Ketti Martino è nata a Napoli. Laureata in Filosofia; abilitata in Psicologia Sociale. Ha insegnato nella Scuola pubblica. Ha pubblicato le raccolte poetiche “I poeti hanno unghie luride” (Boopen Led, 2010), “Del distacco e altre impermanenze” (La Vita Felice, 2014), con la quale ha vinto la II Edizione del “Premio Nazionale di Poesia Città di Conza della Campania” (2016) e si è classificata al 3° Posto al “Concorso Nazionale di Poesia Città di Sant’Anastasia” (2014), “Il ramo più preciso del tempo”, (Oèdipus, 2018), opera finalista al Premio Versante Ripido edizione 2019 e Menzione d’onore al Premio Montano edizione 2019. È presente nella raccolta di Saggi Critici a cura di Raffaele Urraro, “Le forme della poesia” (La Vita Felice, 2015). Ha curato con Floriana Coppola l’Antologia Poetica “La poesia è una città” (Boopen Led). Suoi testi sono presenti in Antologie Poetiche tra cui “Alchimie e linguaggi di donne” (Boopen Led); “Alter ego. Poeti al Mann” (ArteM); “Percezione dell’invisibile” (L’Arca Felice); “Ifigenia siamo noi” (Scuderi). Per la Poesia inedita, le è stato assegnato il Premio Letterario “L’Iguana”(2014), il Premio Speciale al Concorso di Poesia “Città di Sant’Anastasia” (2013); il Premio letterario “Michele Sovente”(2015); finalista al “Premio Guida Editore” edizione 2019. Nel 2014 ha ideato e curato, a Napoli, la rassegna “Poesia sospesa al bar”.
Com’è nato il tuo primo impulso a scrivere? E in che forma, se ne avevi consapevolezza? Con un’idea precisa di stesura, un’intuizione? Versi, prosa, una loro commistione?
È nato grazie alla scuola, in seconda media; ero una ragazzina timidissima che amava soprattutto osservare, più che comunicare, per cui qualunque tema scritto mi venisse assegnato dall’insegnante di Lettere si tramutava in un’ottima occasione per esprimermi. Argomentavo in maniera molto personale qualunque tesi con uno sguardo che la docente definiva poetico. Non ero guidata da una chiara consapevolezza, come capita un po’ a tutti coloro che si avvicinano alla scrittura in età adolescenziale ma, seppur semplicemente, un abbozzo di progettualità accompagnava sempre ogni composizione. Allo stesso tempo mi piaceva scrivere poesiole, di getto; le scrivevo ovunque e le leggevo solo a pochi selezionati ascoltatori.
La piena consapevolezza, accompagnata da una vera e propria idea di stesura, è arrivata più tardi, in età adulta, dopo aver divorato libri su libri e maturato esperienze di vita fondanti.
C’è un libro e/o autore tra quelli che hai letto che hai custodito gelosamente, come qualcosa di personale e segreto, solo tuo, negli anni o in un determinato periodo della vita?
Sono tanti i libri che custodisco se non in segreto di sicuro gelosamente, siano essi di poesia o di narrativa, e sono quelli che mi hanno formata, spalancandomi mondi, reali o interiori, che nei miei anni di ragazza solo attraverso la lettura era possibile esplorare. Tra i tanti Autori, ho amato Moravia più di tutti per la straordinaria lucidità e l’approccio psicanalitico in anni in cui ciò rappresentava una novità assoluta, quindi ne conservo tutti i libri ormai ingialliti, poi Pasolini, Bukowski, che in maniera diversa sono stati illuminanti per più di una generazione, nonché dissacratori di un’epoca e di mentalità retrive.
Quale sguardo vive e anima, a tuo parere, il modo di sentire di un poeta?
Lo sguardo è sempre quello incantato di un bambino o, parimenti, dell’Uomo della Pietra che osserva le cose del mondo con occhi stupiti e attenti senza però pretendere d’assegnare loro né un senso logico né una chiave di lettura; uno sguardo, cioè, in grado di cogliere e accettare la molteplicità e l’imprevisto della vita, l’imperscrutabilità e l’impermanenza, opponendo l’arma della parola che indaga e che scava; lo sguardo di un Uomo impegnato nel “fare” in grado d’innalzare il suo sentire individuale a un sentire collettivo.
Offri un tuo verso che rappresenta stilisticamente ciò che maggiormente aneli a esprimere nella tua ricerca poetica.
Scelgo due versi di due differenti testi tratti dalla mia ultima raccolta Il ramo più preciso del tempo (Oedipus):
“La certezza del ritorno è uno spazio/”
minimo in valigia, […]
“Le cose primordiali stanno altissime sulle nuvole/
[…]”
Quale libro consiglieresti se volessi far conoscere la poesia ai più giovani, soprattutto quelli privi di formazione umanistica?
Senz’altro un testo quanto più vicino ai giovani per linguaggio e tematiche. Rivolgerei l’attenzione all’opera di Antonella Anedda, di Milo De Angelis o di Mariangela Gualtieri che, a mio avviso, nell’ampiezza di respiro di ognuno, nella bellezza della parola poetica, si legano meglio al proprio tempo; oppure i testi di Autori le cui narrazioni attingono a vissuti godendo di quel carattere d’universalità che cattura l’interesse anche di un lettore lontano da una formazione letteraria. Credo che quando la contemporaneità e il rigore si coniugano e convivono in un testo con lucidità e smarrimento, la Poesia sia in grado di raggiungere chiunque.
Come vivi la quotidianità e il rapporto scrittura/lettura, trovi un equilibrio o è sempre precario tale dialogo?
Il più delle volte è un dialogo precario e conflittuale perché ognuno dei due scalcia per guadagnare la priorità: la quotidianità oscilla sempre tra questi due momenti, per me fondamentali e vitali. Tuttavia, c’è un tempo in cui la scrittura mi assorbe in maniera quasi esclusiva, cioè quando sono impegnata nella stesura definitiva e nell’editing di un testo; a quel punto, il lavoro produttivo ha predominanza rispetto alla lettura che assume, pertanto, un ruolo secondario, seppur di poco e stabilmente presente.