#1Libroin5WPoesia
Chi?
Qualsiasi “io” abbia conosciuto la perdita e strenuamente desideri e finga (scrivendo, leggendo) mantenere un dialogo. Tutti noi, non solo madre e figlio.
Cosa?
Il lutto per la scomparsa della madre, il dialogo.
Quando?
I testi di Inverni appartengono al lustro 2017-2022, e l’organizzazione in un unico volume è del 2022; verosimilmente però, data la tematica, il libro poteva non concludersi; a un certo punto dici basta, va bene così, lo pubblichiamo così; non perché possa mai dirsi esaurita la materia, ma perché un libro è un libro e deve avere una fine.
Dove?
In tutti i luoghi dove più non sei. A livello topografico l’ambientazione è tendenzialmente siciliana e collinare, tra ambienti interni ed esterni, domestici per lo più, ma sono presenti luoghi della memoria, anche non isolani, anche marini.
Perché?
Il titolo rinvia indirettamente alla stagione non trattata ne Il nome di mia madre, che ferma la propria narrazione all’autunno; il plurale indica il lato simbolico della stagione invernale nel volume stesso. Ed ecco la domanda insidiosa, il perché leggerlo; perché profondarsi in verità umane quali il lutto, la morte, il desiderio di dissoluzione risponde a parte della vita dell’uomo, contraltare privato della spesso ridanciana, patinata, vacante, di-vertente esteriorità; perché uno spazio interiore muto in cui innestarsi con la parola, isolandosi dal tempo, dal fluire delle cose (e delle persone) è necessario; perché un dialogo lo si cerca di mantenere anche oltre la vita, e la forma-poesia canta questa illusione benefica;
[…] perchè pria del tempo a sè il mortale
Invidierà l’illusion che spento
Pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
Gli sarà muta l’armonia del giorno,
Se può destarla con soavi cure
Nella mente de’ suoi?
E ancora perché è scritto secondo uno stile tendenzialmente classico (coerente col primo volume) con libertà di rielaborazione personale di parte della tradizione poetica italiana, vivendo di una strana e antica musicalità, che prescinde dal tema luttuoso, e che anzi lo accompagna e lenisce, come Franca Alaimo spiega nella postfazione; stile che si innesta in un tempo volutamente lontano, lascito di quello che non ci sarà più; poi di motivi possono essercene altri, che sono sempre gli stessi motivi per cui si legge, e poesia specialmente: immersione, catabasi, catarsi, piacere nel rileggere echi poetici personalmente riproposti, riprendersi parte del tempo strappato via, ascoltare una musica, restituirsi a se stessi ecc.
Agogno la quiete dell’erba
la mente non sogno, ma resa
mi renda: mi arrendo alle aliene
(ma liete, un po’ spente, serene)
serate stordite al bicchiere:
io voglio annullarmi sul fondo,
stroncare il pensiero sul nascere
rinascere lieve nel sogno,
nel sogno trovare mia madre,
scordarmi di tutto,
di me, della gente, del mondo.
Solitamente in me l’inverno scaccia
col suo gelore ogni pensiero greve:
dalla finestra vedo il grigio monte
tremano i pini sull’aereo picco;
batte sui vetri, bianca, chicco a chicco
grandine tinnula in sciami dal monte.
A volte è pioggia, ghiaccia ma non neve;
nulla oggi è lieve, madre, ma minaccia.
Lei scialba di candore
Lei scialba di candore
tra pollinosa nuvola al cancello
la vidi, nell’ombrello
giallo della mimosa florescente;
sembrava ritornata adolescente
nel suo niveo pallore.
Andri, come stai?
Era una voce tremula,
vomica, nauseata, come in pena,
come voce che tema
se stessa inascoltata.
Era la mїa voce come in pianto,
flebile acuta, di chi piange guai.
Sto male, mamma, sai?
tu non ci sei e in quanto
alla mia vita… no, non l’amo mai.
Ecco una lacrima solcava il viso
esangue, e non accenno di sorriso.
Ho male al cuore: lo strazio è infinito:
dimmi, è un dolore che non muore mai?
Ma mi leggi? Mi pensi? Cosa fai?
Sai che vorrei venire lì con te?
Lo so, viene chi muore…
Ma piacere non ho nelle mie ore.
E bevo. Raramente, al mondo, piango,
solitamente taccio.
Ribevo e piango solo
e piangendo e bevendo mi disfaccio
e gemo e tremo e piango:
rimango, inerte, solo.
A quelle mie parole
sbiancò il velo del sole.
Micia che dice, come sta?
Si annoia, è triste, sempre là,
sonnecchia sul divano.
Un miagolio lontano
come in affanno, piano,
forse si udì in risposta a quel richiamo.
La gialla nube marzolina sparve.
Il prato emise un grido
a un tratto si contrasse
abbrividì nel bianco.
—
Andrea Castrovinci Zenna (nella foto in copertina), nato a Palermo nel 1988, è docente di Latino e Italiano nei licei. Ha pubblicato le seguenti sillogi poetiche: Il nome di mia madre (Ensemble, 2018) Inverni (Terra d’ulivi, 2022) Amoris carmina sex (Edizioni dell’Angelo, 2023, nella collana Countdown) Il pettirosso rosso, Haiku insieme a Franca Alaimo Daìta Martinez e Pietro Romano (Ladolfi editore, 2024). La prima raccolta arriva terza al Premio Pascoli, L’ora di Barga (2018) e, con l’ultimo testo, vince la terza edizione del Premio Isola Pino Fortini (2018). Testi inediti e recensioni sono apparsi su diverse riviste del settore e su quotidiani, tra i quali «Poetarumsilva», «Atelier online», «Liminamundi», «Larosainpiù», «Bottegaportosepolto», «poetidelparco». Ha scritto su autori di poesia contemporanea su altrettanti blog del settore, tra cui «Ibridamenti», «Poetarumsilva», «Menabòonline», «Anterem». Dodici dei suoi prossimi Sonetti alcolici sono usciti sul numero 111 di «Atelier», a cura di Giovanna Rosadini, come anteprima editoriale. Sette dei futuri Sonetti alcolici saranno a breve pubblicati sul volume antologico Dark way of Sicily – Voci black per le edizioni Ilglomerulodisale. L’inedito Riposi placida al cuscino stretta, presente nella raccolta Amoris carmina sex, aveva vinto il primo premio Edizioni del Mirto Pino Fortini 2019-2021 IV edizione ed è stata tradotta in lingua spagnola.