Antoni Arca, Antonello Ardu, Veronica Atzei, Antonio Boggio, Alessandra Dessì, Debora Lampis, Igor Lampis, Andrea Maccis, Emiliano Manca, Maria Antonietta Marras, Savina Dolores Massa, Carlo Mulas, Francesca Mulas, Roberto Mura, Ivo Murgia, Andrea Pau, Giacomo Pisano, Emanuele Pittoni, Pasquale Demis Posadinu, Gianni Zanata. Venti autori per venti racconti che scansionano la complessità dell’ansia e della paranoia, nei suoi aspetti al contempo più rocamboleschi e profondi, consegnandoci una risata e uno specchio con cui confrontare tutti i nostri labirinti mentali: Paranoie, testo a cura di Igor Lampis e Ivo Murgia, edito da Il Cenacolo di Ares. Questo libro finanzia Ubuntu Trade Progetto equo solidale per la produzione di cola attraverso lo zucchero di canna del Malawi e dello Zambia (Bookbuntu project – Partnership con Associazione Cose dell’Altro Mondo). ll Cenacolo di Ares è un progetto culturale dell’associazione senza scopo di lucro Ethiquà che ha fra i propri scopi sociali quello di promuovere cultura e commercio equo solidale e bio nelle sue varie forme purché meritevoli. Il Cenacolo di Ares dal 2011 è una casa editrice non a pagamento che pubblica libri di Narrativa, Poesia, Saggistisca, Fotografia, Arte. Il suo scopo è quello di diffondere la propria filosofia attraverso la scoperta e la promozione di talenti che sappiano incarnarla e sappiano dare un senso alla scrittura e all’arte in generale, nella nostra società in cui perfino il prodotto editoriale è divenuto bene di consumo di massa.
Cinque stralci da altrettanti racconti scelti da “Paranoie”, Il Cenacolo di Ares, 2016
“Quell’altro non so più nemmeno che faccia abbia, se sia un po’ meno rude di quella volta o se abbia ancora quel taglio di capelli che odiavi quando gli dicevi che non poteva presentarsi così a lavoro. Lui ti guardava e ti sorrideva con una devozione che non si curava del rifiuto. Mentre tu lo snobbavi, sempre altero con i tuoi riccioli rossi da guerriero irlandese e il piglio di chi ha un’anima vecchia in un corpo giovane, io avevo per lui l’empatia del respinto e ho voluto riscattarti dalla tua algidità. È bastato un sorriso all’ortofrutta, mentre sistemava le cassette di avocado che qui arriva sempre acerbo e non matura mai. Certo, quel giorno non ho badato a chi mi passava davanti in coda alla cassa, non m’interessava. Quando hai una visione chiara delle cose, quando non ti senti sotto esame e giudicato per ogni tua mossa, riesci a dominare gli eventi e puoi sopportare di tutto”.
(da ALONE di Alessandra Dessì)
“Era rimasto subito sbigottito dalla facilità con la quale il Camaleonte riusciva a eludere pedinamenti, controlli e sorveglianze. Il suo repertorio di coperture e false identità pareva illimitato. Era come se fosse in grado di anticipare le mosse di chi lo inseguiva, quasi ne comprendesse l’indole e le intenzioni profonde. Tutto ciò non fece che accrescere il rispetto di Arturo per quell’uomo, e perfino una certa inconfessabile ammirazione per la più che meritata fama che l’aveva reso talmente noto da essere in un certo senso meno alieno di altri terroristi internazionali. Monroe cominciava ad avvertire il bisogno di proteggersi da un rischio imprevisto. Non aveva mai lavorato da solo con un obiettivo rappresentato da un singolo individuo. E si rendeva conto del fatto che più si avvicinava al compimento della missione e più si sentiva assurdamente affratellato a quel nemico. Più si approssimava la cattura e più assaporava la raggelante sensazione di accostarsi a se stesso”.
(da IDENTITÀ di Emiliano Manca)
“Come faccio sempre quando non posso oppure non mi è permesso scrivere, sognai il racconto. Invece di due, tre volte, in modo da riuscire a ricordarlo alla perfezione, al risveglio. Onìronarravo di uno spadaccino negli ultimi anni in cui ancora era lecito sfidarsi a duello. Non ne aveva mai perso nessuno, in particolare con la sciabola, né che fosse al primo né che fosse, ça va sans dire, all’ultimo sangue. Nemmeno ricordava quanti duelli avesse combattuto: dieci, dodici, quindici. Aveva però contezza di avere (ab)battuto due tenenti, un capitano, un colonnello e perfino un borghese, un poeta, diceva il fu. E proprio la figlia del (fu) poeta, una splendida fanciulla non ancora sedicenne, giunse a sfidarlo. Una cosa del tutto impensabile, perché alle donne non era consentito duellare, perché la legge che li aveva resi un crimine era entrata in vigore già da quasi tre mesi, e, soprattutto, perché non sarebbe stato giusto: lui era troppo forte per un uomo, in quanto spadaccino, figuriamoci per una donna”.
(da ÇA VA SANS di Antoni Arca)
“E adesso vai a metterti una vestaglia, puttana lercia. Ti credi forse affascinante, così conciata? Non fare quel rumore con la bocca. Le maritate quando si trovano un lavoro diventano tutte troie. E neppure un figlio mi hai dato e l’abbiamo sempre saputo che il problema era il tuo. Sterile di merda! Pancia secca. Che femmina sei, eh? Non trovi le parole, te le suggerisco, te le metto dentro quella tua bocca volgare, dillo!, sono uno scarto umano. Dillo che sei una inutile feccia per l’Umanità! E ringrazia di non essere nata in tempi da Inquisizione. Femmine come te, buone solo per i roghi. Sarei stato il primo a riempirti la vagina di pece. Tu in brace: oh oh oh pensiero esaltante. E osasti pure dirmi fingendoti pudica, Perché non fai gli esami clinici anche tu? Io! Perfetto mi ha fatto mamma. Un gioiello mi ha fatto mamma: unico. Il suo orgoglio, ero, quando mi portava a passeggio, o in chiesa”.
(da E RISPONDI QUANDO TI PARLO! di Savina Dolores Massa)
“Dicono che se guardi i selfie degli altri ti danno sempre un’impressione diversa rispetto a quella di chi lo pubblica: gente che vuole farsi vedere felice e invece fa solo finta di esserlo. Per non parlare di quelli che vanno al museo e a teatro e si fotografano all’ingresso: guardate come siamo colti, siamo a teatro, al museo. Ma la categoria che odio di più è quella dei pranzi di famiglia: eccoci tutti qui, guardate come siamo una famiglia unita, davanti a una tovaglia in disordine e ai piatti sporchi. Io questo di buttare la tua vita privata in piazza non lo sopporto proprio. Ecco, finalmente arriva il mio Bellini. Carino il bicchiere e che bei colori, hanno messo anche la fettina di pesca per decorarlo. Certo se adesso mettessi questa foto chissà quanti like. Che poi dicono che tutti questi mi piace non siano veri, che sia tutto un cercare autostima, che il nostro profilo sui social è sempre finto e costruito. Non è vero niente, io ho solo contatti di gente che conosco, che frequento anche al di fuori di Facebook”.
(da CHE POI IO FACEBOOK MANCO LO VOLEVO di Francesca Mulas)