I destini partecipati di Filippo Davoli

copertina I destini partecipati di Filippo DavoliEsiste uno strettissimo rapporto tra vita e morte, tra luce e buio, tra bene e male, tra sogno e realtà. Un rapporto stabilito non solo dal destino, e non fato, dalla determinazione del futuro nel cosmo e nel singolo individuo grazie all’intrinseco potere che esso esercita sull’agire umano, ma anche dalla capacità di saper sviluppare una personalità responsabile e creativa capace di controllare/dominare gli eventi razionali e irrazionali. Ne I destini partecipati di Filippo Davoli – La Vita Felice 2013 ci troviamo di fronte a una poesia capace di elaborare informazioni e quesiti sulle regole che determinano e governano lo stato delle cose. Ciò che a noi è sconosciuto o difficilmente comprensibile, inevitabilmente ci smarrisce, ci disorienta. La poesia riesce, invece, a farci riappropriare del mondo, conosciuto o sconosciuto, esplorandolo in maniera formativa, controllandone il cambiamento dei contesti nel mutare delle circostanze temporali. Davoli si assume il compito di percorrere e di descrivere i processi che fanno parte della contrapposizione tra le ‘due culture’: umanistica (pensiero) e scientifico/tecnologica (azione). In questo modo si fanno i conti con l’ambiente vitale che risulta formato da artifici e naturalezza, elementi che si intrecciano e si fondono senza lasciarsi sfuggire di mano l’atteggiamento positivo e di ricostruzione di fronte alla parola ‘fine’. Ogni persona, ogni cosa può restituire informazioni costruttive, nonostante la precarietà del circolo vizioso e accidioso in cui molto spesso si rimane aggrappati per fragilità, impotenza, cattiva volontà, voglia di non costruire, di arrendersi. L’autore sa farci percorrere, attraverso la sua poesia, gli stereotipi legati alla rassegnazione della caducità delle cose sviluppando un comportamento di accoglienza e di partecipazione dell’indefinibile che ci aspetta. Si attualizza la metafora, il gusto etico, l’ambizione realistica e strutturata dell’applicazione della scala di percezione sociale; si affina la tridimensionalità dello spazio mentale in un angolo di rotazione che ci trasforma, ci deforma perché tutti apparteniamo allo stesso cosmo, integralmente, in modo durevole.





Pomeriggio in piscina  II

A volte credo che ti ho visto crescere.
Mi tornano, più che le cose, le venature
delle mani, la liscia e ossuta
traccia dei polpastrelli. La voce invece
la coltivo da sempre, dentro di me
e quando certi momenti sto solo in casa
l’aria la porta ovunque ti rivedo.
Sapessi come fiorisce la primavera,
negli anni che non ci sei. Ma forse mi guardi
anche tu, da una sparuta nuvola
con grazia e distacco. Forse sorridi
perché è una cosa da uomini essere cauti
e lasciar correre il mondo.
 

La madre, le madri I

Oggi saresti forse come lei,
un viluppo ridotto di foglie
in un cono di ombre. Saresti forse
le sue poche parole ripetute
a litania, i suoi occhi che scrutano
per riconoscere. Interpreto
nella zia vecchia che neanche io riconosco
come saresti oggi tu,
se mi fossi vissuta altri dieci anni
e quanta delicatezza nell’accudirti.
E quanta regalità, tenendoti
come uno scrigno di perle nelle rughe,
nei denti caduti, nei bianchi
capelli che si sfanno.
Una tenera foglia che si accartoccia
bianca nel suo stupore.

*

Dove la vita si tocca con la morte,
dove il respiro la bacia e dischiude
l’altro soffio vitale. Noi non cogliamo
la tenerezza del volo,
quando trasmigra l’anima e si volge
leggera a chi rimane. Noi restiamo
incatenati nella morte, perdiamo
il brivido del bacio innamorato,
morti noi. L’ombra invece
sorride allontanandosi. La sua
è una fanciullezza non immemore
che si fa nuova.

*

Tutto passa, in questa vita. Si avvicendano
anche in noi – sentimenti, abitudini
che credevamo insormontabili, e invece…
tutto trascorre inesorabilmente
ed è bene così. Siamo frecce
puntate verso l’azzurrità. Ce ne andiamo
di viaggio in viaggio, di vecchiaia in vecchiaia
verso una giovinezza che non termina.
Oh certo, nell’andare di volta in volta rimaniamo
un po’ di noi avvinghiati agli affetti
e questo è un doloroso fastidio
ma pure qualcosa di noi deve restare
come traccia del vissuto su questa terra.
Tu non dolertene oltre misura.

*

L’alba è quella di sempre, un risveglio
che rimanda alla morte. Trema il cuore
nel vedere che nulla ci appartiene
nel brulichio del mondo che obbedisce
ai suoi moti istintivi, al suo trascorrere.

Solo lo sguardo innamorato sazia il fondo
buio della domanda. È così che si può
sentirsi parte viva dell’ordito, capire
il disfarsi delle cellule, la spoliazione.
Altro non sono che liberare l’amore
dal carcere sublime delle cose.

 

filippo davoliBiografia dell’autore

Nato a Fermo nel 1965, Filippo Davoli vive e lavora a Macerata. In ambito poetico si ricordano Alla luce della luce (Nuova Compagnia Editrice, 1996 – Introduzione di Franco Loi), Un vizio di scrittura (Stamperia dell’arancio, 1998), padano piceno (GED, Biblioteca di Ciminiera, 2003) e Come all’origine dell’aria (L’arcolaio, 2010). Nel 2001 è finalista al Premio “Dario Bellezza” e tra i vincitori del “Premio Montale” per l’inedito. È tradotto in Francia nell’antologia Filippo Davoli. Cinquante poesies – 1994-2003 (Editions Bénévent), a cura di Daniel Bellucci. In ambito critico letterario, oltre a numerosi articoli apparsi in varie riviste, insieme a Guido Garufi ha curato il volume In quel punto entra il vento, dedicato al poeta Remo Pagnanelli (Quodlibet, 2008). In ambito critico musicale, appare con un suo studio nel volume Cantami di questo tempo. Poesia e musica in Fabrizio De André. Atti del Convegno dell’Università di Cagliari, giugno 2003 (Aipsa Edizioni, Cagliari, 2007). In ambito teatrale, ha collaborato alla stesura di Osvaldo Licini, errante erotico eretico, insieme a Giovanni Allevi, Neri Marcorè, Tullio Pericoli e Sandro Polci. Vanta una lunga e collaudata collaborazione, letteraria e musicale, con il cantautore Claudio Sanfilippo. Direttore fino all’ultimo numero della rivista cartacea «Ciminiera», ne ha ricreato le intenzioni nella versione online «Osservatorio C-Miniera». È compreso in antologie come La poesia delle Marche. Il Novecento (Il Lavoro editoriale, 1998 – a cura di Guido Garufi), Il pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000 (Garzanti, 2001, a cura di Franco Loi e Davide Rondoni) e Trent’anni di poesia italiana e dintorni (Book Editore, 2005 – a cura di Alberto Bertoni).

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