Nel luglio e nel novembre 1882, la rivista “Paris-Moderne”, diretta da Léon Vanier, pubblicava alcune poesie di Paul Verlaine, tornato a Parigi dopo molte sventure e peregrinazioni. Una di questa è “Art poétique”, destinata a diventare celeberrima, forse la più famosa del suo autore, e senza dubbio quella che ha destato maggiori riflessioni e dibattiti da parte della critica letteraria. La composizione risale all’aprile 1874, quando Verlaine era detenuto nella prigione di Mons, in Belgio, dopo la revolverata inflitta al suo compagno d’avventura, Arthur Rimbaud. Questa poesia, ironica sin dal titolo, prende in giro qualsiasi dogma e tradizionalismo poetico, ponendosi paradossalmente come una Tavola della Legge, e lo fa sciorinando con impeccabile disinvoltura un catalogo di principi stilistici, mettendo la “musica sopra ogni cosa”. Attacca in modo sottile la retorica, la magniloquenza e la gravezza del romanticismo, così come la freddezza e la schematicità del parnassianesimo. Non Colore ma Sfumatura, non invocazione ma evocazione: il poeta si fa raffinato cantore della vita e di ogni sua intima tonalità, adoperando le più suadenti ed elusive corde del suo liuto. Sul primo numero di dicembre della “Nouvelle Rive Gauche”, un articolo firmato da Charles Morice, con lo pseudonimo di Karl Mohr, fa riferimento a questa poesia, spendendo parole niente affatto positive verso tale presunta nuova corrente poetica: «La dottrina del Sig. Verlaine si riassume in queste due parole: Musica e Sfumatura. […] Ecco poi i precetti secondari. […] La base del sistema è l’oscurità intenzionale: “begli occhi dietro dei veli”. Al Sig. Verlaine dispiace di essere intellegibile per la gente comune. Lui soltanto può comprendere ciò che ha voluto fare. Spero pertanto che egli non troverà dei discepoli, e che questa poesia non sarà quella dell’avvenire. Una sola cosa gli resta, forse suo malgrado: è l’armonia». Sul numero del 15 dicembre della stessa rivista, venne pubblicata una lettera di risposta a Morice, in cui Verlaine, dopo essersi complimentato con il suo censore, cortesemente ma non senza ironia, per «aver difeso così bene i veri diritti della poesia francese, limpidezza, buona rima e cura dell’Armonia», replica così alle critiche avanzategli, «mi onoro di essere stato il più umile di quei parnassiani tanto discussi oggigiorno per non aver mai rinnegato la necessità della Rima nel Verso francese, in cui essa supplisce nel modo migliore alla mancanza del Numero greco, latino, tedesco ed anche inglese», e dopo aver ribadito la sua idea sull’uso dell’eloquenza e dell’ironia in poesia, conclude in modo tanto perfetto, «riassumo così il dibattito: rime ineccepibili, francese corretto, e soprattutto dei buoni versi, non importa in quale salsa». Da questo scontro sarebbe nato un sincero rapporto di stima ed amicizia, che portò Verlaine a dedicare proprio a Morice la sua “Art poétique”, quando venne pubblicata in volume, nella raccolta “Jadis e naguère” (1884). Morice avrebbe ricambiato dedicando al poeta un saggio critico, “Paul Verlaine” (1888). La pubblicazione di questa poesia ed il dibattito che ne seguì, destarono l’interesse e l’ammirazione d’una nuova generazione di poeti, e segnarono l’inizio della fama per il grande poeta francese. Nel 1890, nel saggio “Critique des Poèmes saturniens”, Paul Verlaine scrisse: «Non prendete alla lettera il mio “Art poétique”, che dopotutto non è che una canzone. NON HO MAI FATTO TEORIA». Eppure con quella poesia egli avrebbe inconsapevolmente stilato le regole d’una nuova corrente poetica che, dopo essersi liberata dal fardello del Romanticismo, passando per Baudelaire e la scuola Parnassiana, diventava alfine ciò che sarebbe stato denominato Simbolismo.
Ecco alfine la mia traduzione della celebre poesia:
Arte poetica Della musica sopra ogni cosa, per questo preferisci il verso impari più vago e più solubile nell’aria, senza niente che vi pesi o si posi. Occorre poi non scegliere affatto le tue parole senza qualche svista: nulla è più caro della canzone grigia dove il Preciso si unisce all’Indeciso. Sono begli occhi dietro dei veli, è la grande luce tremula del meriggio, è, nel cielo intiepidito d’autunno, il celeste groviglio delle chiare stelle! Poiché è la Sfumatura che vogliamo, non il Colore, soltanto la Sfumatura! Oh, la sfumatura sola fidanza il sogno al sogno e il flauto al corno! Tieni lontano la Frecciata assassina, lo Spirito crudele e il Riso impuro, che fanno piangere gli occhi dell’Azzurro, e tutto quell’aglio di bassa cucina! Prendi l’eloquenza e torcile il collo! Farai bene, muovendoti ad agire, a rendere la Rima più assennata. Senza controllo, dove andrà a finire? Oh, chi dirà i torti della Rima? Quale bambino sordo o negro folle ha forgiato questo inutile gioiello che suona vuoto e falso sotto la lima? Della musica ancora e sempre! Il tuo verso sia la cosa volata via, che s’ode fuggire da un’anima andata verso altri cieli, ad altri amori. Il tuo verso sia la buona avventura sparsa al vento increspato del mattino che profuma di menta e di timo… E tutto il resto è letteratura. Art poétique De la musique avant toute chose, Et pour cela préfère l’Impair Plus vague et plus soluble dans l’air, Sans rien en lui qui pèse ou qui pose. Il faut aussi que tu n’ailles point Choisir tes mots sans quelque méprise: Rien de plus cher que la chanson grise Où l’Indécis au Précis se joint. C’est des beaux yeux derrière des voiles, C’est le grand jour tremblant de midi, C’est, par un ciel d’automne attiédi, Le bleu fouillis des claires étoiles! Car nous voulons la Nuance encor, Pas la Couleur, rien que la nuance! Oh ! la nuance seule fiance Le rêve au rêve et la flûte au cor! Fuis du plus loin la Pointe assassine, L’Esprit cruel et le Rire impur, Qui font pleurer les yeux de l’Azur, Et tout cet ail de basse cuisine! Prends l’éloquence et tords-lui son cou! Tu feras bien, en train d’énergie, De rendre un peu la Rime assagie. Si l’on n’y veille, elle ira jusqu’où? Ô qui dira les torts de la Rime? Quel enfant sourd ou quel nègre fou Nous a forgé ce bijou d’un sou Qui sonne creux et faux sous la lime? De la musique encore et toujours! Que ton vers soit la chose envolée Qu’on sent qui fuit d’une âme en allée Vers d’autres cieux à d’autres amours. Que ton vers soit la bonne aventure Éparse au vent crispé du matin Qui va fleurant la menthe et le thym… Et tout le reste est literature.
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