Nella prima edizione del suo Frankenstein Mary Shelley cita Erasmus Darwin e il suo «filamento», intuizione geniale che contribuirà alla stesura dell’Origine delle specie da parte del nipote Charles. Non a caso forse Filamenti, ultimo libro di Elisa Biagini, inizia con una frase di Mary Shelley per poi comporsi e decomporsi sulle pagine con la precisione che caratterizza da sempre una poesia in continuo dialogo con altre scritture, da Emily Dickinson a Paul Celan. Stavolta l’ispirazione letteraria si coniuga anche con la volontà di «annusare la terra», descrivendone le diramazioni, le ramificazioni attraverso un galvanismo delle parole che scuote la biografia propria e altrui.
(Antonella Anedda)
Sette poesie da “Filamenti” di Elisa Biagini, Giulio Einaudi editore, 2020.
Hai bussato
al polmone, hai tolto la
linguetta perché partisse
il meccanismo, il mio
chiamarti.
—
S’allontana il tuo
essere nel mondo,
la camera dell’occhio
si riduce e tu
torni al paesaggio,
abbracci l’aria
e poi la terra annusi.
—
Ramo su ramo
ricostruiamo un
sabato, una porta
al mondo parallelo
dove si mangia
pane di riso.
—
Questo tuo mordere è
per acchiappare
il mondo, tentare
di portarne un pezzo
via con te.
—
Qui si va scalzi,
dicono, non le
calze promesse o
le pantofole andate
al calcagno: deve
salirti quell’aria
al polmone, quella
che soffia nei cassetti
della terra.
—
La testa sul cuscino: lo sporgersi incrinato dal vuoto al
buio, dal buio alla bocca. Le labbra che restano nere.
E le linee della tua mano sul mio piede.
—
Di notte, nella foresta di neuroni, risuona come i brillamenti
sul sole. Le sinapsi sfrigolano mentre si assottigliano.