abitano l’oratorio stesso. Ispirate alle Pitture nere di Goya, simbolo di introspezione, oscurità e metamorfosi interiore, le tele di Mannino esplorano temi universali: corpo, martirio, grembo, nascita e trasformazione. «Ogni quadro è una soglia: un grido, un rito, un eco che prende forma. Sono presenze che trattengono il respiro del tempo e chiedono di essere percorse come un paesaggio interiore: lentamente, con ascolto. Questa mostra è un viaggio nel corpo, nelle visioni che si dissolvono e ritornano, nel dialogo tra pittura, spazio e luce.» – racconta l’artista.
Il titolo “corpo di immagini” indica un insieme organico di opere concepite come presenze vive, capaci di dialogare tra loro e con lo spazio. Ogni tela non è solo rappresentazione, ma soglia: un punto di passaggio tra memoria, mito e esperienza sensibile, dove pittura e architettura si fondono in un unico organismo. Installate in grandi light-box retroilluminati, che evocano le vetrate di una cattedrale gotica, le immagini trasformano lo spazio in un ambiente immersivo. Il percorso del visitatore diventa un rito laico, che attraversa memoria e mito, pittura e architettura, luce e ombra. Ogni opera è una soglia, ogni installazione un respiro che unisce corpo, mito e spazio.
Dietro la mostra c’è l’esperienza e la visione di Simone Mannino (Palermo, 1981), artista visivo, pittore, scultore, scenografo e regista teatrale, attivo tra Italia, Francia e Tunisia. La sua ricerca nasce nel teatro, dove estetica, emozione e concetto si fondono in un linguaggio visionario e radicale, e trova oggi nuova forma nella pittura site-specific di “Corpus Imaginum”. Dal 2011 dirige Atelier Nostra Signora, ensemble multidisciplinare con sedi a Palermo e Istanbul, noto per produzioni che intrecciano arti visive, cinema e teatro. Mannino ha lavorato a progetti internazionali che uniscono mito e contemporaneità, e le sue opere e scenografie sono state esposte e rappresentate in istituzioni e festival in Europa e Nord Africa, ottenendo premi e nomination prestigiose.
in copertina 2025_Ex Oratorio_Veduta della Mostra Corpus Imaginum di Simone Mannino_photo_R.Puccio
CORPUS IMAGINUM – Le pitture nere alla Quinta dell’ombra
Mostra personale di Simone Mannino
13 settembre – 20 novembre 2025
Atelier Nostra Signora – Ex Oratorio, Vicolo Sant’Orsola 13, Palermo
Orari: venerdì–domenica 17:00–20:00; visite guidate su appuntamento (martedì–sabato)
📞 +39 340 396 9004 – ✉ exoratorio.ns@gmail.com
L’OMBRA FATTA CARNE: SIMONE MANNINO E L’EREDITÀ DELLE PITTURE NERE DI GOYA
Testo critico su ‘Corpus Imaginum – Le pitture nere alla Quinta dell’Ombra’ di Simone Mannino
a cura di Rossella Puccio
Un viaggio potente e denso nella pittura come atto spirituale e mitologico: la personale ‘Corpus Imaginum – Le pitture nere alla Quinta dell’Ombra’ di Simone Mannino la sede di Atelier Nostra Signora, un nuovo centro di produzione e ricerca artistica fondato dall’artista stesso. L’ex oratorio settecentesco di Sant’Orsola, nel cuore pulsante di Palermo, rinasce attraverso la visione di Mannino, trasformandosi in presidio della cultura contemporanea e in luogo di incontro e trasmutazione. Simone Mannino, artista visivo, scenografo e regista, presenta un corpus di pitture e disegni inediti di grande formato, frutto di un intenso lavoro site-specific e di una profonda immersione nello spazio. Le opere oscillano tra figurazione e astrazione, nutrite da un contrasto viscerale tra il buio del teatro e una luce sospesa, riecheggiando la potenza drammatica di Francisco Goya e delle sue “Pitture Nere”, ma anche de ‘I Capricci’ e de ‘I Disastri della Guerra’.
Le tele non sono semplici rappresentazioni, ma presenze che abitano lo spazio, quasi spiriti imprigionati nel colore. Il segno nervoso e la materia spessa diventano strumenti per affrontare temi universali: corpo e martirio, grembo, nascita e morte. Il corpo umano, nella sua nudità paradigmatica, non è anatomia realistica ma corpo creaturale, soggetto irradiante, spazio in cui mito, memoria e sacro si intrecciano. Un episodio cardine di questo lignaggio visivo è la fuga di Enea da Troia, raffigurata in tre grandi quadri nella sacrestia: un atto di pietas visiva in cui Enea che porta in salvo Anchise diventa un archetipo universale di amore, responsabilità e sopravvivenza, unendo mito classico ed esperienza contemporanea.
Le opere, nate sul posto e legate allo spazio da velate tracce di rosso ancora visibili sul pavimento grezzo di cemento, agiscono come azioni catartiche che fanno risorgere l’ambiente in una dimensione patica, evocando memorie e metamorfosi.
LO SPAZIO E LA LITURGIA: LA TRASMUTAZIONE DELL’ORATORIO
La mostra è inscindibile dal luogo che la ospita. L’ex oratorio, a lungo silente e violato — usato negli ultimi decenni come spazio di abbandono, spaccio e combattimenti clandestini — non è un semplice contenitore, ma il catalizzatore primario del progetto. La sua rinascita, iniziata con fragili respiri nel 2019, si compie con ‘Corpus Imaginum’ in un autentico atto di trasmutazione: Mannino lo ha immaginato come un impianto artistico-architettonico totale dove architettura e pittura coincidono. Le opere sono installate in grandi light-box retroilluminati che evocano le vetrate di una cattedrale gotica: veri e propri dispositivi di luce che trasfigurano lo spazio, trasformandolo in un organismo vivente. La progressione cromatica accompagna il visitatore in un percorso ascensionale: dai lavori iniziali basati sui colori primari, archetipici e originari, fino al verde, colore di rinascita e rigenerazione. Il percorso si configura come una salita interiore: dall’atrio-prologo, si passa alla sacrestia con l’archetipo di Enea, fino al cuore della cappella centrale, dove cinque grandi pale d’altare dipinte dialogano con le pareti nude e i segni del tempo. Qui il nero, cifra dominante, scolpisce la tela e diventa sostanza plastica che plasma lo spazio, mentre la luce dei light-box restituisce un ritmo gotico e ascensionale. Ogni opera è una soglia verso paesaggi metamorfici in cui corpo, animale e ombra coesistono.
In termini alchemici, Mannino compie una Nigredo – il contatto con l’ombra e la ferita dello spazio – per giungere all’Albedo, la luce sospesa che risana e rigenera. L’artista non dipinge sulla storia, ma ne estrae l’essenza più oscura, elevandola. Così l’ex oratorio, da luogo degradato e violato, si trasforma in generatore di senso: un eco che prende forma e restituisce alla comunità un atto di guarigione. Come afferma: «Sono presenze che trattengono il respiro del tempo e chiedono di essere percorse come si attraversa un paesaggio interiore: lentamente, con ascolto».
DIRITTO ALL’IMMAGINE AFFETTIVA: OMAGGIO ALL’AMICO PHILIPPE BERSON, ARTISTA FRANCESCE RECENTEMENTE SCOMPARSO
Il titolo ‘Corpus Imaginum’ (corpo di immagini) è dichiarazione e programma: un corpo di opere che ridà corpo a uno spazio dimenticato e riafferma la centralità del corpo come tema. Mannino costruisce così una sua stirpe visiva, un’eredità di immagini che custodiscono memoria e sopravvivenza, un’indagine sul mito che caratterizza anche le sue opere teatrali (‘Prometheus. Il Canguro Azzurro’; ‘El’).
In questo contesto, due tele sono dedicate a Philippe Berson, amico fraterno, artista e cofondatore di Atelier Nostra Signora. Non antenato di sangue, ma di spirito e creazione, Berson diventa parte del “corpo” dell’atelier. Nonostante Mannino non abbia esplicitamente richiamato lo ‘Ius Imaginum’ del Diritto Romano — il privilegio patrizio di esporre le imagines (maschere in cera) degli antenati illustri — queste due tele ne richiamano involontariamente la funzione. L’energia del “fratello d’arte” trasforma il dolore della perdita in una presenza tangibile, legittimando l’identità dello spazio e assicurando che la sua energia e il suo genio rimangano parte integrante e fondativa del “corpo” vivo dell’Atelier. È, in quest’ottica, un’interpretazione critica che riconosce nell’opera di Mannino un atto di diritto all’immagine affettiva, non più legato allo status sociale, ma al lignaggio spirituale e artistico.
Con ‘Corpus Imaginum’, Mannino si rivela non solo pittore ma costruttore di luoghi e visioni. L’ex oratorio diventa una cattedrale contemporanea in cui il visitatore non guarda soltanto, ma attraversa e respira l’opera. Qui l’arte non decora, ma guarisce: canalizza e rigenera un’energia torbida, trasfigurandola in nuova forma. Non solo una mostra, ma un atto di resurrezione, una liturgia laica che intreccia arte e architettura, mito, memoria.