Chi?
Le principali protagoniste del mio libro sono due “Anne”…Una “Anna” piccola – Anna Cannavò – una bimba di appena 11 anni che vive a Siracusa nel 1968. E una “Anna” più grande, e cioè la scrittrice Anna Maria Ortese, che nel 1968 aveva appena vinto il Premio Strega con il romanzo “Poveri e semplici”. La piccola Anna è una bimba che proviene da un tessuto sociale defilato, scompaginato. Il papà è disoccupato, la mamma, per aiutare la famiglia, fa la sarta a domicilio. Ma la bimba quasi non se ne accorge, perché è assorbita dalla scoperta della poesia. “Le parole poetiche” (come le chiama la piccola Anna) sono infatti per lei una sorta di lente di ingrandimento sulla realtà. Dilatano il senso profondo delle cose, nascono in lei come fiori disadorni, eterni, che le consentono di guardare là dove nessuno guarda, e di percepire l’invisibile nel visibile. Per questo motivo quando a scuola le viene comunicato che il ministero della pubblica istruzione ha indetto un concorso letterario (che ha come oggetto quello di scrivere una lettera a una grande scrittrice), non ha dubbi. E decide di partecipare mandando la sua lettera.
Quale non è la sua meraviglia quando scopre non solo di avere vinto, ma anche che il premio consiste nel trascorrere una intera settimana a Milano, a casa della grande scrittrice: Anna Maria Ortese!
La bimba sente di aver coronato un sogno irraggiungibile e parte alla volta di Milano per trascorrere una indimenticabile settimana con “la signora Anna”.
La storia quindi si incentra sul rapporto tra queste due specialissime “Anne”, sul mondo poetico che si svelerà alla bimba e alla medesima Ortese. Infatti entrambe avranno qualcosa da imparare in questa settimana così miracolosa. Ad entrambe l’esperienza lascerà nel cuore un vincolo di insospettabile tenerezza e di reciproco bene.
Cosa?
I temi che affronta il romanzo sono tanti. In che modo lo sguardo poetico possa generare compassione umana, rispetto per l’altro, perdono. E quanto la letteratura possa essere “casa”, luogo di esperienza della libertà, del senso, del profondo mistero che guida l’esistenza. La piccola e la grande Anna sperimenteranno che le parole poetiche non sono mezzi per fuggire lontano, ma – al contrario – per affrontare la vita con più profondità, con consapevolezza e pietà, con dolore e amore per il destino dell’altro.
Quando?
L’idea del romanzo è nata moltissimi anni fa, nel 1996, quando avevo appena vinto il concorso in magistratura. In quella occasione sono entrata in libreria per festeggiare e “farmi un regalo”, e sono rimasta colpita dal romanzo “Il cardillo addolorato” di Anna Maria Ortese. In quel libro il cardilluzzo è un uccellino modesto, senza particolari doti di bellezza o di fascino. Però, riesce a cantare il dolore del mondo, il rammarico e la ferita generati dalle profonde diseguaglianze della società. Ecco…è a quell’anno lontano che devo la voce di queste due “Anne”. Mi sembrò una coincidenza stupefacente quel canto del cardellino, quel suo sfogo accorato per le ingiustizie umane consegnato proprio a me, che stavo per calcare le aule di giustizia. Da allora ho sempre pensato che mi fosse stata rivelata una profonda verità, ossia che non possa esistere giustizia senza la poesia.
Dove?
Il libro è stato scritto al mio tavolo di lavoro, là dove scrivo anche le sentenze e i provvedimenti, là dove si consuma tutta la vita di un magistrato: tra i faldoni, lo studio dei reati, le domande di risarcimento, gli appelli ai diritti fondamentali, le richieste di pietà. Su quel tavolo ogni movente dell’umano agire si sovrappone, piange, si dimena. Ed è sempre lì che nascono tutte le mie storie…all’alba, prima di andare in udienza. O la sera, dopo aver completato il mio lavoro.
Perché?
Il perché di un libro è sempre imperscrutabile, si può veramente dire che nemmeno lo scrittore lo sappia. In genere lo scopre sempre dopo, ma quando una voce chiama bisogna semplicemente seguirla, farsene abitare. A me piace moltissimo quello che dice Pessoa sulla scrittura e cioè che è qualcosa che straripa, un incontenibile esigenza di dire, di dirsi, di rivelarsi prima di tutto a se stessi. Ecco…credo che la ragione dello scrivere risieda sempre nello scandaglio del mistero che noi stessi siamo. Scrivere è far emergere l’oscuro, l’inabitabile, e persino l’indicibile. Luce e buio, che fuoriescono dal medesimo squarcio.
scelto per voi
Ed infine, un brano del libro, scelto per i lettori, il momento in cui la piccola Anna, dopo avere trascorso una intera settimana a Milano da Anna Maria Ortese, fa la valigia per tornare a casa, in Sicilia.
…Poi ho tirato fuori la valigia da sotto il letto, ci ho infilato dentro le due vestine nuove e
la vestaglia mai usata con sopra il profumo della signorina Maria. Ho avvolto nel
giornale il libro Angelici dolori con la dedica della signorina Anna e le scarpe buone che
indosserò solo a Natale.
Ma per la verità mentre chiudevo le stringhe, pensavo che in quella valigia tutte le cose
che avevo visto a Milano non ci entravano, e soprattutto non ci entrava l’universo creato
che era la fissazione della signorina Anna, un posto che per lei è inadatto all’uomo e al
suo dolore. E non ci entravano le piccole creature che le piacevano tanto, i gatti
azzoppati e le iguane ferite, e nemmeno tutte le città che aveva attraversato e che alla
fine l’avevano resa triste e bellissima. Ma soprattutto non ci entrava il sentimento
poetico e la giustizia, perché una volta la signorina Anna mi aveva detto che senza la
giustizia non poteva esserci nemmeno la poesia, e Maria aveva sospirato felice, si era
messa la camicia da notte sopra il cappotto ed era voluta uscire fuori, dicendo: andiamo
a guardare le stelle, uccellino.
Allora nella valigia ci ho stipato le braccia di Anna con lo scialle bucato, i quadri della
galleria di Brera, la mia maestra e gli amanti, le punte del Duomo, lo smog, la vita e
suoi battiti, uno, due, tre, mille. E ancora la periferia, muri spaccati, scritte che parlano
di rivoluzione e solitudine. Uno, due, tre mille.
La mia valigia è pronta, signorina Anna. Colma delle cose che non vedo.
*
Simona Lo Iacono è nata a Siracusa nel 1970, è magistrato e presta servizio presso il tribunale di Catania. Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Le streghe di Lenzavacche (Edizioni E/O), selezionato tra i dodici finalisti del Premio Strega.
in copertina ph tratta dall’interista su www.raicultura.it