Francesca Taibbi. Dieci poesie da Schegge

copertina schegge francesca taibbi

ASSEDI
Le carni compattate
in ali macilente
non si levano in volo,
spossate verità
le inchiodano
al suolo.
 
 
DATTILIOTÈCA DI PRIME BALLERINE
Nello scrigno
giriamo giriamo.
Ballerinette di fila
col tutù inamidato
deambuliamo
esitanti
inquiete
in attesa
di chi ci incoroni
sue étoile
di plastica.
 
 
IL BOTTONE
 “Vita,
che vita sei,
dal nulla
vieni
e nel nulla
te ne vai”
scriveva
mio nonno.
 
E ora,
ricordo,
nei suoi
sfilacciati
sorrisi,
i miei piccoli
passi,
svelti e imprecisi.
 
I guizzi del fuoco
le risa argentine
le corse
gli scherzi
e le monetine
che ruotano
mosse
da dita
possenti.
 
I piatti
disposti
sul tavolo immenso,
gremito di volti
………………
ogni giorno
il più intenso.
 
Le gocce di vino
appena appoggiate
su labbra bambine
ma mai così amate.
 
Nel pugno
un bottone,
tesoro sottratto
a un piccolo mondo
-nel pensiero-
intatto.
 
 
DA EVA IN POI, IN PRIMA PAGINA
Soggiogati dall’odio
instillato giornalmente,
un vaccino dosato
per abbrutire le menti.
 
La vittima era bella,
brava e virtuosa,
madre di famiglia
o ragazza coscienziosa.
 
Eppure un tarlo
scalfisce l’innocenza…
 
Bombardati,
brutalmente impietositi,
chiniamo distratti i polsi
verso carnefici
resi innocenti.
 
Sicuri che la vittima non menta?
 
 
NOVELLA PENELOPE
La tela,
disfatta,
respinge l’addio
e il filo
rincorre,
scacciando,
l’oblio.
Disegna il ricordo
e si increspa,
taciuto,
un sorriso.
Attendo l’eroe,
attendo,
non vivo.
 
 
STORDIMENTO
Le tue labbra,
ostie profane
che tengono in ostaggio
la mia vanità.
 
Il tuo sangue,
oscillante magma
che oltraggia la barriera
delle mie perplessità.
 
Il tuo corpo,
ostentato dio pagano
nel mio tempio.
 
La tua mano sul mio viso:
calco della mia volontà
in tuo possesso.
 
 
PAROLA
Rotonda,
sfiori la guancia,
rotoli
fin sulla lingua,
salato dolore,
acquoso desiderio
dell’assente.
 
 
LEGAME DECADUTO
Nel groviglio degli errori
ci sei anche tu,
martire assenteista
pronto a scagliare,
tra altalenanti promesse,
le tue ampollose sentenze
che scalfiscono,
con perniciosa cura,
la mia (speri mesta) figura…
solo il tuo ego non è incostante.
 
 
VINCOLI IMPERPETUI
Giuri e spergiuri
tra mille pudori,
tentando
invano,
di sedare i clamori.
 
Voti incastrati
tra incalzanti domande
denudano incertezze
sopite nella mente.
 
I trini ammonimenti
non lambiscono
i sospetti.
 
Non celano le fiamme
i mendaci singulti.
 
E il gallo continuò a cantare.
 
 
MERCANTI DI PAROLE
Addestrati cultori dell’arte
vanagloriosi e tronfi
pronunciano voti a mezza bocca
con la restante
consegnano giudizi al tempio
dietro lauto compenso.

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