Enrico Benaglia,  Clown addormentato





La notizia

 

L’aria divenne pesante di uranio.
Nessuno se ne accorse. La notizia
scórsa per caso e di fretta in un post
poteva risalire al giorno prima a quello dopo
o al mese passato.
Successe quando iniziò a saltare la connessione.
Fu una bella morte, indolore.





*





Parliamo di facce che non si vedono
in giro, identiche a loro stesse, fotogeniche,
liftate presumibilmente, da cinquanta
e più anni sono dappertutto, da nessuna parte, dove
devono stare esattamente, nelle molecole d’aria
anche, non ne conosci nemmeno una
non ti conoscono però sono loro
subito fuori dal filo spinato, ci puoi giurare.

 

 

Motrice [*]

 

Questa notte dimentico l’artrite, la cervicale
infiammata, stavolta mi lascio andare
vieni, ti dico, usciamo sotto le bombe
vediamo se riescono a prenderci ma non credo
i droni mentre danzano sulle nostre teste,
muoviti, così, mi muovo anch’io, guarda
scomposto, scoordinato, non importa
è il movimento che vanifica la mira
se stiamo fermi è già una fine, lanciamoci
ancora per questa notte, poi si vedrà.

 

 

«Salutando salutando…»

 

Sempre in ritardo o nei pressi, Vittorio,
sempre in altri spaziotempo, mai
nel vivo, nel centro. Se credi anche questo
è abitare la soglia delle parole
l’attimo esatto dove curvano.
Ci si ritrova un commiato a fior di labbra
o in un gesto della mano e nient’altro
al di qua di una riva, dietro un muro.

 

 

 

Questo non è Magritte

 
 
Sogno (dunque sono?) rovine antiche
iscrizioni in lingue morte e morti
tutti tranne io come sgomento, privo
della chiave, del chiavistello
quando mi sveglio solo di rapina
estorco un senso in buona fede
faccio quantomeno finta di crederci.





 
 

  
L’arte della guerra sul comodino
accanto alla sveglia è un giro di vite
in compendio: in ogni modo affilare 
la dentatura, h24, con gli esercizi
di diplomazia da ripassare. Chi dice non è
democrazia è in malafede o non vede
che vincitorivinti si rincasa tutti.
 
 
 
 *

 
 
 
La chiamiamo pace così per convenzione
ha un nome più dolce il coma irreversibile,
il nodo impeccabile alla cravatta, il badge
da obliterare alle otto e un quarto.
Ero un paladino altomedievale una volta
stando al dna che non mente, mi avvento
sulla tua camicetta se la porti troppo aperta
intravedo il reggiseno di pizzo, che altro
più simile ai vecchi tempi? Rivestendoci
ognuno firma senza parole il proprio trattato.
 
 
 
 
 
 
 

Reticenze

 

è un mattino che non esiste un’ora
che invento in versi per esistere
(G. Bertolucci)
 
 

 
 
Sputino quello che hanno da pensare
se ce ne stiamo nel tuo utero al quarto piano
una mattina fotocopia di altre, sopra
fantasie geometriche o floreali della trapunta
ci sfiliamo i vestiti con foga, li buttiamo
ovunque, sul comodino si rovesciano
le tazzine del caffè ma che importa.
Siamo due terroristi ed è una strategia
sovversiva, la nostra, una riserva di ossigeno
mentre un crescendo di clacson e otori
sale dalla strada, potrei perfino dirti così
prima di tornare alla carica sul tuo ventre.

 

 

Nella tana

 

Gli urli in ore come queste riempiono la via, una rissa
presumibilmente tra alcolizzati
giù alla fermata del duecentotrentasette.
Ancora non si intravede la fine della notte.
Tra il cuscino e le coperte, il male minore
tiene sotto scacco al di qua dell’intelaiatura
delle finestre, nella tana
il rituale ogni sera si replica identico:
due mandate e mezzo in senso antiorario, il chiavistello,
accertarsene ancora una paio di volte, poi in cucina
squadrare la manopola del gas già chiuso.

 

Ignifuga

 

L’eccesso è negli zeri che si moltiplicano
in dati ministeriali di semestre in semestre
e qui, per troppo buona educazione o consuetudine
a dondolare la testa, all’inerzia,
nessuno si incazza, signor Antonio,
meno che mai noi bella gioventù cosiddetta
di nessuna speranza, da noi non ci si aspetti
sangue o teste rotolanti o sulle picche.
A ribollire qui c’è rimasta solo l’Etna spettacolare
condivisibile e da pubblicare su milioni di bacheche.





*





Poi sposti il punto di fuga più in là,
metti il fuoco su un nuovo giorno nello specchio
con una mano che fa ordine tra i capelli
in buon anticipo sul primo autobus. Lo fai:
un po’ esorcismo un po’ preghiera.

 

 

 

 

 


[*] Già apparsa, pur se in una versione che si discosta di poco da quella attuale, sul blog dell’Unità, a cura di Davide Nota, Fonti coperte: http://fonticoperte.com.unita.it/culture/2013/09/08/nuove-poesie-contro-la-guerra-6/

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