Un libro letto a vent’anni e più volte riletto, Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (8 settembre 1943- 25 aprile 1945), a cura di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli (Einaudi, 1974) ha oggi come ieri valore testimoniale e testamentario di quanti combatterono per la Resistenza. Un epistolario lucido e doloroso, centonovantaquattro lettere di detenuti per motivi politici, uomini, donne, ragazzi imprigionati e condannati alla fucilazione o all’impiccagione dal regime nazi-fascista. Indirizzate ai familiari, agli amici, ai figli, alle mogli, ai padri, a fratelli e sorelle, alle madri soprattutto, per esortarli a vivere in nome degli ideali di libertà e giustizia, valori inalienabili per i quali andranno a morire, alcune di queste lettere sono state fonte di riscrittura in versi.
Mimma, un giorno ti diranno
saprai che la tua mamma non ha avuto
un processo giusto o ingiusto che fosse.
I tuoi piccoli anni orfani
come un dolore attorcigliato adesso
sfiancano le poche, necessarie parole
raccolte per te. Non ti vedrò
crescere, altri ti alleveranno:
perdona la brutale sparizione,
l’assenza non voluta.
Sarà fatta e così sia
(per chi ci crede), la volontà di Dio:
sarò andato lontano,via da giorni
quando alle vostre mani
altre mani pietose tremanti daranno
il consunto lacerto di carta: il mio nome, la data
sotto tre righe: ferito, catturato, seviziato
per ore, niente da confessare,
nulla di cui pentirmi.
Trascorsi sei giorni
e cinque notti, la notte sesta
ho sognato la casa e ho visto te,
Enrichetta, ho visto nostra figlia. Sulla porta
di casa qualcuno bussava forte,
qualcuno ordinava: Aprite!
Echeggia nel mio cuore di padre
la voce infantile di Ivana
che nel sogno diceva: no.
Io, condannato a morte
insieme a molti altri, dico: viva
la libertà dei popoli. Chiedo perdono
a tutti, ma un’idea è un’idea
e nessuno la rompe. Tra poco, dicono, respirerò
l’aprile appena nato, la prima aria gentile
interrotta dal secco comando di Fuoco!
Torturato nel corpo, non
nell’anima, a mia memoria lascio
l’epitaffio per me. Farete scrivere:
Resistere è un dovere non da poco.
Cara, sono certo che non farai caso
a queste righe contate: non abbiamo
mai avuto bisogno di troppe parole
tra noi nei giorni caldi
del risveglio insieme.
Giovanni se ne va. Bacio devoto
il tuo nome inciso sulla fede
– la data delle nozze, solo tre anni fa.
Ho combattuto in nome
d’una giusta causa, dunque
non giudicarmi. Ho fatto il mio dovere
era questo il dovere da fare.
Ora che torna a casa la pelle fredda
della giovinezza bucata, messa
al muro dal piombo tedesco,
da sorella a fratello, una sola
preghiera: sigillatemi il cuore,
gli occhi, la bocca, le braccia conserte
nella terra di Sestola.
Abbiamo pochi minuti
sarò il primo a passare la porta.
Madre, prega per me se credi
possa fare la fede del bene
al tuo dolore.
Amici, compagni di lotta
venite a a prendermi: troverete
il mio corpo dove l’hanno lasciato
– di qua dal ponte, nei pressi
della scuola cantoniera.
Debbo purtroppo farvi sapere,
invece che la grazia, è sentenza mortale.
Mi sia data, prego, cristiana sepoltura.
Segni di riconoscimento, quando e non so dove
quel che resta del corpo troverete: indosso
la frusta giacca di fustagno
sopra il maglione di lana, pantaloni
da sciatore, scarpe da casermaggio.
Fa freddo, da queste parti.
Nove giorni di cella
lasso di tempo infelice
che ad ogni istante nella testa
batte, dopo la farsa chiamata
processo. Vi prego madre, fratello
miei cari: non affaticate con il pianto
i vostri mesi, gli anni che verranno
serbate intatta la stanza dei libri
il quaderno su cui scrivevo
pace, speranza, parole buone
per il giorno dopo.
da MEMENTO (dalle Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana), testi inediti di Maria Gabriella Canfarelli
Nota biobibliografica
Maria Gabriella Canfarelli (Catania, 8 marzo 1954) ha pubblicato i libri di poesia Battesimo di pioggia (Acireale, Publinform, 1986); Domicilio (San Gimignano, Nuovi Quaderni, 1999); Cattiva educazione (Roma, Zone Editrice, 2002); Zona di ascolto (Bologna, Giraldi, 2005), primo premio “Renato Giorgi”, L’erborista (Imprimatur, 2010) e nel 2015 Dichiarazione giurata dell’attrice (Ed.Novecento, a cura di Renato Pennisi). Altre poesie sono apparse sul web (L’estroverso, Girodivite, poetidelparco, Poetarum silva), sulle riviste di letteratura Via Lattea, pagine, Atelier, Le Voci della Luna, La terrazza, Anthos, Periferie, e nelle antologie Ditelo con i fiori – poeti e poesie nei giardini dell’anima, a cura di V. Guarracino (Zanetto, Montichiari-Brescia 2004); La battana n.184 (Femminino profondo alle pendici dell’Etna, a cura di Laura Marchig); Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea n.1 (Quaderno n.4: Sicilia, a cura di Giuseppe Condorelli, Raffaelli, 2013); antologia Ambrosia (Milano, La Vita Felice, 2015); Umana, troppo umana (a cura di Fabrizio Cavallaro e Alessandro Fo, Aragno, 2016). Ha pubblicato il testo per il teatro Amori (Anthos n.1-2, A.2013) e su La terrazza i racconti Prima del compleanno (2013) e La disattenzione (2017). Ha curato (2006/2009) la rassegna Poesia siciliana contemporanea per la Rivista di poesia internazionale pagine, diretta da Vincenzo Ananìa. Collabora alla rivista di Letteratura e Ricerca La Terrazza (Ed. Novecento) e a Periferie (Edizioni Cofine). In lingua siciliana, nel 2019 ha pubblicato Provi di lingua matri (Edizioni Novecento, premessa di Gualtiero De Santi), finalista al Premio Città di Marineo 2020.
in copertina acquerello di Andrew Wyeth