“Ziq”, un amico straordinario per riflettere e riflettersi insieme, anche in teatro.

«Ziq ritira l’ombrello per staccare l’amo dalla bocca del pesce. Il pesce guarda Ziq e sbatte la coda, apre e chiude la bocca, Ziq capisce che quella bocca vuole il mare, Ziq sente che il pesce sta per soffocare, un pesce non può respirare l’aria. Ziq ha fame ma non può mangiare quel pesce, non ce la fa, non lo mangerà. Non può mangiarlo perché sa che quel pesce sta soffrendo, allora pensa che è meglio liberarlo, farlo tornare nel mare. Ziq non può vedere quel respiro finire, non può vedere morire nessuna creatura». Un passo parlante scelto da “Ziq è sulla spiaggia”, incantevole libro di Lina Maria Ugolini, edito da Ensemble. Un libro senza tempo, una lezione «facile e leggera», come solo un bambino può darcela, che accogliamo di pagina in pagina come percorrendo un lunghissimo litorale dove «c’è posto per tutti».

Ziq è un bambino di straordinaria bellezza, desto e coraggioso. Ci racconti com’è nato?
È stata la vita mostrarmi i suoi occhi e soprattutto i suoi ombrelli. Circa due anni fa, sul Gargano dove vado per insegnare Poesia per musica in Conservatorio. Stavo da sola sulla spiaggia. Era il mese di luglio. Lungo la battigia passavano quei venditori che ogni anno lasciano sulla sabbia milioni e milioni di passi. L’uomo del cocco, il gigante dei tappeti, l’uomo con la torre di cappelli. Tra questi a un tratto è appeso Ziq… carico di ombrelli da pioggia, sporco e grigio tra i colori dell’estate. I nostri occhi si sono incontrati. Ho distolto per poco lo sguardo e quando sono tornata a cercarlo non c’era più. Sparito. Non l’ho più visto, chissà perchè… Per questo ho immaginato una storia per lui.

Ziq ci offre la possibilità di immedesimarci ininterrottamente nell’altro, nelle circostanze della vita così diverse e imprevedibili per ognuno. Cosa ti ha lasciato?
Ziq è un migrante che scappa dalla Siria in guerra, da Hama la città delle norie, delle grandi ruote idrauliche. Vive un dramma immenso, la separazione dalla famiglia, la morte, la violenza, il viaggio in mare ma soprattutto Ziq è sulla spiaggia è un romanzo che parla del potere dell’immaginazione, della capacità d’osservare le cose appoggiando sul naso occhiali d’argento, occhiali fantastici. Gli ombrelli di Ziq nel corso delle pagine diventano sempre altro: una spada, una canna da pesca, pali per giocare a pallone, fiori, soffioni. Poi c’è l’invenzione della musica del racconto composta da suoni che ritornano in virtù delle figure retoriche della ripetizione generando una forma chiusa, come quella di un Rondò. Nel libro tutto è cerchio: l’ombrello, la ruota, la prima pagina e l’ultima… I capitoli di Ziq si sviluppano sulla pagina da inquadrature cinematografiche. Ha lasciato in me ciò che lo ha fatto nascere: la memoria d’immagini raggrumate in sedimenti di emozioni. Parole che mormorano dentro una conchiglia.

Ziq approda in teatro. Quali le peculiarità dello spettacolo? Quando e dove sarà possibile vederlo?
Di Ziq è sulla spiaggia, la Compagnia GoDoT ha curato uno spettacolo intenso e visionario per la regia di Vittorio Bonaccorso presente in scena anche come attore. Ha debuttato nel mese di dicembre al Teatro Ideal Ragusa con grande successo e standing ovation per il protagonista Giuseppe Arezzi. Federica Bisegna nel ruolo della madre di Ziq, ha curato anche i costumi. La musica delle ballate di poesia è stata composta per l’occasione dal maestro Pietro Cavalieri. Lo spettacolo, articolato da una straordinaria macchina teatrale fatta con ombrelli inventati dal regista, racconta la tragedia della realtà unendo tre linguaggi: la fiaba, lo scarto surreale e la poesia. Speriamo di portarlo a Catania la prossima stagione. Il nostro sogno è quello di farlo approdare in luoghi come Lampedusa o Riace, ovunque la terra ferma rappresenti la speranza di ogni esule che prende il mare. Avrebbe un grande valore.

Infine ti chiedo una riflessione sulla scrittura o, meglio, sulla narrazione rivolta hai bambini. Quali le caratteristiche imprescindibili per catturare l’ascolto?
Il linguaggio di una storia per me deve essere sempre alto, dare di volta in volta una forma nuova alle emozioni, qualunque sia il destinatario. Lo ribadisco sempre. Nel mio mestiere cerco di fare Letteratura, scavo nel profondo di me stessa per trovare – come diceva Giorgio Caproni – l’altro, l’umanità. L’ascolto non si cattura con trucchi vuoti (che ci sono a vengono usati assai sovente), si condivide con l’intimità, con l’ardore della compassione al servizio del parola: un atto d’altruismo che ammalia, incanta, commuove. Amami lettore, adulto o bambino, questa è la voce di un cuore onesto che prima di servir se stesso serve la Scrittura.

 


(la versione ridotta di questa intervista a cura di Grazia Calanna è apparsa sul quotidiano “La Sicilia”, pagina Cultura del 28 Maggio 2019).

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